Passaggio al Bosco
L’anno del COVID ha dato a tutti noi tempo in abbondanza, perfino a coloro che sono potuti uscire tutti i giorni per andare a lavorare. Ritrovandosi con bar e ristoranti chiusi, palestre e discoteche off limits, impossibilitati perfino ad uscire di casa per una passeggiata senza una meta, perché allora non abbandonarsi all’amichevole compagnia di libri vecchi e nuovi, scoprendo scrittori e case editrici di cui prima non sapevamo nulla?
Così, almeno, è stato per me con “Passaggio al Bosco” [1], una delle tante piccole ma coraggiose case editrici che costituiscono la galassia della stampa alternativa italiana. Certo non di sinistra, è comunque differente dalla destra da barzelletta che i radical chic progressisti e mondialisti amano tanto mettere all’indice con derisione.
Come si leggerà nell’intervista che presento ai lettori, l’esperienza di “Passaggio al Bosco” rappresenta forse il rifiuto più razionale della modernità e dei suoi aspetti negativi così da sostituirli con una ricerca di sé che non sia semplicemente la propria affermazione attraverso il soddisfacimento di mere spinte consumistiche e mode del momento. A rispondere alle mie domande è stato Marco Scatarzi, fondatore della casa editrice.
1) Perché avete scelto di fondare una casa editrice, quando è noto che pochi italiani leggono e che le case editrici hanno una vita travagliata?
R) Perché sentivamo la necessità di fornire degli spunti e delle linee di vetta a quella galassia di uomini liberi e realtà organizzate che si riconosce nella nostra visione del mondo. Giunti al sessantacinquesimo titolo - ed essendo tra le prime quindici case editrici italiane più seguite sul web - possiamo dirci soddisfatti del lavoro svolto. Il calo dei lettori è un fatto che riguarda le case editrici commerciali, naturalmente rivolte al grande pubblico: noi partiamo da presupposti qualitativi e non quantitativi, sia nella scelta dei testi che nella potenziale cerchia dei destinatari. Quando lanciammo la nostra idea, naturalmente, tanti amici ci fecero notare il ventaglio di rischi cui saremmo andati incontro: li accettammo a testa bassa, facendocene carico. Oggi - a tre anni di distanza - abbiamo trasformato quei rischi in potenzialità e quelle incertezze in punti di forza: molti dei nostri libri hanno scalato le classifiche dell’editoria nazionale e stiamo sfornando un nuovo titolo a settimana, ampliando progressivamente il nostro bacino di utenza e contribuendo a diffondere una voce fuori dal coro nel dibattito culturale in atto.
2) “Passaggio al Bosco” è un nome curioso: perché lo avete scelto?
R) La suggestione jüngheriana, ovviamente, è stata fondamentale. “Passare al bosco” significa svincolarsi dai dogmi imposti, rigettare le regole e i metodi di una società meccanica e omologante, tornare all’essenzialità del giusto e del vero, ritemprare la mente e lo spirito, praticare la propria scissione dal mondo moderno e dal pensiero unico dominante. Tuttavia, il bosco non è un comodo rifugio: “passarci” non significa fuggire dalla realtà, ma riorganizzare le forze per poterla affrontare con maggior vigore, raffinando le linee di resistenza e trasferendo quello spirito nella metropoli. È un atto di milizia, nel solco di una guerriglia culturale che deve coinvolgere tutti gli uomini liberi.
3) Chi era Ernst Jünger e perché vi ispirate a lui?
R) Ernst Jünger fu un pensatore straordinario, capace di declinare in mille modi una visione del mondo organica e strutturata. Rientra nel pantheon dei grandi nomi, ma sarebbe riduttivo limitarsi alla sua pur fondamentale figura: sono tantissimi gli autori, i personaggi e i maestri che popolano il vasto universo dei nostri riferimenti. Di Jünger, in particolare, ci ha colpito la figura del Ribelle, che riteniamo attualissima e assolutamente calzante ai tempi che stiamo vivendo: l’Uomo integrale, capace di slanci verticali e gesti coraggiosi, che sceglie di sottrarsi alla volgarità del numero e alle leggi del profitto.
4) Nell'anno del COVID voi pubblicate libri sul coraggio, sulla tradizione, sull'essere comunità. Cosa pensate di ottenere?
R) Non lo facciamo per ottenere qualcosa in cambio: se così fosse, saremmo fuori da una logica militante. Ciò che si fa, a prescindere dalla sua inclinazione, deve essere fatto in ordine con una precisa visione del mondo, senza curarsi degli esiti e dei secondi fini. Certo, senza vendere i libri si rischia il fallimento, ma non deve essere quello l’orizzonte da contemplare: se il messaggio è sincero e la strada è sicura, i risultati arrivano in modo naturale, senza rincorrere nessun traguardo. Ciò che noi facciamo - allora - rientra nella dimensione della lotta ed è compiuto perché “non poteva essere altrimenti”. Pubblicare certi libri - in questo o in un altro momento storico - significa affermare l’esistenza di un altro modo di pensare, di agire e di vivere: essere i testimoni di un’identità profonda, che trova nei princìpi della Tradizione il proprio fondamento ed il proprio destino. Dinanzi alle contraddizioni e alle follie di questo tempo meschino, ribadire la verità è un atto rivoluzionario.
5) Quindi siete una casa editrice bianca, sovranista, patriarcale e all'insegna della mascolinità tossica.... (sorrido) Ma avrete anche dei difetti immagino....
R) Incarniamo - senza dubbio - tutti gli stereotipi che la dittatura del “politicamente corretto” affibbia ai dissidenti. Sono medaglie importanti, perché ribadiscono la nostra alterità rispetto al teatrino delle miserie umana che ci circonda...
6) Scherzi a parte, che difficoltà incontrate nel distribuire i libri del vostro catalogo? Che accuse vi vengono rivolte?
R) Le difficoltà ci sono, ma fanno parte del “pacchetto”. Qualche contenuto viene censurato dalle piattaforme online e qualche libro è stato boicottato ed escluso dagli scaffali di alcune grandi catene, ma era perfettamente prevedibile: se non lo avessimo messo in conto, saremmo degli ingenui. Quando ci si definisce “liberi e controcorrente”, si deve essere pronti a pagarne le conseguenze. Gli spazi d’azione non ci devono essere concessi: dobbiamo conquistarceli metro per metro. Infondo, è giusto così: si addice al nostro temperamento e alla nostra indole. Le accuse che ci vengono rivolte, in realtà, sono dei complimenti: l’aggettivo che spesso ci viene affibbiato - mutuato dalla sola Rivoluzione che la nostra Nazione abbia mai conosciuto - è per noi motivo di orgoglio.
7) Ho notato che avete pubblicato anche un libro sulla guerra in Donbass [2]. Come mai?
R) Perché si tratta di un conflitto quasi sconosciuto, che presenta molte delle linee di faglia che ritroviamo su scala globale. Con la collana “focolai”, del resto, andiamo a trattare tutti quei conflitti e tutti quei contesti che presentano questo genere di particolarità: lotte di liberazione, identità resistenti e guerre asimmetriche. Riteniamo essenziale fornire una chiave di lettura che ribadisca ciò che i grandi media omettono, fornendo un’informazione libera e non filtrata.
8) Come ultima domanda vi chiedo: perché i lettori dovrebbero comprare o continuare a comprare i vostri libri?
R) Perché l’editoria non conforme è chiamata a combattere una battaglia di Civiltà fondamentale: riaffermare la verità in un tempo dominato dalla menzogna. La grande disparità di mezzi che separa gli uomini liberi dai meccanismi livellanti del mondo globale, può essere colmata soltanto da una ferrea volontà: quella di non cedere mai, ribadendo la necessaria affermazione di un’alternativa al pensiero unico. Passaggio al Bosco, assieme ai tanti altri opliti della libertà, ha scelto di collocarsi nella prima linea di questa falange: prendere posto accanto a noi, allora, significa alzare il proprio scudo contro la marea informe che ci minaccia.
[1] “Move to the wood” or “Waldgänger” https://www.passaggioalbosco.it/ ;
https://www.facebook.com/passaggioalboscoedizioni
[2] Italian only: https://www.passaggioalbosco.it/prodotto/donbass/