Regno Unito: la Banca d'Inghilterra alza le stime sull'inflazione e prevede una crescita migliore rispetto alle attese
Secondo le ultime previsioni della Banca d'Inghilterra, rese note ieri e in evidenza sul "Financial Times", l'inflazione del Regno Unito supererà l'obiettivo programmato del due per cento nella prossima primavera, salirà al 2,8 nel 2018, rimarrà intorno al 2,5 nel 2019 e tornerà al due per cento solo nel 2020.
Il comitato di politica monetaria ha lasciato aperte le possibilità di intervento sui tassi di interesse, spiegando che ci sono dei limiti di tollerabilità per un'inflazione superiore all'obiettivo.
La banca centrale ha ammesso che l'economia si è dimostrata più solida del previsto dopo il referendum di giugno sull'appartenenza all'Unione Europea, ma ha invitato alla cautela, a causa dell'ulteriore svalutazione della sterlina, del sei per cento dopo le stime di agosto, e dell'orientamento per la cosiddetta Brexit "dura".
Le stime di crescita per l'anno prossimo sono state corrette al rialzo, dallo 0,8 all'1,4 per cento, ma le prospettive a più lungo termine, il 2019, sono rimaste invariate.
La spiegazione fornita dal governatore, Mark Carney, secondo un editoriale non firmato, attribuibile alla direzione, si può riassumere così: i consumatori non sembrano troppo turbati dalle incertezze aperte dal voto per la Brexit, mentre le imprese sono più preoccupate, e ciò incide sulle loro decisioni di investimento; il giudizio dei mercati finanziari è più severo, col conseguente calo della sterlina e le conseguenti implicazioni sull'inflazione. Ciò ha portato a rivedere alcune previsioni: nel breve termine si prevede una crescita superiore a quanto previsto prima, ma nel medio, quando i consumatori inizieranno a sentire l'impatto dell'inflazione sui redditi, un rallentamento più netto.
Per il quotidiano della City le previsioni sono state accompagnate da due importanti decisioni di politica monetaria: la prima è quella di non segnalare un taglio dei tassi di interesse; la seconda è di consentire un periodo di inflazione al consumo leggermente superiore alle aspettative in cambio di un aumento più modesto della disoccupazione.