Brexit riapre la questione irlandese
Secondo Jim Gallagher, docente del Nuffield College, Università di Oxford, nessuna capitale europea è preoccupata della Brexit più di Dublino. Lo ha spiegato in un articolo pubblicato sul "Financial Times".
Il Regno Unito è ancora uno dei principali partner commerciali per l'Irlanda e gli effetti della svalutazione della sterlina cominciano già a sentirsi. La realtà della Brexit sarà molto più dura perché la maggior parte degli scambi irlandesi avviene attraverso la Gran Bretagna.
Sono soprattutto le preoccupazioni politiche, però, a dominare il dibattito, in particolare il timore di una destabilizzazione del processo di pace nell'Irlanda del Nord. La richiesta dello Sinn Fein di un referendum per riunire l'isola non ha avuto seguito,ma anche i nazionalisti moderati sono scossi.
La comune appartenenza all'Ue ha tenuto la questione del confine fuori dalla politica e i fondi comunitari hanno giovato sia all'Irlanda che all'Irlanda del Nord; ora l'una e gli altri sono minacciati.
La Gran Bretagna e l'Irlanda condividono una "common travel area", per agevolare gli spostamenti. Controlli completi alla frontiera sono quasi impraticabili e di certo politicamente inaccettabili oggi. Sia Londra che Dublino si sono impegnate a mantenere la zona di libero passaggio, ma che cosa succederebbe se il Regno Unito lasciasse anche il mercato unico? Si ipotizza un sistema di controllo sull'immigrazione, il cosiddetto "point control of migration", basato su verifiche dello status dei lavoratori comunitari affidato ai datori di lavoro. Il piano ha molti aspetti negativi, oltre agli oneri amministrativi: accrescerebbe gli ingressi irregolari e l'evasione fiscale; paradossalmente, inoltre, aprirebbe la strada ad accordi separati per le diverse parti del Regno Unito.