Riconsiderare la Geoeconomia come elemento constitutivo della Geopolitica. Un' Analisi

16.11.2022

Abstract: Il paper vuole offrire uno sguardo critico e allo stesso tempo propositivo sulla geoeconomia, considerandola non semplicemente come sottodisciplina della geopolitica bensì quale parte costitutiva, e dunque irrinunciabile, di essa. In tal senso, si auspica che la geoeconomia venga tenuta sempre più presente nel computo della geopolitica e nell’approccio interdisciplinare fra le scienze che vi interagiscono, permettendo così di non risultare fallace nell’analisi dei processi economici.

Keywords: Geopolitica, Geoeconomia, Politica, Lavoro, Commercio, Finanza, Moneta, Società

Inquadrare la Geoeconomia nel proprio ambito

Nel contesto scientifico così come nel mondo dell’informazione massificata, molto si sente parlare della geopolitica, disciplina nell’ambito delle scienze politiche e delle relazioni internazionali che studia che si compone e studia una pluralità di temi, come Carlo Terracciano l’ebbe a definire:

Quella branca della Geografia Antropica che analizza il rapporto tra l’Uomo e la terra, tra la Civiltà e la Natura, tra la Storia e la Geografia, tra i popoli ed il loro Lebensraum (Leben=Vita; Raum= Spazio; Lage= Posizione), cioè lo spazio vitale necessario alla Comunità statuale, organicamente intesa, per vivere, crescere, svilupparsi, espandersi e prosperare: creando benessere, Civiltà e Valori per i suoi appartenenti, conviventi su uno stesso suolo e solidali in una unitaria comunità di destino. O, per dirla con i termini più tecnici del Luraghi: “La Geopolitica è la dottrina che studia i fenomeni politici nella loro distribuzione spaziale e nelle loro cause e rapporti ambientali, considerati anche nel loro sviluppo”. E ancora: “La Geopolitica è sintesi: un’ampia visione nel tempo e nello spazio dei fenomeni generali che collegano la percezione dei fattori geografici con gli stati”, ed i popoli.[1]

Meno diffusamente ma non con minore importanza si sente parlare, invece, di Geoeconomia, la quale è una sottodisciplina[2] della Geopolitica che si caratterizza per lo studio delle dottrine e azioni geopolitiche dal punto di vista economico, fra processi, relazioni e status finanziario degli attori interagenti.

Per definire meglio l’inquadramento che spetta alla Geoeconomia, occorre osservare in primo luogo lo sviluppo di essa nel filone della scienza politica. La Geopolitica classica (XIX secolo-inizio XX secolo) percepiva il mondo come suddiviso esclusivamente in base ai confini statali, con quell’ampio spettro di categorie urbanistiche che si erano cristallizzate nell’immaginario collettivo (città, metropoli, colonie, Stati, Nazioni, ecc…), mentre la Geopolitica novecentesca cambia l’approccio e comincia a riconoscere la presenza di zone e flussi di influenza, dinamici e tendenzialmente variabili nella loro collocazione geografica (capitali, merci, lavoro, migrazioni, turismo, Heartland, Rimland, ecc…).

Mentre, dunque, la “vecchia” Geopolitica indagava solo sulla determinazione delle politiche in base alla posizione geografia politica degli Stati, la “nuova” cominciò a studiare anche l’impatto della storia dello sviluppo economico, delle identità etniche, confessionali e nazionali, i conflitti socio-politici e le trasformazioni finanziarie e monetarie, e molto altro ancora. Anche i domini considerati sono stati cambiati, aggiungendo a geosfera, idrosfera e atmosfera anche spaziosfera e infosfera (o cybersfera). In tempi più recenti abbiamo assistito anche alla formazione di sotto-sfere come quella economica (industriale e commerciale), finanziaria (monetaria), culturale (arte, teatro, cinema, moda, musica). Ancora, vengono tenute in considerazione sempre maggiore le relazioni internazionali fra i soggetti, come le alleanze, gli accordi, le strategie condivise su tutti i piani di interesse sopra elencati.

È dunque chiaro che, al giorno d’oggi, per variare lo status geopolitico di un Paese, la sua influenza, la sua leadership e il suo dominio, si debba cambiare la struttura delle sfere e del mondo complesso di cui è caratterizzato.

Cercando di collocare la Geoeconomia in questo esteso agone, possiamo provare a fare un distinguo in macroaree della Geopolitica:

– la Geo-storia (o Geo-crono-politica), che studia le costituzioni politiche, le dottrine e le azioni degli Stati all’interno della Storia e nel loro interagire;

– la Geo-economia, che affronta le dottrine e le azioni geopolitiche dalla prospettiva economica;

– la Geo-etnopolitica, che si occupa delle interazioni di diverse etnie, il loro posizionamento sulla superficie terrestre e i flussi migratori;

– la Geo-confessionologia, che divide il mondo in regioni dominate da specifiche dottrine religiose e ne studia le interazioni fra gli Stati;

– la Geo-conflittologia, volta alla componente conflittuale della politica, dividendo il mondo in zona di conflitto e studiandone le possibilità;

– la Geo-futurologia, basata sulla previsione di vari scenari e situazioni e su ipotesi teoricamente fondate della ristrutturazione del mondo.

Se la distinzione può apparire in parte forata, vista la normale mescolanza dei campi di sapere descritti, è però vero che gli studiosi di Geopolitica stanno tendendo sempre più alla specializzazione nei vari settori, disegnandone i confini sempre più marcatamente, destino questo tipico di ogni scienza durante il proprio sviluppo.

Non è più possibile ignorare a specificità di un ambito disciplinare senza rischiare di cadere in una grave mancanza scientifica e ancor prima epistemologica, gnoseologica ed ermeneutica: la Geoeconomia deve essere riconosciuta in quanto tale e venire interpellata a pieno titolo all’interno della Geopolitica.

Studiando i mercati, la suddivisione in sfere d’influenza, lo scontro degli interessi economici, le dipendenze-indipendenze degli status, lo spazio economico transfrontaliero, le monete e i sistemi finanziari, la Geoeconomia agisce come strumento organizzativo per la creazione di una strategia geoeconomica di uno Stato, che determina la sua posizione all’interno dello spazio geoeconomico globale.

La statica della Geoeconomia dovrebbe includere:

– La divisione industriale ed economica del mondo tra le potenze più potenti;

– La suddivisione finanziaria ed economica del mondo in zone di predominio

l’influenza del dollaro, dell’euro, del rublo, della zona emergente dello yuan, delle zone di valute nazionali e il mondo delle criptovalute;

– La divisione del mondo tra paesi produttori di materie prime e paesi consumatori di materie prime;

– La divisione energetica del mondo tra Paesi fornitori e consumatori di energia;

– La divisione del mondo tra paesi produttori e consumatori di armamenti e attrezzature militari;

– La suddivisione del mondo tra paesi produttori di prodotti agricoli; la suddivisione del mondo tra paesi produttori di energia e paesi consumatori di energia.

– La divisione del mondo tra Paesi produttori e Paesi consumatori;

– divisione del mondo tra i Paesi con clima favorevole e infrastrutture turistiche sviluppate ricevono prevalentemente i turisti, e i Paesi che dirigono prevalentemente i flussi turistici.

Le dinamiche della geoeconomia comprendono tutti i processi economici globali che introducono cambiamenti nella struttura geoeconomica del mondo, tra cui:

– flussi di merci;

– flussi di lavoro;

– flussi finanziari;

– flussi turistici;

– flussi di atleti e dei loro fan, ecc.

Appare evidente che ci troviamo di fronte ad una disciplina ancora non del tutto indipendente – ammesso che possano esistere discipline isolate dalle altre -, che è anzi un’attività che si svolge in un contesto di ricerca.

La geoeconomia occupa un posto di rilievo tra le altre discipline accademiche moderne, tra cui economia, scienze politiche, geografia e storia.

In primo luogo, dal punto di vista della scienza economica, la geoeconomia è considerata una parte dell’economia, un metodo di studio dei processi economici; allo stesso tempo nell’ambito della scienza economica non c’è unanimità, manca un consenso sulla collocazione della geoeconomia.

In secondo luogo, la geoeconomia può essere considerata una parte della scienza geografica, cioè come sottodisciplina geografica, che ha per oggetto studio della formazione di geosistemi economici transnazionali, fattori spaziali (geografici) di importanza internazionale.

In terzo luogo, può essere affrontata attraverso l’economia politica, studiando i modelli politico-economici di sviluppo globali e regionali, le interrelazioni tra Stati e le unioni economiche tra Paesi, la struttura politico-economica del mondo.

In quarta parte, la Geoeconomia è un’associazione, una certa sintesi di approcci e strategie geografiche, economiche e politiche. I processi politici ed economici non si esauriscono in un solo geospazio e non sono anche fusi nel tempo. Questo dà ai geografi moderni e agli economisti di applicare un approccio sul campo alla loro ricerca, costruendo sfere di influenza geoeconomiche che non sempre coincidono con i confini di una nazione, rafforzandoli o indebolendoli.[3]

La sua interfaccia fra la economia, la geografia e la scienza politica ne fanno un nodo cruciale nell’approccio alla complessità del mondo contemporaneo.

Genesi e breve storia della geoeconomia

La fissazione dell’economia con la politica, la storia, la geografia e la cultura nazionale si ritrova in molti studiosi del XIX e XX secolo. Approcci di questo tipo sono appartenuti a Fernand Braudel, Immanuel Wallerstein, Fritz Roerig e Friedrich List. La nozione stessa di geoeconomia è stata introdotta dallo storico francese Fernand Braudel[4]. In qualità di ricercatore di civiltà ed esperto di storia dell’economia, Braudel studiò le lunghe durate temporali, facendo ampio uso di statistiche economiche e geografia retrospettiva, così da creare un ampio panorama storico di “storia senza avvenimenti”, in cui gli eventi sono registrati non come fenomeni locali della politica, ma “anomalie” scoperte dallo storico nel corso naturale della vita storica della società. In tal modo, egli creò un modello di ricerca originale prendendo in considerazione le “strutture della vita quotidiana” che non cambiano nel tempo e che sono condizioni materiali di esistenza dello Stato in un determinato ambiente geografico e sociale. Questo approccio fa di Braudel un geopolitico e un geoeconomista a tutti gli effetti.

Anche gli autori russi hanno utilizzato termini e argomenti geoeconomici. All’inizio del ventesimo secolo, diversi aspetti della vita globale I concetti economici e geopolitici

sono stati sviluppati nell’economia politica marxista, nella Teoria dei cicli maggiori di N.D. Kondrat’ev[5] e nella concezione tettologica della società di A.A. Bogdanov[6], le teorie degli eurasiatisti. Le idee principali della geoeconomia russa sono emerse nel primo terzo del XX secolo, periodo nel quale sono state introdotte nozioni di dinamiche economiche e geopolitiche come i sistemi di dominio del capitale finanziario internazionale, i grandi cicli di congiuntura, lo sviluppo regionale eurasiatico, ecc.

La geoeconomia come concetto unificante per la geopolitica e l’economia ha iniziato a essere utilizzata attivamente in tempi relativamente recenti. Il fondatore della fase moderna della geoeconomia negli Stati Uniti è considerato Edward Luttwak, storico e geopolitico americano specializzato in colpi di Stato e conflitti militari. Luttwak oppone la Geopolitica alla Geoeconomia come politica basata sulla competizione economica; a suo avviso, il comportamento delle principali potenze oggi è portato avanti come incarnazione della logica del conflitto in grammatica del commercio. La geoeconomia richiede allora lo sviluppo di tecniche di difesa e di offesa economica, poiché la minaccia geopolitica di uno Stato è una minaccia economica.

In Europa, negli anni ’80, il politico ed economista francese Jacques Attali, rappresentante dell’approccio neo-mondialista, era un sostenitore del concetto di geoeconomia. Attali ha sostenuto con forza che il dualismo geopolitico è stato abolito e l’ascesa di un unico mondo strutturato sui principi della “geoeconomia” era ormai prossima.

Le principali zone economiche del mondo sono lo spazio americano, lo spazio europeo e lo spazio della regione del pacifico. Tra questi tre spazi mondialisti, secondo Attali[7], non ci sarebbero particolari distinzioni o contraddizioni, perché sia il tipo economico che quello ideologico saranno in tutti i casi rigorosamente identici. L’unica differenza sarebbe la posizione puramente geografica dei centri più sviluppati, che si concentrerebbero strutturando intorno a sé le regioni meno sviluppate situate in prossimità spaziale. Tale ristrutturazione concentrica sarà possibile solo alla “fine della storia” o, in altri termini, all’abolizione delle realtà tradizionali dettate dalla geopolitica. Il mix di logica geoeconomica e neo-mondialismo, ovvero assenza di polo opposto all’atlantismo, è diventato possibile dopo il crollo di URSS. Il neo-mondialismo non è una continuazione diretta del mondialismo storico, che originariamente presupponeva la presenza nel finale modello di elementi socialisti. Si tratta di una versione intermedia tra il mondialismo propriamente detto e l’atlantismo.  L’intensificarsi, alla fine del XX secolo, dell’analisi delle dinamiche economiche a onda lunga e il richiamo di un numero crescente di ricercatori all’approccio del sistema-mondo hanno portato all’emergere di un nuovo paradigma di civilizzazione in cui l’attenzione si concentra sui cicli lunghi di egemonia globale.

La necessaria (ri)considerazione della Geoeconomia

L’essenza del più recente vettore di sviluppo mondiale è l’ingresso del mondo nell’era del cambiamento della visione geopolitica in quella geoeconomica. Il multipolarismo è ormai una realtà di fatto sempre più palese ed è inevitabile considerarlo anche sotto il profilo economico e finanziario, che anzi ne costituisce una parte importantissima ed immancabile, in quanto i processi che stanno portando ad una Geopolitica multipolare fattuale sono in larga parte di natura economica. Un nuovo settore di accordi su di interesse comune si è aperto. L’approccio geoeconomico – la sua geogenesi – ha ricevuto una profonda base teorica e metodologica. Un nuovo quadro di comprensione del mondo si è formato sulla base di nozioni, categorie e significati più recenti.

Tra questi ci sono attributi geoeconomici come lo spazio geoeconomico, i confini economici pulsanti, la geo-finanza, l’evoluzione delle forme merceologiche e dei soggetti della comunicazione economica mondiale, il “mercato dell’ambiente” col suo effetto strategico, i nuclei di riproduzione internazionalizzati (cicli), i “sistemi-paese” ribaltati “verso l’esterno” e “verso l’interno”, il conteggio del reddito mondiale, l’atlante geoeconomico del mondo, un rinnovato interesse per la geologia, multiformi interpretazioni volumetriche di situazioni geoeconomiche, alta tecnologia, guerre geoeconomiche, contro-attribuzioni geoeconomiche, i primi accenni di diritto geoeconomico, la trans-nazionalizzazione etno-economica, senza dimenticare il cyberspazio con la digitalizzazione di monete e commerci.

È di grande rilievo l’impatto della strategia geoeconomica delle entità sovranazionali ad alto potere finanziario che interagiscono con gli Stati e le macro-strutture, come il World Economi Forum, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il Forum Economico Eurasiatico, i BRICS, ma anche i Big Pharma e i Big Data, in particolare i FANG, le cui attività, strategie, documenti e decisioni sono fondamentali sia per comprendere la natura multivariata dello sviluppo mondiale, sia per analizzare la centralità effettiva della Geoeconomia in un contesto comunicativo in cui viene debolmente manifestata.

Un esempio concreto è il livello di sviluppo economico e sociale è offerto dalle Nazioni Unite in base ai seguenti criteri:

-livello di sviluppo economico (PIL/RNL pro-capite, struttura industriale delle economie nazionali, produzione dei principali prodotti pro capite, indicatori di qualità della vita, indicatori di efficienza economica);

-tipo di crescita economica (estensiva, intensiva, ad alta intensità di conoscenza);

-livello e natura delle relazioni economiche esterne (determinate dal grado di apertura dell’economia al mondo, dalla sofisticazione dei mercati interni, ecc.);

-potenziale economico del Paese.

Sulla base di questi criteri, l’ONU identifica i gruppi di Stati: Paesi sviluppati, Paesi in via di sviluppo, Paesi con economie in transizione, che costituiscono mondi diversi sulla mappa geoeconomica del mondo. Questi indicatori, inoltre, determinano lo status geopolitico e geoeconomico di ogni Stato e il quadro geoeconomico del mondo nel suo complesso, costituito dagli status geoeconomici degli Stati.

Ne consegue con chiarezza che la formazione di strategie geoeconomiche globali e nazionali è diventata un compito importante della Geoeconomia applicata. La creazione di una strategia di sviluppo globale è un compito complesso e articolato, che viene intrapreso da molti enti e approvato, di norma, dai partecipanti, avvalendosi spesso di strutture esterne fiduciarie o di consulenza, come nel caso delle grandi holding bancarie che vengono interpellate per la redazione delle leggi finanziarie degli Stati o per la gestione del credito delle banche centrali.

In un certo senso, tuttavia, questo modo di operare assegna alla Geoeconomia un posto piuttosto modesto dopo la giustizia sociale, ovvero il superamento dei divari economici e delle disuguaglianze nelle condizioni di vita dei cittadini, dei popoli del Nord e del Sud del mondo così come dell’Occidente e dell’Oriente, i problemi legati all’ecosistema e l’avvento delle nuove parodie digitali. Anche qui è inevitabile sottolineare come una strategia globale non corrisponda ad una strategia valida “per tutti”, ricordando come le simmetrie in un assetto geopolitico multipolare tipicizzino le strategie geoeconomiche, e viceversa.

La strategia globale mira a raggiungere lo sviluppo sostenibile e l’equiparazione dei Paesi (in termini di standard di vita, criteri sociali e opportunità di sviluppo). La strategia geoeconomica di uno Stato consiste nell’aumentare la propria competitività nella lotta per i mercati mondiali, nell’accrescere la propria influenza sui processi geoeconomici globali e la propria sostenibilità geoeconomica. Da questo vediamo come vi sia una dualità di livello operativi, uno interno ed uno esterno, come criterio guida nella formulazione strategica geoeconomica, ed è forse questo uno dei punti più importanti su cui si gioca la rivalutazione della Geoeconomia come scienza a tutto diritto sulla bilancia della Geopolitica davanti alle altre scienze sociali e politiche: uno Stato o, per esteso, una macro-area di influenza e relazioni, non può non tenere conto del successo interno, in termini anche di esistenza e continuità, quale punto di partenza per le strategie inter-nazionali ed inter-area. È, ipso facto, il fallimento pragmatico e ancor prima concettuale dell’unificazione sotto una governance unica. Questo “successo” del multipolarismo, che ha sconfitto l’unipolarismo e aperto nuove cartografie politiche, economiche ed esistenziali, è promotore di un multi-geoeconomicismo, nel quale le sfere di influenza afferiscono ai poli geopolitici di identità e potere.[8]

Una critica di carattere concettuale che è, a mio giudizio, lecito muovere nei confronti della Geoeconomia, sempre nell’ottica di un’attenta rivalutazione, è l’esigenza che questa disciplina ha di una maggiore concettualizzazione. Mancano infatti teorie ben definite e metanalisi settoriali, il che significa che il più delle volte la Geoeconomia fa riferimento a dottrine e teorie economiche e geopolitiche, senza però svilupparne di proprie, secondo quel carattere multidisciplinare che le compete. Il rischio è di restare una branca con uno sviluppo per inerzia, senza liberare il proprio potenziale e senza riuscire a spiegare adeguatamente la complessità globale che stiamo vivendo.

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Orcid Code: 0000-0002-1640-3600

[1] Cfr. C. Terracciano, Geopolitica, AGA Editrice, Milano 2020, cap. I.

[2] Senza nulla voler togliere alla dignità di una disciplina, il termine “sottodisciplina” viene qui utilizzato per indicare la derivazione, non per farne una gerarchia di importanza.

[3] In alcuni casi il termine “Geoeconomia” è sostituito da altri simili. G. D. Glovely propone “economia geopolitica”, E. G. Kochetov la associa alla “globalistica”.

[4] Cfr. F. Braudel, La dinamica del Capitalismo, Il Mulino, Bologna 1977.

[5] Si veda per approfondire l’interessantissimo argomento N. K. Kondrat’ev, I cicli economici maggiori, a cura di G. Gattei, Cappelli, Bologna 1981.

[6] Per approfondire: G, Rispoli, Dall’empiriomonismo alla tectologia. Organizzazione, complessità e approccio sistemico nel pensiero di Aleksandr Bogdanov, Aracne, Roma 2012.

[7] J. Attali, Breve storia del futuro, a cura di E. Secchi, Fazi, Roma 2016.

[8] Cfr. L. Savin, Ordo Pluriversalis. La fine della Pax Americana e la nascita del mondo multipolare, prefazione e curatela di M. Ghisetti, Anteo Edizioni, Avellino 2022.

Fonte