La Noomachia e la ricerca del Logos brasiliano
Cos’è la noomachia?
Innanzitutto vorrei dire che è molto difficile delineare un tema così vasto e complesso in così poco tempo. Per questo le mie prime parole dovrebbero essere in tono di allerta e di invito affinché, una volta sollevate le dovute riflessioni sull’argomento presentato, tutti si sentano mossi verso una migliore e maggiore comprensione delle concezioni di Dugin sulla noomachia e sulla sua importanza per il mondo multipolare. Gran parte di questo contenuto si trova in tutti gli scritti del Prof. Dugin, ampiamente diffusi e dibattuti da Nova Resistência, così come nella traduzione delle lezioni introduttive sul tema della Noomachia, presenti nella raccolta del blog Legio Victrix.
Per quanto riguarda la domanda di cui sopra, la risposta ad essa è complessa, ma cercheremo di fare alcuni passi iniziali. Il nostro problema è fondamentalmente chi siamo, e la nostra lotta è fondamentalmente una lotta di idee, una lotta mentale. Il XX secolo è stato segnato da questa lotta, ma questa lotta si è svolta in un campo profondamente diseguale, in cui l’essenza di ciò che siamo è stata data, seppur quasi impercettibilmente, da una sola parte. Questo rende chiaro che le domande ideologiche che non sono coerenti con la nostra essenza non ci bastano. Un’integrazione culturale, politica ed economica all’interno di un polo di civiltà può essere, come vediamo nel caso dell’UE, un’integrazione a favore dell’imperialismo. Un nazionalismo, come recentemente difeso dal profeta liberale della fine della storia, Francis Fukuyama, può essere una manifestazione di questo stesso liberalismo. Non ci basta essere un polo nazionalista iberoamericano, se non capiamo come esser-lo. La resistenza deve quindi essere essenziale. La noomachia è la rivelazione di questa battaglia, la sua manifestazione nel mondo culturale, cultura qui intesa come prospettiva, cosmovisione, cioè visione esistenziale del mondo.
Noomachia, come opera, è un’impresa colossale, le cui 24 pubblicazioni originali coprono un arco temporale di 6 anni, dal 2014 al 2020, ma la cui origine risale sicuramente all’intero processo di formazione intellettuale di Aleksandr Dugin. In parole povere, la noomachia inizia con la ricerca di qualcosa fino ad allora non così chiaro, la resistenza a un principio esistenziale dominante che schiavizza tutti i popoli: il liberalismo, in tutte le sue dimensioni, come cosmovisione, come logocentrismo, cioè un Logos che organizza mentalmente il mondo ed è l’unico mondo possibile. Riflettiamoci.
Nel contesto di un mondo unipolare che soggioga tutti, era necessario compiere un nuovo sforzo filosofico nella ricerca di un’alternativa. Sicuramente. Ma il dominio liberale, ammette Dugin, non è semplicemente un’imposizione politica ed economica, ma profondamente filosofica. L’argomento è che il mondo diventa liberale perché il germe, il virus liberale, è inserito nelle viscere del pensiero in tutti i popoli, nessuno escluso, e questi giungono ad esistere come zombi di questo mondo. Occorre dunque tornare a ciò che ci rende umani, i principi che formano la nostra visione del mondo, e indagare se sia possibile, finalmente, a quel limite essenziale e fondamentale, pensare il mondo in modo radicalmente diverso, non nel senso di opinioni formate sulla stessa struttura, ma se sia possibile strutturare il mondo stesso in modo totalmente opposto al liberalismo, se è possibile sfuggire alle grinfie liberali o se siamo condannati all’inevitabile assimilazione, se la nostra resistenza è reale o se è un prodotto del liberalismo stesso.
È in questo sforzo che la noomachia emergerà poi come una realtà, con la quale Dugin si confronta ed espone. Inizia, quindi, con una noologia.
Noologia, la decostruzione della mente
La noologia è la disciplina che studia o indaga l’intelletto umano, il “nous”, un grado profondo della coscienza umana, l’intelletto che forma la nostra relazione esistenziale. È la qualità che effettivamente ci rende umani. È, quindi, un’indagine su noi stessi e sulle nostre possibilità. La ricerca della molteplicità della mente è alla base della multipolarità perché presuppone fondamentalmente che nel mondo non ci sia un solo modo generale di operare dell’intelletto umano.
ciò che ci rende umani non è la molteplicità degli intelletti, essendo l’intelletto una cosa generale, ma la molteplicità come caratteristica fondamentale delle manifestazioni del nous. Il nous è il nostro risveglio nel mondo, è la coscienza di esistere. Il Logos, la parola, il verbo, il discorso, come vedremo, sono le possibili “forme” di questo intelletto che si manifesta, la struttura stessa della visione umana operante su spazi e tempi determinati.
La ricerca noologica si svolge a diversi livelli o discipline attraverso le quali si rivelano i procedimenti della mente umana e dove i logoi possono apparire, come in uno specchio.
Mitologia, religione, filosofia, cultura, scienza, pratica quotidiana, economia, lingua, arte, ecc.
I tre logoi, la rivelazione della mente
L’idea di Logos è alquanto polisemica e necessita di essere chiarita. Dugin opera a partire dalla filosofia nietzschiana, che identifica l’esistenza dei logoi apollinei e dionisiaci come queste strutture profonde che danno forma a una visione e a un rapporto con il mondo, la cui dialettica è alla base della tragedia umana. Questa chiave sarà poi utilizzata per la formazione di molti studi sociologici e antropologici che dividono le diverse manifestazioni culturali tra, principalmente, apollineo e dionisiaco, per chi fosse interessato, vale la pena leggere la stessa concettualizzazione nietzscheana, o, ad esempio, le idee sviluppate più tardi da Ruth Benedict.
L’uso del concetto di logoi e divinità greche non è un concetto assoluto, tanto meno una devozione specifica, ma una categoria analitica, un meccanismo di studio e comprensione di strutture basate su un modello già noto e ampliato. Inoltre, l’uso di queste divinità greche è opportuno perché il mito greco, a noi così noto, ha in sé elementi ben chiari di questa guerra tra diverse prospettive dell’esistenza che guidano la vita umana, e anche perché mito e filosofia sono due distinte strutture attraverso le quali opera il nous, l’intelletto, punto fondamentale della noologia. Infine, se l’Occidente è riconosciuto come una struttura logocentrica, incentrata su questa categoria, è quindi estremamente opportuno contrattaccare decostruendo la stessa filosofia che si combatterà, nelle sue contraddizioni primordiali.
Tuttavia, la svolta noologica di Aleksandr Dugin corrisponde a una scoperta successiva nel processo di decostruzione del Logos occidentale e nel tentativo di leggere il mondo attraverso una lente dionisiaca. Cercando di indagare la filosofia, la cultura, la metafisica, la scienza, insomma le varie dimensioni del pensiero umano, Dugin si rende conto che nonostante la molteplicità di prospettive sul mondo, i due logoi fin qui scrutati non sono in grado di spiegare tutti questi fenomeni, mentre Dugin percepisce come tutti loro siano composti da alcuni schemi fondamentali che rientrano in tre grandi modelli preconsci o immaginari (ispirati ai tre regimi immaginari durandiani), i tre logoi.
I tre logoi appaiono allora come 3 paradigmi fondamentali che strutturano la visione del mondo degli esseri umani secondo le loro caratteristiche, le loro strutture metafisiche. Per cercare di renderlo più chiaro, possiamo dire che tra la nostra coscienza, il nostro intelletto che opera direttamente e il mondo, ci sono queste strutture preconsce che aiutano a modellare questa relazione spirito-anima-mondo. Essi “plasmano” il mondo percepito, attraverso lo spazio e il tempo, dentro di noi, a modo loro.
- Il Logos di Apollo è il Logos solare, diurno, è un dominio a struttura verticale, focalizzato sulle immagini aeree, la linea retta, la spada, la luce, il cielo, il trascendente e il maschile. In filosofia lo identifichiamo con la filosofia platonica, sempre rivolta verso l’alto, al mondo delle idee, al piano trascendente.
- Il Logos di Dioniso è notturno, ma con un carattere drammatico, come in Nietzsche. È il Logos della mobilità e dell’equilibrio, della filosofia dialettica aristotelica, tra freddo e caldo, alto e basso, tra superficiale e profondo. È ciò che si vede della luce, nell’oscurità, e l’ombra percepita nella luce. Il Tao cinese è un esempio di prospettiva dionisiaca.
- Il Logos di Cibele è un Logos mistico notturno, legato al femminile, è la filosofia materialista di Democrito, il mondo del ventre terreno, la terra che tutto genera e tutto uccide. Non c’è trascendenza, perché questa è insita nel mondo stesso, la vita e la morte corrispondono a un ciclo chiuso in sé, è lo spazio chiuso, l’inseparabile, la spirale.
Quindi, ogni Logos compone una serie di elementi “animici” che strutturano il nostro modo di vedere ed esistere nel mondo in modi completamente diversi, inconciliabili.
La Sinfonia Noomatica
La Noomachia è la comprensione fondamentale che questi tre logoi sono in conflitto, in particolare Apollo e Cibele. La noologia è lo studio che ci mostra l’esistenza di questo conflitto, mentre vivere la noomachia è riconoscersi esistenzialmente all’interno di questa guerra noologica, a un polo specifico, comprendendo che l’unico percorso esistenziale possibile è la giusta approssimazione della propria posizione di noomachia, così come non è meramente strumentale, soddisfa ogni possibilità esistenziale.
Il principio fondamentale della Noomachia è il seguente: tre Logoi sono in un conflitto irrisolvibile. Si combattono per la forma del Nous che deve dominare la cultura. La lotta dei tre Logoi è la chiave per comprendere la struttura interna della cultura, della civiltà e dell’identità della società. E ci dà la spiegazione delle relazioni interetniche e interculturali. La Noomachia spiega tutto ciò che è umano e spiega come l’uomo spiega ciò che non è umano. Quelli che abbiamo descritto finora costituiscono i principi fondamentali della Noomachia come base metafisica del mondo multipolare.
(DUGIN, Aleksandr. Introduzione alla noomachia (lezione I) – Noologia: la disciplina filosofica delle strutture intellettuali).
Quando il nous si risveglia e la coscienza comincia ad operare sul mondo, i tre logoi agiscono immediatamente e costantemente per il suo dominio. La mente ha in sé le tre dimensioni del logoi in modo preconscio, ma è la loro guerra e il suo risultato, il momento noomachico che determinerà l’orizzonte esistenziale di ogni cultura.
Il momento noomachico è un momento decisivo nella guerra dei logoi, una portentosa vittoria logoica, che dà origine a un orizzonte specifico e fonda il nord della civiltà. Non pone fine alla guerra, ma produce un orientamento che dovrà essere rafforzato dalla cultura stessa e dai suoi soggetti. La questione fondamentale del momento noomachico è garantire un’armonia all’interno di uno spazio preconscio che è, in origine, una guerra. Affronterà nuovi momenti di conflitto, nuove frontiere esistenziali saranno valicate, ma i momenti, o movimenti, definiscono il processo. Per esemplificare: diciamo che una cultura si forma attraverso un momento di slancio apollineo, una vittoria olimpica contro le forze ctonie che operano nella nostra anima. La tendenza è che la cultura si sviluppi più focalizzata su questo Logos, ma la guerra non finisce, e la continuità di questa cultura dipende fortemente dallo sforzo culturale per mantenere la sua forma, che sarà attaccata dall’interno dai logoi repressi.
Facciamo un esempio: società indoeuropee primitive, irraggiungibili nel tempo, sono spesso distinte tra società notoriamente patriarcali (apollinee, nomadi) o matriarcali (cibeline e sedentarie), a seconda dei diversi contesti ed elementi; sono momenti noomachici distinti, apollinei o cibellini. Quando queste culture entrano in contatto, che è conflittuale per l’alterità ontologica tra le visioni del mondo, l’esito e l’assimilazione della cultura sconfitta implica anche un’assimilazione, in genere, di aspetti del suo Logos. Da lì ha luogo un nuovo momento noomachico, una ristrutturazione, che può essere sia mantenimento pressoché totale del Logos dominante, sia un leggero o radicale riequilibrio.
Pertanto, il processo culturale della noomachia è come una sinfonia. Quando c’è un momento noomachico, il mito originario (inteso miticamente e filosoficamente) appare come la scelta del tema, la presenza costante del filo conduttore, una figurazione ricorrente; da lì, parte da un orizzonte che dà alla musica il suo timbro e un tempo che è la sua storia, composta di movimenti specifici, che, al di sopra di una continua coerenza temporale, hanno significati particolari all’interno del tema generale. La continuità del tema e della stessa sinfonia dipende dallo sforzo intrapreso dalle persone nel mantenere il proprio esistenziale, altrimenti la noomachia può girare e la melodia prendere un’altra strada.
La Noomachia è la guerra delle menti, è l’unica vera guerra totale al mondo. Noomachia significa che ci sono innumerevoli modi di esistere e comprendere esattamente “cosa” e “come” esistere. La noomachia è la base del mondo multipolare, perché intende l’imperialismo unipolare del mondo liberale anglosassone come il tentativo globale di imporre la vittoria di un Logos su tutti gli altri. Non attraverso la conquista, di un nuovo momento noomachico che possa modificare proprio questo Logos, ma attraverso la soggezione a meccanismi diversi. La guerra che stiamo combattendo è dentro ognuno di noi, in difesa del vero desiderio di esistere autenticamente.
La ricerca dei logoi brasiliani
La ricerca del Logos è, come abbiamo visto, una ricerca esistenziale. Se, come supponeva Heidegger, l’essere è gettato nel mondo che è sempre un lì specifico, storico, l’essere presuppone questa particolarità. Il che ci porta al vero motivo di questa comunicazione. Se Logos è legato all’essere dei popoli, cosa significa essere brasiliano, Brasile come lì? Per rispondere a questa domanda è necessario comprendere la storia, le vittorie, le successive forme di Stato, le sconfitte e gli errori storici, poiché l’orizzonte esistenziale è legato allo spazio, al tempo e alle persone in modo totale.
Dugin si occupa del Brasile all’interno di uno dei volumi specifici di Noomachia, Il Logos di Ariel, sulla civiltà iberoamericana nel suo insieme, dedicando parti di questo testo specificamente alla singolarità della noomachia brasiliana. In questo senso, siamo una civiltà aperta, i cui processi di formazione, profondamente influenzati e interrotti da forze esterne, ci hanno posto in una fase di sottoformazione.
Il Brasile è composto da tre grandi macro-strutture culturali:
- Un dominio solare, portoghese, imperiale.
- La diaspora africana di un giorno arcaico dai toni dionisiaci.
- La Civiltà Tupi, legata alla terra, ctonia, della Grande Madre Cibelina.
Questa combinazione è essenziale per comprendere il Logos brasiliano, ancora profondamente aperto, un’opera incompiuta. Sebbene sia abbastanza chiaro che il dominio portoghese abbia esercitato un chiaro potere di civilizzazione sugli altri due nel corso della storia, l’influenza del nostro incrocio di razze è innegabile. Cioè, non si tratta di pensare esclusivamente in termini come “genocidio” o “sterminio” dei popoli indigeni e africani, ma piuttosto un’incorporazione di questi, nella formazione della nostra “razza cosmica”. Comunque guardiamo a questo processo, dobbiamo evitare colorazioni moralistiche, perché distraggono dalla consapevolezza della genesi fondamentale del nostro destino.
Lo slancio imperiale portoghese si fonde con due distinte dimensioni noologiche verso un altro slancio imperiale, la Nuova Roma, il cui orizzonte e tempo esistenziale vanno letti con la dovuta attenzione. All’interno di questo, possiamo sottolineare alcuni elementi molto illuminanti, come la relazione post-repubblicana dell’elemento lusitano della saudade, il sebastianismo post-imperiale che verrà salvato, ad esempio, nella bossa nova. La Saudade corrisponde a una perdita non della monarchia nel suo senso più superficiale, poiché l’istituzione stessa aveva cominciato a sgretolarsi. La Saudade compone un elemento di indifferenza o non riconoscimento del processo che ci attende, un repubblicanesimo universale e occidentalizzante. La Saudade non è totalmente legata al passato nel senso di un impero che si è dissolto, ma nella costante presenza di un elemento di divenire, di attesa di un impero già presente in noi nell’orizzonte della reversibilità temporale. I Bandeirantes, prima ancora, combinarono per la prima e fondamentale volta gli elementi della forza pionieristica e nomade apollinea con la forza tellurica dell’insediamento, con la formazione degli insediamenti. Questo serve a mostrare come tutti gli elementi della civiltà, dalla politica alla cultura popolare, integrino il processo di formazione e rafforzamento del Logos.
Infine, poiché questa esposizione è già troppo lunga, è importante sottolineare qui che l’influenza esterna, soprattutto inglese e nordamericana, nelle diverse fasi del processo di costruzione del Brasile, ci ha infuso l’aspetto dannoso della modernità della colonizzazione imperialista, separandoci gradualmente e in tempi diversi dal nostro orizzonte esistenziale. Questo fenomeno esiste ancora ed è uno dei grandi produttori di una schizofrenia di civiltà che riempie sia la destra di falso nazionalismo sia la sinistra internazionalista che odia le sue radici. Tornando alla nozione di sinfonia, l’imperialismo opera sempre come una forza dissonante che paralizza la composizione, un malessere culturale alienante, nascondendo le note successive nel proprio tempo, paralizzandoci nel nostro spazio e nel nostro tempo, dissociandoci.
Il fatto che il Brasile sia un Logos aperto impone questa sfida di cercarlo, di cristallizzarlo, ma è molto più comodo per la maggioranza cercare risposte alla nostra sfida civilizzatrice in questa dissonanza, che, mentre paralizza, intona una canzone di pacificazione.
Questa era solo una comunicazione introduttiva al tema e agli elementi che compongono la noomachia brasiliana e il nostro progetto. Diciamo, perché no? Un momento noomachico. La nostra sfida, quindi, consiste proprio nel riconoscere e rafforzare questo processo, in diverse dimensioni e direzioni: la nostra storia, la nostra arte, la nostra filosofia, la nostra scienza, il nostro linguaggio. Tutti questi elementi hanno bisogno di acquisire centralità, perché non sono finiti e in essi risiede quello slancio profondo che è genuinamente nostro (il dasein), del nostro Logos. Individuando quelle strutture che per noi sono più intime e profonde, il cammino sarà aperto. Il nostro linguaggio non sarà più solo sintattico, diventerà esistenziale e la nostra melodia echeggerà fino alla fondazione della nostra sinfonia finale, la Nova Roma Tropical.
Traduzione di Alessandro Napoli