Di Uomini e zerbini
30.04.2018
Il secondo attacco missilistico contro la Siria, ad opera di un Occidente sempre più de-civilizzato, è scattato il 13 aprile scorso, circa una settimana dopo che Damasco è stata accusata, falsamente, di un nuovo attacco chimico contro la popolazione siriana. Falsamente, perché la Siria degli Assad non ha mai usato armi chimiche contro il suo stesso popolo. Nemmeno contro quella minuscola parte che si è ribellata al governo e che combatte ancora contro di esso con l’aiuto Occidentale, di Israele e delle monarchie del Golfo. Questi attacchi chimici avvengono sempre quando le forze governative stanno vincendo una battaglia importante. In questo caso particolare, nel portare a compimento la liberazione della zona del Ghouta di Damasco.
Curiosamente, gli agenti chimici impiegati sono poco o nulla persistenti e colpiscono di preferenza bambini e civili innocenti, mai miliziani jihadisti né tutte quelle altre persone che si precipitano subito sul luogo dell’accaduto: medici, infermieri, autisti, giornalisti, tutti pro-ribelli e gli immancabili appartenenti a quella organizzazione chiamata “Caschi Bianchi”. In Occidente, i grandi organi di stampa presentano questi attacchi come veritieri e incitano ad una doverosa risposta armata, in un impeto di giustizia vendicativa dal ricordo biblico. Non sortisce nessun effetto la banale osservazione che un paio di semplici guanti in lattice e una sciacquata con l’acqua non possono certo bastare per manipolare in sicurezza persone contaminate con agenti nervini. L’immediatezza dell’immagine supera la saggezza di certe osservazioni e un messaggio falso viene così veicolato facilmente al popolo credulone e distratto.
Questa volta però è andata diversamente: il nuovo inquilino della Casa Bianca è meno propenso a sparare missili del suo predecessore Obama, il Premio Nobel per la Pace che ha distrutto la Libia. E quando li spara, solo pochi vanno a bersaglio, compresi quelli più “nuovi e intelligenti”. La settimana di scarto fra messa in scena e reazione Occidentale è servita anche per smascherare l’operazione mediatica. I Russi non si sono limitati a difendere la Siria militarmente ma questa volta anche mediaticamente: Hasan Diab, il bambino che avrebbe dovuto commuovere il mondo perché mostrato vittima sofferente dell’attacco chimico, è stato trovato e mostrato ancora in televisione. È emerso subito che non era una vittima del governo di Damasco ma, semmai, dei jihadisti che lo hanno rapito per strada e costretto con la paura a recitare una falsità. Intervistato, ha raccontato la vera versione dei fatti. Hasan ha dimostrato un coraggio eccezionale, degno di un vero Uomo. Forse non è ben chiaro quanti rischi corra chi testimonia la verità in questo modo ma, personalmente, spero non succeda nulla a questo eroe imberbe. Il piccolo Hasan è un Uomo. Gli altri, quelli che hanno inscenato questa orrida farsa, quelli che stanno cercando la distruzione della Siria da sette eterni anni, sono solo degli zerbini, utili al più per pulirsi i piedi.
Pochi giorni dopo l’attacco del 14 aprile, il presidente Assad, il leone di Damasco, ha restituito alla Francia la Legion d’Onore conferitagli dal presidente francese Jacques Chirac nel 2001. Sono sicuro che Chirac aveva validi motivi per attribuire una simile prestigiosa onorificenza ma la situazione non è più evidentemente la stessa. L’Eliseo ha reso noto che aveva già avviato la procedura per la revoca dell’onorificenza ma questa dichiarazione così a posteriori della decisione siriana sembra più il tentativo maldestro di arrivare primi correndo all’indietro, piuttosto che una vera presa di posizione.
La Francia ha partecipato fin dall’inizio alla guerra contro la Siria ma, a fasi alterne, i governi di Sarkozy e Hollande hanno cercato una via d’uscita che permettesse di conservare le relazioni diplomatiche con Damasco. Tuttavia, Macron ha fatto un salto di qualità in negativo, autorizzando il lancio di missili contro la Siria ed inviando truppe in territorio siriano per affiancare quelle statunitensi. La decisione del presidente Assad sembra allora un messaggio ben chiaro: la Siria è stanca del comportamento ondivago francese e della sua grandeur da poveracci. Le truppe francesi sono ora più che mai legittimi bersagli e verranno attaccate assieme a quelle americane quando sarà il momento.
Ancora una volta, Bashar al-Assad ha dimostrato di avere amor proprio, dignità e decoro. Ha dimostrato di essere il degno presidente di una Siria unita, laica e tuttavia rispettosa di tutte le sue genti. Assad l’alawita, Assad il cristiano, che quando può prega nelle chiese antiche della preziosa Ma’lula, lì dove ancora si parla l’aramaico dei tempi di Gesù Cristo, Assad si è comportato da Uomo mentre il presidente francese da povero zerbino. E come potrebbe essere diversamente? È l’Uomo Assad ad avere sposato una donna giovane e luminosa, che gli ha donato tre bei bambini. Emmanuel Macron invece ha sposato una donna assurdamente più vecchia di lui, sua madre o sua nonna. Lei lo ha sedotto quando lui era poco più che adolescente. Un matrimonio senza frutti come una radice avvizzita. Se i ruoli fossero stati invertiti, se fosse stato Macron l’assurdamente vecchio e Brigitte l’assurdamente giovane, molti avrebbero gridato allo scandalo accusandolo di essere un maschio stupratore (bianco, tra l’altro…) che nel matrimonio riparatore aveva cercato e trovato solo un modo per continuare a controllare la sua vittima. Invece non si è udito nessun coro di critiche da parte dei soliti progressisti occidentali e così, pochi giorni fa, simboli fallici senza ali made in France hanno volato nei cieli della Siria per dare lustro alla figura di un politico di cui i suoi elettori si sono già stancati. Hanno volato, ma hanno fatto cilecca.
Poche ore fa i presidenti delle due Coree si sono incontrati per la prima volta da quando è stato siglato l’armistizio che ha sospeso le ostilità nella penisola coreana. Vedere Kim Jong-un e Moon Jae-in stringersi la mano in un tripudio di pacifismo è stato qualcosa di inaspettato. Non è passato molto tempo da quando sembrava che l’America neocon, ma anche quella MAGA di Donald Trump, dovesse attaccare la Corea del Nord e spazzarla via dalla faccia della Terra. E invece niente. Potenza delle bombe atomiche e dei missili per portarle sul bersaglio: tutti i sistemi di difesa aerea americani non possono garantire che anche una sola bomba atomica nord coreana non colpisca una città statunitense. I nord coreani hanno visto il bluff americano e, per il momento, hanno vinto. Kim Jong-un non è mai stato né pazzo né stupido, come invece lo descrivevano le presstitute occidentali. Se ne era accorto, inascoltato, anche il vecchio Jimmy Carter: spedito a Pyongyang per una diplomazia parallela, tornato a casa nessuno gli ha dato retta. Il presidente della Corea del Nord si è dimostrato invece un politico smaliziato che ha saputo coinvolgere attori diversi nella vicenda delle due Coree, anche contro la loro volontà. Un missile può essere lanciato in vari modi: se si vuole informare il mondo della sua gittata, è sufficiente spararlo verso l’alto, non farlo volare ben sopra il Giappone. I giapponesi si sono innervositi non poco e hanno protestato. Hanno chiesto più armi, più esercito e, va da sé, più libertà di manovra dai legami che la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale ha imposto loro. Gli americani hanno storto il naso, abituati come sono a credere che il Giappone sia uno Stato zerbino. Alla fine dovevano cedere su qualcosa e per il momento lo zio Sam si è dato una calmata. In futuro si vedrà. Ma per il momento è Kim Jong-un ad essersi comportato da Uomo. Sono sicuro che se Saddam Hussein e Mu'ammar Gheddafi fossero ancora vivi, al loro posto di leader, prenderebbero doverosamente nota.
Alfie Evans è morto. Il piccolo e coraggioso gladiatore che si rifiutava di morire dopo che un tribunale inglese aveva ordinato/autorizzato il distacco del respiratore a cui era collegato, questo piccolo eroe si è arreso all’unica vera democrazia della vita umana. Porgiamo le nostre più sincere condoglianze alla famiglia Evans e la ringraziamo per la lezione di umanità che ci ha impartito. Non ci rallegra sapere che il signor Anthony Hayden, di professione giudice di Sua Maestà Britannica, membro di una lobby LGBT e favorevole all’eutanasia, un giorno vivrà, lui i suoi amici e le sue amiche, la stessa democrazia toccata al piccolo Alfie. Un po’ di più invece ci rallegra l’idea che forse anche lui e tutti i suoi amici e tutte le sue amiche affronteranno un Giudice non corruttibile, omossessuale o malato di gender. L’Italia si era offerta di aiutare Alfie Evans. Su decisione comune del ministro dell’interno Marco Minniti e del ministro degli esteri Angelino Alfano, Alfie Evans ha ricevuto la cittadinanza italiana onoraria, con procedura d’urgenza. Un aereo militare italiano era pronto al decollo per portarlo in Italia, con a bordo dei medici per assisterlo durante il viaggio. Londra si è opposta. Per quale motivo? Non era più un problema economico inglese ma italiano e l’Italia aveva già deciso. Qualcuno temeva che il piccolo Alfie si salvasse? Che venisse provata l’inefficienza del sistema sanitario inglese? Che fosse evidente come i protocolli della sanità inglese non sono quella espressione di superiore razionalità per cui vengono presentati? Ha prevalso, come era inevitabile, l’alterigia cupa e fosca della perfida Albione. Essa ha sempre costituito una solida base alla tradizione eugenetica britannica da Maltus ad Huxley, infarcita di darwinismo sociale e disprezzo per le classi inferiori e i popoli stranieri. I nobili del Regno Unito non potevano certo tollerare che la loro supremazia ideologica fosse messa in discussione da un Paese come l’Italia, pieno di problemi e senza un nuovo governo due mesi dopo le elezioni. Tuttavia, che piaccia o meno ai Pari del Regno, la famiglia Evans, Minniti ed Alfano si sono comportati da Uomini e i Lords da zerbini. Alfie era cittadino italiano. Forse la nostra magistratura, così solerte in certi casi, avrà qualcosa da dire anche su questa vicenda.