Fiutano la fine

Foto - Wikipedia
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27.08.2018

La città di Roma sta vivendo una rinascita civile che non ha eguali nella Storia contemporanea del nostro Paese ed il merito è in gran parte del suo coraggioso ed intelligente sindaco, la splendida e meravigliosa Virginia Raggi. Merito non tutto suo, certo, perché è giusto riconoscere il valore e l’impegno di molti suoi preziosi collaboratori ma è lei il sindaco in carica ed è la signora Raggi che ha avuto il coraggio di assumersi il peso di una fatica degna di Ercole: il ridare decoro ad una città che politici corrotti e criminali avevano portato allo sbando non può essere certo considerata una cosa facile da fare. Poiché la situazione era sotto gli occhi di tutti sia nel degrado morale che in quello materiale, bisogna credere che vi sia stata anche una certa dose di presunzione nell’accettare questa sfida, ma grandi compiti richiedono grandi impegni, il saper rischiare, l’esporsi in prima persona. C’è infatti la possibilità di fallire e la certezza di ricevere sempre critiche ingiustificate: non solo per il gioco sciocco della politica di basso livello, ma anche per la volontà dei criminali di riprendersi il maltolto e tornare al potere. 

Io credo che Virginia Raggi stia riuscendo nel suo incarico: piano piano, un poco alla volta, grazie ad un duro e onesto lavoro quotidiano, sta letteralmente stravolgendo Roma in meglio, riportandola al livello che le spetta per Storia e tradizione. La manutenzione delle strade procede a ritmi sostenuti migliorando la viabilità ma soprattutto facendo al riguardo quello che non hanno fatto le amministrazioni precedenti. La gestione dell’acquedotto è migliorata al punto che non ci sono state emergenze idriche nella passata torrida estate. I servizi sociali sono migliorati. Le case popolari distribuite in quantità e velocità prima sconosciute. L’igiene urbana e la raccolta dei rifiuti hanno ricevuto entrambi un impulso positivo. Il trasporto pubblico è sottoposto ad una radicale trasformazione per renderlo più efficiente senza licenziare personale, ottimizzandone i costi, ammodernando i mezzi di trasporto, eliminando gli sprechi. La sinergia tra l’amministrazione capitolina e il nuovo governo nazionale ha avuto dei primi effetti positivi anche nella lotta contro alcuni clan criminali che in passato hanno fatto i loro porci comodi con la vita delle persone oneste. 

Ma se dovessi usare un ulteriore aggettivo per caratterizzare Virginia Raggi e la sua amministrazione, oltre a quelli positivi che ho scritto prima con ammirazione ed affetto, allora userei sicuramente il termine pericolosa

Sì: Virginia Raggi è pericolosa. È pericolosa perché ci ha ricordato con i fatti che è possibile lavorare onestamente per il bene della collettività. È pericolosa perché ci ha ricordato con i fatti che è possibile coniugare economia ad umanità, così che le persone non siano ridotte a schiave del denaro. È pericolosa perché ci ha ricordato con i fatti che there is an alternative, cioè non è vero che non ci sono alternative allo schifo in cui ci siamo trovati per anni e che ci veniva presentato come l’unico e migliore dei mondi possibili. 

È pericolosa, è assolutamente pericolosa, è pericolosa oltre ogni accettabile limite, perché su simili esempi un popolo può destarsi e risorgere per riprendersi il proprio destino e il proprio posto nel mondo.

E non è solo Virginia Raggi ad essere pericolosa. Anche il nuovo governo italiano lo è, il governo uscito dai risultati dello scorso 4 marzo, il governo presieduto da Giuseppe Conte, il governo che il popolo italiano ha voluto. Questo governo pochi giorni fa ha osato l’inosabile: ha alzato la voce con Bruxelles arrivando a minacciare il veto sull’approvazione del prossimo bilancio europeo se l’unione Europea non accetterà le proprie responsabilità nella gestione degli immigrati. Minacciò di farlo anche Matteo Renzi quando era Primo Ministro ma nessuno gli badò. Ora lo fa Giuseppe Conte e subito la grande stampa italiana, quella che un tempo lontano forse ha avuto qualcosa da dire, ha stigmatizzato con ferocia l’intenzione del nostro governo, auspicandone la caduta a breve. Eppure il primo ministro Conte ha un portamento dignitoso, parla un ottimo inglese e al momento non sembra mantenere alcun harem di puttanellecon cui farci delle orge. Tra le priorità del suo governo vi è proprio quel lavoro che la crisi economica in Italia ha reso difficile trovare e mantenere. È in carica da pochi mesi e benché governare una Nazione non sia come amministrare una città, mi piace pensare che abbia delle possibilità e che quindi durerà più a lungo di quanto desiderino i suoi detrattori. Tuttavia, è ben noto che il governo italiano attuale è anch’esso una coalizione di partiti diversi, come quelli che lo hanno preceduto, e dentro una coalizione tra partiti vi sono equilibri non sempre subito visibili. Per giunta mi sembra stiano emergendo delle (neanche tanto astute) quinte colonne, perfino in posizioni chiave. Da settembre sapremo cosa ci attende. 

Perché ho usato questi due esempi per una introduzione forse un tantino lunga? 

Navigando in rete mi sono imbattuto per caso in un articolo, “Ma il piano B non può funzionare” [qui, in italiano: https://keinpfusch.net/ma-il-piano-b-non-puo-funzionare/]. L’ho letto una volta, svogliatamente e sono passato subito oltre per contenuti che mi parevano più interessanti. Qualcosa però mi è rimasto dentro. Piccoli tarli hanno cominciato a rodere e tornato sui miei passi ho riletto l’articolo più attentamente. Non so molto di questo “piano B” che i “sovranisti” italiani vorrebbero attuare nei confronti di Bruxelles per risolvere la crisi del debito italiano ed alla cui critica l’autore dedica l’articolo, tirando in ballo anche (sic!) il fascismo, ma leggere l’articolo e navigare il blog che lo contiene mi ha cristallizzato un’idea ben precisa, in precedenza latente e sfumata. E l’idea è questa: ci sono in Europa forze che improvvisamente hanno fiutato la propria fine. 

Queste forze hanno sempre saputo che stavano tirando troppo la corda con i Paesi che hanno chiamato con disprezzo PIIGS, maiali, ma preferivano ignorare gli avvertimenti del buon senso perché inebriate dal profumo delle vittorie che conseguivano. Come bulimici compulsivi, non erano mai sazie del successo che mietevano nel conseguire vuoi la continua spoliazione di una Grecia votata all’auto-estinzione vuoi quella che a non pochi è sembrata la volontaria sottomissione di un’Italia governata da persone su cui la Storia futura potrebbe avere delle riserve. 

Vincendo sempre e quindi sempre preservando se non addirittura aumentando la propria ricchezza, tali forze si sono facilmente auto-convinte di rappresentare un futuro in atto privo di alternative e, messianicamente com’era inevitabile, dall’ambito puramente economico già di per sé asfissiante per i popoli, si solo allargate a quello sociale iniziando a corrompere le società con modelli in stile Soros. L’assoluto controllo dei media ha inizialmente facilitato questo processo ma le armi (Facebook, Twitter, YouTube etc) e i metodi che sono stati ideati per neutralizzare gli oppositori ora cominciano ad essere usati contro i loro stessi creatori per portare nei parlamenti delle Nazioni, che entrambi ancora esistono malgrado i loro sforzi, persone e partiti politici che rappresentano la stessa idea comune: c’è un’alternativa. Questa idea ha cominciato a circolare, impossibile da fermare.

Il giornalista italiano Giulietto Chiesa ha definito nel suo libro del 2003 come Superclan l’insieme di persone, forze, interessi e poteri economico-militari che ha iniziato a travalicare i confini nazionali dalla fine dell’Unione Sovietica, agendo come una struttura dall’apparenza monolitica. Ma l’elezione di Donald Trump ha formalizzato una spaccatura nel Superclan statunitense che è de factouna spaccatura nel Superclan occidentale. La parte Europea è ora priva di un referente unico a Washington e questo influenza anche l’Italia.

Il Superclan europeo, quello che a quanto pare fa soprattutto capo alla Germania e alle altre mitiche (per modo di dire) Nazioni del Nord Europa, ha fiutato la sua fine e se non è propriamente la sua fine, teme almeno di ricevere una tale batosta da sentirsela fin nelle ossa. L’attuale governo italiano costituisce infatti un elemento di rottura con la passata esperienza perché oramai è evidente che nessuno in Italia vuole finire come la Grecia: “…finita, morta e sepolta… sfruttata fino al limite e la carcassa gettata ai cani” così come nelle tragiche parole di Paul Craig Roberts.

Non è il governo italiano in carica ad essere fascista, a sopravvalutare gli alleati (ma quali sarebbero poi questi nostri alleati?), a sottostimare la durata della guerra e la resistenza del nemico, come apparentemente lascia intendere l’autore dell’articolo. Non è il governo italiano in carica che è e fa tutto questo, giusto perché vuole evitare all’Italia lo scenario greco. Semmai, il governo italiano è giorno dopo giorno fin troppo conscio dell’incredibile schieramento di forze nemiche che ha davanti, molte delle quali purtroppo italiane, in osservanza a quel desiderio irrazionale di scomparire nel nulla che a volte colpisce i popoli, a volte i singoli.

È la controparte, il Superclan, che resosi conto di essere fratturato in quella che prima si illudeva fosse la sua immutabile (perché naturale) struttura monolitica, ora non riesce più a cullarsi nell’idea della propria invincibilità. Come l’elefante imbizzarrito nella savana non può realmente concepire il cacciatore che di lì a poco lo può abbattere, così il Superclan non può concepire che qualcuno gli si possa opporre, magari anche dall’interno pure se per motivi diversi. Resosi conto del pericolo, attacca ma con i metodi che ha già collaudato con successo in passato e che oramai sono, almeno parzialmente, inefficaci.

Non tutti i nemici sono uguali. Non tutti comportano lo stesso onore nell’affrontarli. E quindi dovremmo chiederci quanta paura è giusto che ci concediamo di un vecchio come Schäuble, che ci ringhia contro da una carrozzina. O di un vecchio come Juncker, che secondo molti cerca la sua verità nei fondi di bottiglie. O di una come la Merkel, grassa e senza figli.

Se davvero “l’architettura dell’euro è concepita in modo da bilanciare le crisi periferiche a vantaggio del centro” come dice l’autore misterioso; se davvero “i mercati insegneranno all’Italia a votare giusto” come ha twittato Oettinger, che si ostina pervicace sulla stessa linea; se è tutto questo, allora ora più che mai vale la pena resistere e combattere per il nostro Paese. L’alternativa comunque ce l’abbiamo già: è la Grecia di Tsipras, nelle tragiche parole di Craig Roberts.

L’onestà è pericolosa perché porta al risveglio delle coscienze: ti porta a vedere il tuo prossimo come parte di te stesso e ti rende disponibile a sacrificarti per lui che è anche parte te. Non ti salva dagli errori ma ti sprona ad andare oltre. Un governo nazionale che operasse con questo criterio, realizzerebbe un miracolo perché risveglierebbe il nostro popolo, sbugiardando Quisling e laidi figuri. Un governo onesto, che dimostrasse con i fatti di saper lavorare per il bene della Nazione e sapesse parlare al cuore delle persone, porterebbe gli italiani stessi ad offrirsi volontari per dare il loro contributo, consci dei sacrifici ma disposti ad affrontarli. È questo che teme l’altra parta: il nostro risveglio di popolo.

Io spero che il governo di Giuseppe Conte riesca in questo difficile compito. Ne va del destino della nostra Nazione.

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Costantino Ceoldo – Pravda freelance