Aiuti non sicuri
I massicci aiuti militari occidentali all’Ucraina hanno messo a repentaglio il futuro del controllo degli armamenti. Dopo tre mesi dell’operazione speciale russa, gli esperti hanno lanciato l’allarme, poiché alcune delle armi mortali potrebbero cadere nelle mani sbagliate.
«La presenza di un gran numero di armi in questo conflitto comporterà la loro distribuzione illecita nella fase post-conflitto», ha affermato con preoccupazione Juergen Stock, segretario generale dell’Organizzazione Internazionale di Polizia (Interpol), intervenendo il 1 giugno all’Associazione Anglo-americana della stampa a Parigi.
Tuttavia, gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno fretta di pensare al futuro del controllo degli armamenti, continuando a fornire armi all’Ucraina in grandi quantità. Inoltre, il quotidiano americano The Washington Post ha riconosciuto l’Ucraina come il maggior beneficiario degli aiuti militari statunitensi. Il paese ha superato Israele ed Egitto in questo indice. Ma come farà Washington a tenere traccia degli infiniti flussi di armi che vengono spediti a uno dei più grandi centri di commercio di armi in Europa?
Aiuti alla cieca
L’Ucraina è stata un centro per il commercio illegale di armi dagli anni ’90. Dopo il crollo dell’URSS, una parte significativa delle scorte di armi immagazzinate in Ucraina è stata inviata in punti caldi in tutto il mondo.
Questo è successo di nuovo nel 2014. Secondo il Survey of Small Arms dell’Istituto per la ricerca e lo sviluppo internazionale con sede a Ginevra, tra il 2013 e il 2015 sono state rubate o perse 300.000 armi leggere e da allora solo 4.000 sono state restituite. I risultati del progetto di ricerca hanno mostrato che dopo l’aggravarsi della crisi ucraina nel 2014, la maggior parte delle armi fornite all’Ucraina da paesi stranieri è finita sul mercato nero.
Nel 2022, un afflusso senza precedenti di armi nel paese ha sollevato il timore che sarebbero cadute nelle mani degli avversari occidentali e sarebbero state utilizzate in altri conflitti per i decenni a venire. Tuttavia, non è possibile risalire completamente alla destinazione delle armi, a chi le utilizza e al modo in cui vengono utilizzate, poiché attualmente non esistono mezzi per far rispettare gli accordi che vietano il trasferimento di armi a terzi.
Ne stanno approfittando gli Stati Uniti: Washington ha deciso di recente di trasferire in Ucraina gli elicotteri Mi-17, forniti da Mosca ad uso esclusivo delle forze armate afghane, senza possibilità di trasferire gli elicotteri in nessun Paese terzo “senza l’approvazione della Federazione Russa”.
Questa decisione degli Stati Uniti ha causato un estremo malcontento in Russia. La rappresentante ufficiale del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha affermato che le regole per l’utilizzo degli elicotteri sono state sancite nel contratto e nel certificato di utilizzatore finale e ha chiesto agli Stati Uniti di spiegare la decisione di trasferire quattro Mi-17 in Ucraina.
«Solo in questo modo, e nient’altro. Tuttavia, queste restrizioni legali, come vediamo, non sono un ostacolo per Washington nel suo desiderio sfrenato di pompare armi a Kiev», ha sottolineato la Zakharova.
Tali azioni minano tutti gli sforzi per combattere la proliferazione delle armi, poiché le violazioni dei contratti minacciano la futura capacità dei paesi di controllare l’uso delle armi. Tuttavia, Washington considera il trasferimento di elicotteri “accettabile secondo la legge statunitense e coerente con le priorità di sicurezza nazionale“.
Anche i tentativi di controllare in qualche modo il flusso di armi fornite all’Ucraina sono condannati a causa delle troppe armi che entrano nel paese. Pertanto, l’assistenza fornita dagli Stati Uniti comprende più di 1.400 sistemi antiaerei Stinger, 5.500 sistemi anticarro Javelin e più di 14.000 altri sistemi anticarro, 700 droni Switchblade, 90 sistemi di artiglieria Howitzer, più di 7.000 armi leggere, 50.000.000 di munizioni, sistemi missilistici con guida laser e altri tipi di armi.
Allo stesso tempo, va notato che anche altri paesi della NATO hanno trasferito all’Ucraina attrezzature e armi per un valore di miliardi di dollari. E sebbene i paesi occidentali siano ben consapevoli che l’Ucraina è stata storicamente un centro per la diffusione di armi, le loro “precauzioni” non ispirano fiducia, perché semplicemente non esistono. Tuttavia, ciò che sta accadendo in Ucraina è tutt’altro che l’unica cosa che rappresenta una seria minaccia al controllo degli armamenti.
Altre minacce
Una situazione simile all’Ucraina è rilevante anche per l’Afghanistan. La scarsa supervisione e tenuta dei registri delle armi statunitensi spedite in Afghanistan ha già giocato a favore dei talebani.
L’acquisizione di Kabul da parte dei talebani quasi un anno fa ha segnato un nuovo periodo di conflitto in Afghanistan e la fine del governo appoggiato dagli USA. Gli eventi dell’agosto 2021 sono stati ampiamente riportati dai media come un disastro per la politica statunitense. Tuttavia, un problema così grave come la perdita di controllo sulle armi precedentemente fornite al governo dell’Afghanistan è sempre stato sottovalutato.
Le stime di spesa degli Stati Uniti tra il 2002 e il 2008 mostrano che sono stati spesi circa 120 milioni di dollari per 242.000 armi leggere e di piccolo calibro. Secondo una stima del 2016, il Pentagono rappresentava circa il 48% della fornitura totale. Tuttavia, la mancanza di un’adeguata supervisione delle armi americane ha portato alla perdita e al furto di armi da parte dei talebani e di altre forze militari. Un recente rapporto di Conflict Armament Research documenta fucili M4 e M16 di fabbricazione statunitense sequestrati ai talebani e ad altri gruppi armati.
Inoltre, i talebani hanno utilizzato occhiali per la visione notturna americani negli attacchi notturni alle forze afghane, nonché Hummer corazzati in attacchi complessi. Armi americane sono state viste anche nei filmati di propaganda talebana.
Ad oggi, ci sono ancora enormi quantità di armi americane in Afghanistan. L’unica domanda è su chi può accedervi. Questo problema è uno dei principali problemi di sicurezza in Afghanistan e oltre.
Per il Medio Oriente, letteralmente “brulicante” di hot spot, il problema del controllo degli armamenti è sempre stato più rilevante che in altre regioni.
Uno degli hotspot più incontrollati di questa regione è la Libia. La Libia è diventata un banco di prova per l’equipaggiamento militare straniero: la proliferazione delle armi è stata una preoccupazione per la sicurezza della Libia e dei suoi vicini sin dalla rivoluzione del 2011, quando le milizie hanno saccheggiato le scorte di armi leggere e di piccolo calibro del regime di Gheddafi.
Tali armi si sono rivelate fondamentali per la capacità delle organizzazioni terroristiche di estorcere mezzi di sussistenza, poiché fungono da meccanismo coercitivo principale alla base dell’estorsione, del rapimento a scopo di riscatto e di altre forme di attività illegale. Pertanto, sono le armi leggere e di piccolo calibro che hanno fornito ai gruppi terroristici libici il “potere” di cui hanno bisogno per costringere e realizzare i loro obiettivi.
Nonostante il grave pericolo della proliferazione delle armi convenzionali, questo problema passa in secondo piano quando si tratta della proliferazione delle armi di distruzione di massa (WMD). Il conflitto in Ucraina ha sollevato molti interrogativi sul ruolo delle armi nucleari in un’era di nuova rivalità di potere, in particolare tra Russia, Cina e l’Occidente a guida USA. Tuttavia, anche altri attori nelle relazioni internazionali stanno “rendendo più calda” la situazione.
Ad esempio, il 5 giugno, la Repubblica Democratica Popolare di Corea ha effettuato l’ennesimo lancio di missili balistici, che è diventato la XVIII dimostrazione di forza nel 2022. Tuttavia, la comunità internazionale si prepara a una minaccia più grave: la Corea del Nord dovrebbe condurre il suo settimo test nucleare dal 2006 e il primo dal 2017 nel prossimo futuro.
Funzionari dell’intelligence in Corea del Sud e negli Stati Uniti hanno affermato di aver scoperto i tentativi della Corea del Nord di preparare il suo sito di test a nord-est per un altro test nucleare. In precedenza, l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap ha riferito che la RPDC ha testato “apparecchiature di detonazione” in preparazione per un lancio nucleare.
La risposta degli Stati Uniti non si è fatta attendere. Il vicesegretario di Stato Wendy Sherman ha affermato che gli Stati Uniti, la Corea del Sud e il mondo risponderanno “con forza e chiarezza se la Corea del Nord condurrà un test nucleare”.
La proliferazione delle armi nucleari è una seria minaccia, data la tesa situazione geopolitica. Tuttavia, le discussioni sulla denuclearizzazione della penisola coreana si sono arenate dopo il fallimento di un vertice di alto profilo tra Kim Jong-Un e l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump in Vietnam nel 2019. Tuttavia, la situazione in Ucraina sta costringendo gli Stati a riconsiderare tutte le regole internazionali. Forse il conflitto lascerà il segno sulla questione della proliferazione nucleare e del controllo degli armamenti.
Il futuro del controllo degli armamenti
Nel 2021, Russia e Stati Uniti hanno raggiunto un accordo per estendere fino al 2026 il Trattato sulle armi offensive strategiche (START, START-3), l’unico grande accordo nucleare rimasto tra i due paesi. Ma cosa accadrà al controllo degli armamenti dopo il conflitto ucraino?
Ci sono due possibili scenari di sviluppo. La meno probabile è che il conflitto in Ucraina innescherà un rilancio del sistema di controllo degli armamenti. Ricordiamo la crisi caraibica del 1962, che divenne un campanello d’allarme per gli Stati Uniti e l’URSS sui pericoli dell’escalation nucleare. Nel decennio successivo alla crisi, sono stati compiuti numerosi sforzi per il controllo degli armamenti, tra cui il Trattato sulla messa al bando degli esperimenti nucleari, il Trattato di non proliferazione nucleare (NPT), i negoziati sulla limitazione degli armamenti strategici, il Trattato sui missili antibalistici e una serie di altri misure adottate per ridurre la probabilità di una nuova escalation. Forse la crisi ucraina costituirà un nuovo impulso per la cooperazione postbellica in quest’area.
Il secondo scenario appare più probabile date le nuove realtà geopolitiche. Con questo sviluppo arriveranno tempi bui per la sfera del controllo degli armamenti, poiché tutti i meccanismi di cooperazione esistenti, incluso START-3, verranno fermati. È probabile che un simile esito pregiudichi altre importanti iniziative, compresi i colloqui trilaterali sul controllo degli armamenti tra Stati Uniti, Russia e Cina che Washington sta spingendo da anni.
Sebbene sia troppo presto per parlare delle prospettive future di quest’area di cooperazione, una conclusione rimane chiara: il conflitto in Ucraina costringerà la comunità internazionale a ripensare la questione del controllo degli armamenti, poiché non appare dal nulla, è un prodotto dell’ambiente geopolitico. E sebbene ora ci sia una pausa strategica in quest’area, non può durare per sempre. A lungo termine, i leader americani, russi, cinesi ed europei non possono perdere di vista il fatto che la minaccia di una guerra nucleare è un “nemico” comune. Altrimenti, la prossima resa dei conti sarà ancora più rischiosa.
Traduzione di Alessandro Napoli