Trump e l’Italia

13.11.2018

I risultati delle elezioni americane di mid-term hanno confermato la linea politica di Donald Trump e si può quindi dire che i deplorevoli di Hillary “Killary” Clinton hanno deciso di dare fiducia ancora una volta all’attuale inquilino della Casa Bianca. Di più: benché i Repubblicani abbiano ceduto ai Democratici la maggioranza rappresentativa alla Camera dei Rappresentanti, hanno però mantenuto quella al Senato e quella dei governatori degli Stati dell’Unione. Due su tre. Non c’è stata quindi nessuna onda lunga Democratica e le possibilità di impeachment del Presidente si sono di molto allontanate. Lo stesso Trump ha festeggiato i risultati rimuovendo il suo ministro della Giustizia, Jeff Session, perché insoddisfatto del suo operato e il posto rimane per il momento ancora vacante.  Lo scandalo del Russiagate, palesemente falso anche se ancora in atto, non ha sortito sugli elettori gli effetti che avevano sperato i suoi ideatori. L’idea che il Cremlino abbia voluto e potuto influenzare le elezioni presidenziali americane al punto da far eleggere come Presidente degli Stati Uniti una sua personale quinta colonna, è un’idea così profondamente stupida che non avrebbe dovuto nemmeno essere presa in considerazione ma essa nasconde tutti timori fatti propri da chi l’ha inventata e proposta.

Trump è l’apparente outsider prodotto dallo scontro tra le due fazioni maggioritarie in cui è diviso lo Stato Profondo americano: benché chiunque in America possa concorrere ad una carica politica via via più importante, solo chi gode dell’appoggio marcato di certi gruppi di potere può sperare di diventare il Presidente eletto, almeno finché permarrà il rito delle elezioni “democratiche”. Nella fattispecie, sono convinto che entrambe le fazioni concordino sull’ineluttabile destino imperiale dell’America ma differiscano sulle modalità della sua attuazione. Quella avente in Hillary Clinton la sua portabandiera ha scelto da almeno vent’anni una modalità più diretta ed arricchita da sempre nuovi livelli di spietatezza e crudeltà. Una spietatezza, una crudeltà, non più solo rivolta all’esterno, alle Nazioni che non vogliono piegarsi ai diktat di Washington, ma anche all’interno: gli attentati sotto falsa bandiera dell’11 settembre sono stati l’evento detonante delle guerre imperiali e coloniali americane e in particolar modo della narrazione eccezionalistica del carattere della nazione americana che tanto ha caratterizzato la presidenza Obama. Tuttavia, il progetto imperiale così ben rappresentato dal clan Clinton ha subito prima un rallentamento, sottostimato dai centri di potere americano, durante la guerra in Libia che è durata più del previsto e poi una vera e propria battuta d’arresto con la guerra in Siria, grazie all’atteggiamento risoluto della Russia e a quello leale e generoso dell’Iran. L’estensione allo Yemen del concetto di guerra per procura ha condannato la popolazione yemenita ad un carnaio a cui l’opinione pubblica occidentale è ancora tragicamente indifferente ma ha dimostrato per l’ennesima volta la debolezza delle idee occidentali e, in particolare, della sua controparte Occidentale in Medio Oriente, l’Arabia Saudita. Le forze militari che i sauditi impiegano sono composte da mercenari assoldati in varie parti del Medio Oriente: benché meglio pagato, meglio equipaggiato e sostenuto anche da una superiore forza aerea, questo esercito in affitto non è ancora riuscito ad aver ragione delle forze yemenite che gli si oppongono ed ha collezionato un numero impressionante di sconfitte. Si tratta, in altri termini, dello scenario ucraino, in cui Kiev è talmente dalla parte del giusto da non riuscire a radunare un esercito per riprendersi una volta per tutte il Donbass separatista.

Alla base di questa visione imperiale c’era un assunto ineludibile: tutto doveva svolgersi secondo una ben precisa tabella di marcia e con la spesa prevista. Ma non è andata così: le Nazioni nel mirino (ed intendo con esse anche Russia e Cina) hanno opposto all’idea di finire sotto i piedi di Washington ben più della misera resistenza pro-forma prevista dagli americani e i tempi si sono di molto dilatati, con essi anche le spese militari: in un quadro di crisi economica preesistente, l’effetto è stato sinergico.

Trump è qui il risultato degli sforzi dell’altra fazione imperiale, quella che ha scelto una via più smussata e diluita nel tempo alla realizzazione del sogno/destino imperiale americano. È la fazione che percepisce, giustamente!, come pericolosamente autodistruttiva l’attuale situazione sociale ed economica americana, il muro contro muro che oppone gli Stati Uniti non solo alle altre grandi potenze mondiali ma anche alle componenti della società americana: di questo passo, non solo non verrebbe realizzato alcun glorioso destino americano ma è in tragico pericolo la sopravvivenza stessa della specie umana e quindi anche dell’America. La soluzione passa per il ritirarsi da certi conflitti iniziati dalle precedenti amministrazioni e riconoscendone l’implicita sconfitta, riportare in patria le attività industriali delocalizzate all’estero, ridurre le tensioni internazionali con Russia e Cina e le altre potenze di un mondo sempre più multipolare, prestare più attenzione ai problemi ambientali perché le leggi di Madre Natura non possono essere comprate in alcun tribunale.

Tuttavia, smontare un progetto perverso ed infantile come quello ancora in atto e limitare i danni da esso prodotti è un compito immane. Voglio ricordare qui l’opinione di Paul Craig Roberts secondo cui Trump ha sovrastimato i poteri del Presidente e sottostimato i poteri della parte avversa. È un’idea ragionevole, visto il fuoco di sbarramento a cui Trump è stato sottoposto fin dal suo insediamento. Tale idea potrebbe spiegare anche le scelte contraddittorie di Trump: affermare di volere un dialogo con la Russia ma decidere di annullare il trattato sulle forze nucleari intermedie, l’evidente tentativo di ritirarsi dal conflitto siriano ma l’incapacità di bloccare la monarchia saudita in Yemen e palesare anche una pervicace ostilità verso l’Iran, per soddisfare le ingerenze israeliane anche a costo di rischiare un blocco dello stretto di Hormuz e quindi una guerra generalizzata nella regione.

Tale follia è partita più di due decadi fa ma si è arricchita strada facendo di malignità forse perfino non previste originariamente. Cito ancora Roberts: “Penso che le Politiche Identitarie abbiano distrutto l'Occidente. La civiltà occidentale non esiste più in termini dei valori e degli impegni che hanno definito l'Occidente.” È una condanna senza appello di tutte le sciocchezze pseudo femministe sul gender, le presunte minoranze LGBT oppresse, i flussi migratori incontrollati e soprattutto del grande tradimento che la Sinistra ha compiuto contro i lavoratori (soprattutto se bianchi), svenduti ai “Mercati” e trasformati (soprattutto se bianchi ma per fortuna per il momento solo in America) negli oppressori di inesistenti minoranze sessuali e razziali. In tutto ciò, alcuni studiosi odono perfino gli echi di un redivivo Culto di Cibele che si palesa nei comportamenti delle sempre più folte schiere di adulti bambini che compongono purtroppo parte della società Occidentale.

E l’Italia? Cosa c’entra l’Italia con le elezioni americane di medio termine? I governi italiani passati che hanno sempre goduto dell’appoggio del Partito Democratico Italiano (gli ex comunisti…. sic!) hanno anche sempre e solo appoggiato la parte americana rappresentata del clan Clinton. Il governo attuale presieduto da Giuseppe Conte, un primo ministro dai modi così compassati ed eleganti, parteggia invece per Trump e la sua amministrazione. Perché? L’Italia si trova tra l’incudine e il martello. Da una parte è sottomessa al trattato di pace firmato con Washington e soprattutto alle sue Appendici segrete che garantiscono agli americani la libertà di fare il bello e cattivo tempo in casa nostra e di tenerci il piede sul collo, dall’altro è legata a Bruxelles con un cappio che diviene sempre più stretto. Gli accordi europei firmati, dai governi di Sinistra, con leggerezza ed ingenuità (che agli occhi di qualcuno potrebbero perfino sembrare criminali) pesano in maniera sempre più insopportabile nella vita della Nazione. Questo, la crisi economica e l’immigrazione incontrollata degli ultimi anni hanno spinto gli italiani a votare di conseguenza relegando il Partito Democratico Italiano ad una ben meritata opposizione che sembra lo consegnerà all’oblio della Storia. È evidente che Trump non ama questa Europa così germano-centrica, dominata da una Berlino che parteggiava per Hillary e allo stesso tempo flirtava con Mosca per tutta la lunghezza dei gasdotti North Stream. Bruxelles e Berlino sono più vicine di Washington ma più piccole ed anch’esse vincolate agli americani da patti di vassallaggio. La scelta è stata naturale: appoggiare Trump e l’attuale politica statunitense, all’insegna di un patto col diavolo le cui conseguenze non sono ancora del tutto chiare ma che per il momento dà al nostro Paese una tregua sui “mercati” finanziari internazionali contro i quali l’Italia, da sola, non ha ancora il coraggio di opporre una vera resistenza. Essendo una situazione più fluida di quello che sembra, si tratta di una scommessa, basata sulla speranza che le prossime elezioni europee dell’aprile 2019 producano un parlamento europeo più umano e rispettoso dei popoli d’Europa. Io non lo credo ma questa è un’altra storia.