Nuovo respiro per l’Europa: prendono forza gli anti-globalisti?
Traduzione di Alessandro Napoli
Le elezioni in tre paesi europei, ovviamente, non riflettono il mitico confronto tra “democrazia” e “autocrazia”.
La pubblicazione globalista americana The New York Times rileva che “la lotta tra democrazia e autocrazia si svolge non solo in Ucraina”, ma anche in tutta Europa.
La vittoria di Aleksandr Vučić alle elezioni presidenziali in Serbia, così come la vittoria di Viktor Orban in Ungheria, sono la prova della vittoria, secondo il giornalista David Leonhardt, dei nemici della democrazia. L’autore sottolinea che il prossimo “terremoto geopolitico” potrebbe verificarsi in Francia, dove il 10 aprile 2022 si terrà il primo turno delle elezioni presidenziali.
Ungheria
La vittoria di Orban alle elezioni parlamentari non è stata così scontata. L’opposizione per la prima volta dopo tanto tempo ha proposto un candidato unico – e non chiunque, ma un simpatizzante e collaboratore delle strutture di Soros, Peter Marki-Zai, che ha trascorso parte della sua vita in Canada. Sullo sfondo della posizione neutrale dell’Ungheria e del rifiuto di Viktor Orban di fornire armi all’Ucraina, l’operazione per cambiare il regime dalla parte del campo globalista è stata lanciata alla massima velocità. Tuttavia, qualcosa è andato storto e Orban ha mantenuto il suo seggio con oltre il 60% dei voti. Marqui-Zai, che ha attivamente chiesto il sostegno all’Ucraina nel conflitto, nonché l’adesione a una dura politica sanzionatoria antirussa, è stato sconfitto.
Lo stesso Orban, dopo essere stato eletto, ha definito Zelensky, Soros, i media internazionali e i burocrati dell’UE suoi oppositori. Da cosa è guidato Orban? Mentre i suoi oppositori nei media internazionali lo accusano di essere un agente del Cremlino, il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjarto osserva che il governo ungherese non è disposto a “rischiare la vita e la sicurezza del popolo ungherese”. Parallelamente, ci sono state segnalazioni di una possibile transizione di alcune società ungheresi (in particolare, la società energetica MVM) a accordi con Gazprom in rubli. Il 6 aprile, Viktor Orban e Vladimir Putin hanno avuto una conversazione telefonica.
La posizione dell’Ungheria, isolata dalla retorica globalista, dimostra non tanto un “corso filo-russo” quanto una politica di buon senso e impegno per una civiltà in cui gli interessi del proprio popolo, e non delle “élites mondiali”, sono fondamentali. Pertanto, Orban ha invitato Putin a colloqui di pace in Ungheria. Dopotutto, l’Ungheria, come la Russia, è interessata a stabilire la pace in Ucraina.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha definito Orban “praticamente l’unico in Europa che sostiene apertamente Putin”. Si può aggiungere che oggi Orban è praticamente l’unico che cerca di farsi guidare dagli interessi del Paese, e non dalla dittatura liberale occidentale. Il New York Times ha definito abbastanza argutamente l’Ungheria “la quinta colonna della NATO”.
La sensazione di queste elezioni è l’ingresso nel parlamento ungherese del partito Patria Nostra [1]: populisti di destra che si oppongono al dispiegamento di truppe NATO nel Paese, all’ingresso dell’Ucraina nell’UE e alla dittatura sanitaria globalista. Il partito, formato da ex membri di Jobbik, guidato da Laszlo Toroshkay (sindaco della città di Ashotthal), ha ricevuto il 6%. “Patria Nostra” è un “nuovo tipo” di destra, anti-globalista che si oppone consapevolmente all’ideologia del “Great Reset”.
Serbia
Il 3 aprile si sono svolte in Serbia le elezioni presidenziali e parlamentari. Il presidente Aleksandr Vučić, come previsto, ha vinto le elezioni presidenziali. Alle parlamentari – il suo “Partito Progressista Serbo” (SPP) – in una coalizione con il Partito socialista serbo e l’Unione degli Ungheresi della Vojvodina, ha ottenuto il 43,78% dei voti.
Aleksandr Vučić ha già dichiarato che proseguirà il percorso di cooperazione con la Russia. La Serbia presterà particolare attenzione alla neutralità militare e alla cooperazione con la Russia nel settore energetico. In precedenza, Mosca e Belgrado hanno firmato un contratto di fornitura di gas naturale estremamente vantaggioso per la Serbia, che scade il 31 maggio. Il 6 aprile Vučić ha telefonato al presidente russo Vladimir Putin. È stata sollevata la questione di un futuro accordo sul gas. Allo stesso tempo, Vučić ha sottolineato che la Serbia continuerà il suo percorso verso l’adesione all’UE.
Uno dei risultati importanti delle elezioni è il passaggio di tre forze politiche “di destra” al parlamento, che hanno ricevuto seggi nell’Assemblea grazie alla loro posizione filo-russa e al sostegno all’operazione militare speciale russa in Ucraina. Queste sono le coalizioni “Dveri” [2], “Nada” [3], il partito “Zavetniki” [4]. Ciò dimostra che il sostegno della Russia è un fattore politico importante. Anche il presidente Vučić è stato sostenuto perché gode della reputazione di un leader che non litiga con la Russia. Tuttavia, Vučić difficilmente dovrebbe essere considerato un “populista” o un “politico filorusso”, piuttosto, è un pragmatico opportunista che cerca di trovare un equilibrio tra diversi centri di potere. Quindi, non dimenticare che nel voto dell’ONU, la Serbia ha condannato il NWO, sebbene non sostenesse sanzioni.
«Ci si dovrebbe aspettare che Vučić continui la politica di bilanciamento in futuro”, ha detto a Katehon l’esperto di geopolitica Aleksandr Bovdunov. Tuttavia, sullo sfondo di una vera guerra tra Russia e Occidente, non sarà facile sedersi su due sedie. L’Occidente utilizzerà tutte le sue risorse di influenza per estrarre dalla leadership serba passi che potrebbero essere interpretati come anti-russi».
Francia
Un importante campo di battaglia del globalismo e del continentalismo in Europa è la Francia. Il 10 aprile 2022 si svolgerà il primo turno delle elezioni presidenziali e, nonostante Emmanuel Macron e Le Pen siano nuovamente ai primi posti, il contesto di ciò che sta accadendo è diverso dal 2017.
In primo luogo, il conservatore e pubblicista di destra Eric Zemmour, che è letteralmente diventato il “cigno nero” della scena politica francese, ha avuto un’influenza significativa che ha causato lo spostamento politico della “finestra di Overton”. Grazie a lui, il tema dell'”immigrazione”, la “Grande Sostituzione”, la politica antifrancese del presidente in carica Emmanuel Macron, il tema dell’identità è tornato ad essere in primo piano. I suoi rivali sulla fascia destra, sia Le Pen (che ha notevolmente ammorbidito l’agenda di destra dal 2017) che il repubblicano Pekress, hanno dovuto tenere il passo con il loro serio rivale. Si può anche notare che, sotto l’influenza di Zemmour, Macron, Le Pen e Pekress hanno svoltato a destra.
Le Pen ha prestato molta attenzione al tema della sicurezza nei suoi slogan, Pekress ha iniziato a costruire la sua campagna sulla retorica anti-islamista (sebbene i sostenitori di Zemmour dubitassero della sua sincerità, indagando anche sui possibili legami con gli islamisti). Anche Macron, che viene chiamato il “camaleonte politico”, ha ripreso a tornare sul tema della sicurezza.
In secondo luogo, nel 2022 Macron è un candidato con una “reputazione offuscata”. Complice anche una serie di scandali: la vendita della società di costruzione di macchine Alstom alla società americana General Electric, il coinvolgimento della società americana McKinsey per una società di consulenza sanitaria ed evasione fiscale per 10 anni, un’indagine di alto profilo su corruzione e riciclaggio di denaro dell’ex presidente Macron, Alexandre Benalla. Più una discussione piuttosto assurda sul sesso della moglie di Macron (un certo numero di pubblicazioni sosteneva che fosse transgender). A ciò si aggiungono una serie di fallimenti di politica economica di Macron (e le successive proteste su larga scala sia dei sindacati che dei gilet gialli), una crisi della sicurezza, problemi di salute (crolli pandemici che hanno messo in luce la debolezza e l’incapacità del sistema sanitario francese di lavoro ad alta velocità), e anche in connessione con il conflitto in Ucraina, l’incapacità del presidente di agire da “operatore di pace”.
«L’intero “periodo di cinque anni” del governo di Macron è, a suo modo, un fiasco della politica estera francese, un trionfo del globalismo e il rifiuto francese dei propri interessi nazionali, secondo me», ha commentato a Katehon l’esperto Aleksandr Artamonov sui risultati del primo mandato di Macron.
I fallimenti in Africa hanno colpito in modo significativo la reputazione di Macron: l’ingresso fiducioso nella sfera di influenza russa della Repubblica Centrafricana, il conflitto con la leadership del Mali e l’espulsione da lì delle truppe francesi, sostituite da specialisti russi. Oltre alla Russia, la Turchia sta entrando nell’Africa occidentale, una regione di tradizionale influenza francese, cercando di avvicinarsi al Niger, un paese che Parigi, dopo aver lasciato il Mali, considera fondamentale per mantenere l’influenza nel Sahel. Il Niger è anche la principale fonte di uranio per l’industria nucleare francese. Macron ha promesso nel 2017 che avrebbe riavviato le relazioni con l’Africa. Ora è accusato di neocolonialismo, nei paesi africani si stanno svolgendo manifestazioni contro la guerra, i militari sono saliti al potere in Mali, Guinea e Burkina Faso, sostenendo la sovranità dei loro paesi.
La crisi ucraina, nonostante abbia temporaneamente legittimato Macron, gli ha inferto un duro colpo alla lunga, perché è stato Macron a parlare più volte prima dell’inizio dell’operazione con la tesi di essere riuscito a prevenire l’offensiva russa contro l’Ucraina. Il discorso fortemente mutato, in cui, dopo l’avvio dell’Operazione Militare Speciale della Federazione Russa, si era già chiaramente manifestata la posizione globalista con il sostegno della Francia all’Ucraina (compresa quella militare), nonché la dura politica sanzionatoria nei confronti della Federazione Russa, influirono sulla posizione della Francia. Ritornato sulla scia della politica globalista filoamericana, il Paese ha cominciato a subirne le conseguenze: un aumento dei prezzi delle risorse energetiche, delle materie prime, del grano, dei fertilizzanti, dei mangimi, ecc. Tutto questo ha già cominciato a colpire la Francia, ed è particolarmente evidente alla maggioranza nella “periferia” francese. Ed è questa “Francia periferica” che sostiene la Le Pen.
E solo un paio di mesi fa sembrava che la realtà politica francese si stesse nuovamente trasformando in un classico confronto tra destra e sinistra. Tuttavia, quando l’instabilità è arrivata nella regione, questa incredibile nuova scissione ibrida (anti-globalisti/globalisti) si è rivelata di nuovo e le elezioni sono diventate un campo di battaglia per le persone e le élites.
Le elezioni in tre paesi europei, ovviamente, non riflettono il mitico confronto tra “democrazia” e “autocrazia”. Piuttosto, sottolineano che anche di fronte alla crescente pressione del nucleo anglosassone dell’Occidente, i tentativi di sopprimere tutte le forze sovraniste e populiste come presunti “complici della Russia” hanno avuto scarso successo. La guerra che di fatto l’Occidente ha dichiarato alla Russia non si attenua, ma in una certa misura ne esacerba le contraddizioni interne. In questo contesto, nuove forze sovraniste e populiste stanno emergendo e stanno facendo progressi. I leader collaudati con politiche pragmatiche si sentono sicuri di fronte alle turbolenze regionali e globali. Le posizioni delle forze anti-globalizzazione si rafforzano, mentre i liberali non riuscendo a trovare una risposta adeguata alle nuove sfide, la esprimono nel discorso propagandistico “autoritarismo contro democrazia”, il quale non ha nulla a che vedere con la realtà.
Note:
[1] In ungherese, Mi Hazánk Mozgalom; Movimento Patria Nostra [N.d.T.].
[2] In serbo, Dveri – Движение «Двери српске»; Movimento «Porte Serbe» [N.d.T.].
[3] In serbo, NADA – Национално демократска алтернатива; Alternativa Nazional-Democratica anche conosciuto come Speranza per la Serbia [N.d.T.].
[4] In serbo, Zavetniki – Српска странка Заветници; Partito dei Protettori della Serbia [N.d.T.].