USA: ex funzionario FBI ammette pressioni indebite del Dipartimento di Sato su mail Clinton

Mercoledì, 19 Ottobre, 2016 - 14:45

 Un ex funzionario del Federal Bureau of Investigation (Fbi) ha ammesso ieri di aver ceduto alle pressioni del dipartimento di Stato Usa per non classificare come "riservate" alcune delle mail sull'attentato di Bengasi.

La candidata democratica alla presidenza Usa Hillary Clinton, allora segretario di Stato, aveva dirottato quelle email, come il resto della sua corrispondenza ufficiale, ad un server di posta elettronica privato. A riaprire il caso, dopo che l'Fbi ha rifiutato di incriminare Clinton per la vicenda, sono state le rivelazioni del sito WikiLeaks e della stessa Fbi.

"Quando ho saputo della cosa - ovvero delle pressioni indebite del dipartimento di Stato - i giochi erano già fatti. Non era più neanche negoziabile", ha ammesso l'ex funzionario dell'Fbi, Brian McCauley, in una intervista telefonica al "New York Times". McCauley ha anche confermato di aver inizialmente negoziato un "accordo di scambio" tra il dipartimento e l'Fbi: la derubricazione delle email a "non riservate" in cambio dell'invio di un maggior numero di agenti federali in Iraq. A proporre questo accordo indebito, dunque, non sarebbe stato il dipartimento di Stato, ma lo stesso McCauley, una volta realizzato che le pressioni del dipartimento erano ormai irresistibili.

L'accordo sarebbe però saltato quando l'agente ha scoperto che le email in questione riguardavano l'attacco al consolato Usa di Bengasi. McCauley ha confermato anche il ruolo del veterano del dipartimento di Stato, Patrick F. Kennedy, nella vicenda: sarebbe stato proprio Kennedy, nella primavera del 2015, a esercitare le pressioni sull'Fbi per insabbiare il caso delle email. Nel corso dell'intervista telefonica, McCauley ha ammesso che a suo parere le email in questione non meritavano di essere classificate come "riservate", ma sarebbero dovute essere in parte cancellate o modificate perché relative a un'indagine in corso a carico della Clinton.