Italia e India durante la Seconda Guerra Mondiale. Terza parte.

12.12.2016
Racconto a puntate di un fatto poco noto della Seconda Guerra Mondiale: il sostegno italiano all'indipendentismo anti-britannico in India

Durante la Seconda Guerra Mondiale i nazionalisti indiani si ritrovarono ad agire in tre campi diversi e ben distinti, senza mai dimenticare che anche se essi furono divisi riguardo al modo in cui conseguire la libertà non lo furono mai sull'obiettivo finale di questa lotta contro l’Impero Britannico ovvero l’Indipendenza dell’India. P

Possiamo suddividere il movimento indipendentista indiano nel modo seguente: i gandhiani, che volevano utilizzare come strumento di lotta unicamente la non violenza per sabotare gli sforzi di guerra britannici, rimanendo però neutrali nel conflitto in corso; i membri del Congresso Indiano guidati da Nerhu e la Lega Musulmana di Mohammed Ali Jinnah che appoggiarono gli inglesi con la pretesa poi di decidere il destino futuro dell’India; Bose e i suoi che appoggiarono l’Asse con lo scopo di eliminare per sempre la presenza britannica dal subcontinente indiano. Questi ultimi collaborarono attivamente alla guerra costituendo, con l’assistenza dei paesi dell’Asse, unità militari che avrebbero dovuto combattere contro l’Inghilterra .

Per quanto riguarda il rapporto tra Italia e India abbiamo già accennato, negli articoli precedenti, agli sforzi di Iqbal Shedai e dei suoi collaboratori per arrivare alla costituzione di unità militari indiane che combattessero affianco ai reparti militari italiani per la liberazione dell’India. Con quest’articolo entreremo più nello specifico di questa peculiare e poco conosciuta unità militare italo-indiana.

I volontari indiani, come anche gli arabi e in parte gli italiani di Tunisia, furono inquadrati e addestrati dal Raggruppamento centri militari (RCM), nato il 10 maggio 1942 allo scopo di arruolare personale straniero nelle Forze Armate Italiane per effettuare operazioni di ricognizione, infiltrazione e sabotaggio dietro le linee nemiche.

Il RCM fu costituito dal Gruppo formazioni A, per gli arabi, dal Battaglione Azad Hindustan, per gli indiani, e dal Battaglione d’Assalto T, per gli italo-tunisini, e il loro comandante fu il Tenente Colonnello di Stato Maggiore Massimo Invrea.

Le reclute indiane, per lo più borghesi che non avevano ancora assunto al momento della loro cattura in Libia un’impostazione marziale, ricevettero l’uniforme regolare del Regio Esercito Italiano con l’aggiunta di un turbante in fasce di tela color sabbia con una mostrina speciale di tre righe verticali di colore giallo zafferano in alto, bianco al centro e verde in basso, rappresentanti i colori della bandiera del National Indian Congress ovvero del Congresso Nazionale Indiano. Il fregio scelto per l’unità fu costituito da tre frecce incrociate e caricate di un tondino al centro parzialmente coronato da un serto di alloro.

Il patriota indiano, al momento dell’arruolamento nell’unità, doveva giurare quanto segue: “Giuro di combattere per l'indipendenza dell'India e per l'onore della bandiera nazionale indiana. Giuro di eseguire gli ordini dei miei superiori, italiani e indiani; accetto e mi impegno ad osservare le leggi ed i regolamenti militari italiani, considerandomi come alleato dell'Italia nella lotta contro i nemici comuni".

Gli ufficiali e quasi tutti i sottoufficiali furono italiani che dovevano parlare perfettamente la lingua inglese, per poter comunicare con gli indiani, e preferibilmente essere vissuti in India per poter comprendere meglio i loro alleati. Il personale italiano per distinguersi dagli alleati indossava, con la divisa regolamentare, le stellette militari sulle mostrine tricolori.

La truppa che doveva comporre il Battaglione Azad Hindustan ( India Libera in lingua hindi) doveva dunque essere arruolata, principalmente, tra gli indiani catturati dall’esercito italiano in Nord Africa, che risultarono essere, durante il 1942, circa cinquemila provenienti dalla Ottava Armata Britannica. L’unità, il cui comando fu assunto dal Maggiore Luigi Vismara, arrivò ad arruolare un numero massimo di circa quattrocento soldati suddivisi in una compagnia di fucilieri, una compagnia di mitraglieri, un plotone paracadutisti e un plotone di fanteria composto da personale italiano. Vi furono incluse tutte le etnie e religioni principali dell’India: sikh, gurkha, punjabi, bengalesi, musulmani e indiani uniti in comune progetto di unità di fronte al nemico inglese e nell’alleanza con l’Italia.

Il Battaglione ebbe vita breve tra luglio e novembre 1942 a causa della disastrosa sconfitta di El Alamein che persuase gli indiani dell’impossibilità di un appoggio italiano valido nella riconquista della libertà portandoli all’ammutinamento per non essere inviati dietro le linee britanniche vista la situazione tragica in cui versava l’Asse in quel momento. Ciò nonostante, come abbiamo visto nei due precedenti articoli e nel successivo, questo reparto rappresentò un’esperienza molto importante, costituendo soltanto una parte dei rapporti tra l’Italia e l’India durante la Seconda Guerra Mondiale.