Italia e India durante la Seconda Guerra Mondiale. Prima parte

02.12.2016
Racconto a puntate di un fatto poco noto della Seconda Guerra Mondiale: il sostegno italiano all'indipendentismo anti-britannico in India

Il caso dei due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, arrestati dalle autorità indiane il 19 febbraio 2012 dopo la morte di due pescatori indiani, Ajesh Binki e Valentine Jelastina (o Geslastine), avvenuta il 15 febbraio dello stesso anno è nota a tutti in Italia. Anche il prosieguo della vicenda è conosciuta grazie all’attenzione mediatica che si è sviluppata sin dall’inizio.

La vicenda è molto sentita anche in India in quanto l’Italia viene percepita come Occidente, cioè come appartenente a quella serie di paesi, di ideologie e di religioni che hanno invaso, in un non troppo lontano passato, l’Oriente. Ciò che però è poco noto in entrambi i paesi è il rapporto stretto che si è venuto a creare tra il Bel Paese e l’india in chiave anti inglese.

Precedentemente alla II Guerra Mondiale ci furono solo sporadici rapporti tra i rappresentanti del governo italiano ed esponenti della lotta di liberazione indiana . Questo scarso interesse da parte italiana nei riguardi della lotta di liberazione indiana dal colonialismo britannico era dovuto al fatto che Mussolini cercò sempre, almeno fino al giugno 1940, di non rompere definitivamente i rapporti con l’Impero britannico. Per questo motivo egli evitò di prendere impegni a lunga scadenza con i patrioti indiani per non suscitare l'ostilità degli inglesi e rendere così molto più difficile l’accordo con Londra per la sistemazione del Mediterraneo.

La situazione iniziò a cambiare con la guerra di Etiopia che portò ad una parziale rottura con la Gran Bretagna che si era opposta ai progetti egemonici italiani nell’Africa Orientale. Ciò determinò all’intensificarsi dei contatti con gli oppositori dell’Impero britannico, come per esempio il palestinese Haji Hamin Al Husseini, Gran Muftì di Gerusalemme e il bengalese Subhas Chandra Bose. Quest’ultimo, uno dei leader indiani più vicino all’Asse, fu per due volte, negli anni 30, presidente del Partito del Congresso ma come vedremo più avanti per disaccordi politici con Gandhi e Nehru fondò nel 1939 la All India Forward Bloc (Blocco Avanzato), un movimento giovanile, di sinistra e antibritannico.

Bose era convinto che per il futuro dell’India indipendente fosse opportuna una sintesi di fascismo e di comunismo e per questo motivo cercò di trovare appoggi in entrambi gli ambienti per la sua lotta per l’indipendenza. Subhas, viaggiando per motivi di salute più volte in Europa, ebbe contatti diretti sia con esponenti fascisti sia con esponenti nazionalsocialisti.

Con lo scoppio della II Guerra Mondiale Bose fu riconosciuto dalle Potenze dell’Asse come il principale referente del nazionalismo indiano. In Italia però operava già da anni come consulente delle questioni del subcontinente indiano, presso il Ministero degli Affari Esteri, il musulmano Mohammad Iqbal Shedai.

L’Italia fu un paese importante per l’indipendentismo indiano anche perché molti leader del subcontinente furono influenzati dal Risorgimento e dalle figure di Garibaldi e Mazzini.

Shedai nacque a Sialkot, in India, nel 1888 e dal 1914 prese parte alla vita politica entrando nell’Hindostan Gadar Party , partito accesamente antibritannico. Più volte arrestato per le sue idee politiche dai britannici tra il 1915 e il 1920, successivamente si recò, come rappresentante ufficiale del suo partito, in URSS, in Turchia ed in Francia. Giunse in Italia nel 1923 dove entrò in contatto tra gli altri con il capitano del SIM Giovanni Tavazzani ma poiché i contatti tra l’Italia e il Gadar Party non si svilupparono nel modo sperato dagli indiani, egli fu trasferito dal suo partito in Francia nel 1926. Nel 1933 divenne collaboratore saltuario di Carlo Arturo Enderle, una spia italiana che aveva il compito di tenere i contatti con personalità musulmane. mentre dal 1934 il suo rapporto con i servizi segreti italiani divenne più stabile rispetto all’anno precedente, collaborando sia come propagandista dell’Italia fascista nel mondo islamico sia come procacciatore di nuovi agenti segreti per il SIM.

Nel 1938 fu espulso dalla Francia con l’accusa di spionaggio a favore dell’Italia, così si trasferì a Losanna, in Svizzera, dove risedette fino al novembre 1940, mantenendo però un passaporto italiano a nome di Mohammed al-Hindi. In Svizzera mantennero i contatti con Shedai Renato Bova Scoppa, delegato italiano presso la Società delle Nazioni, Luigi Cortese, console generale d’Italia a Ginevra. Nel 1941 si sistemò nella Penisola, dove sarebbe rimasto per tutta la durata della guerra.

Shedai e il suo partito, a differenza di Bose, erano diffidenti sia del nazionalsocialismo a causa del suo aperto razzismo sia del Giappone a causa del suo imperialismo nel Sud-Est Asiatico. L’Italia, al contrario, non era così razzista ne era interessata a conquistare l’India, perciò risultava alla lunga il miglior alleato del momento. D’altro canto il governo italiano era perfettamente a conoscenza della volontà britannica di conservare a tutti i costi l’India, vista anche la sua importanza per lo sforzo bellico. Se l’Italia fosse entrata in guerra contro l’Inghilterra sarebbe riuscita a infliggere un duro colpo al nemico se fosse riuscita a provocare rivolte nel subcontinente, paralizzando così sia le industrie belliche indiane sia impedendo l’invio di truppe dall’India verso l’Europa.

Mohammad Shedai riuscì ad ampliare le sue competenze presso il Ministero degli Affari Esteri collaborando anche negli affari arabi in quanto musulmano, e direggendo la programmazione di Radio Himalaya, da Roma, dirette verso il subcontinente indiano facente parte della più ampia guerra propagandistica avviata a partire dalla guerra di Etiopia. Shedai e Bose durante la II Guerra Mondiale, non riuscirono mai a lavorare insieme a causa di dissapori personali dovuti anche al fatto che mentre il primo era favorevole all’idea della libertà di scegliere il proprio futuro per i musulmani del subcontinente indiano, il secondo aveva come obiettivo l’unità del subcontinente indiano, senza distinzioni di razza, fede o religioni. Le loro divergenze politiche cessarono solo con la partenza nel 1943 di Bose verso il Giappone con lo scopo di costituire un governo in esilio più vicino al suo paese .

Bose nacque il 23 gennaio 1897 a Cuttack, all’epoca nella Presidenza del Bengala, da Janakinath Bose, avvocato, e da Prabhavati Devi. Era il nono di quattordici figli. Nonostante il padre avesse voluto che il figlio entrasse a lavorare nell’amministrazione britannica in India e sebbene Bose fosse riuscito ad arrivare quarto in graduatoria, nel 1919 in Inghilterra, rifiutò di entrare in servizio per non collaborare con l’occupante inglese.

Tornato in Bengala entrò, nel 1921,del Partito del Congresso rifiutando però l’azione non violenta di Gandhi. Suo mentore fu il nazionalista bengalese Chittaranjan Das che lo appoggiò fin dall’inizio della sua carriera politica. Quando Das divenne sindaco di Calcutta, nel 1924, Bose fu il suo braccio destro nel Consiglio Comunale. Nel 1925 fu arrestato dagli inglesi in quanto nazionalista, contraendo così la tubercolosi in una prigione a Mandalay, in Birmania.

Dopo essere ritornato in libertà e in seguito alla morte di Das divenne il politico più importante del Congresso nel Bengala. Insieme con l’altro astro nascente del partito, Jawaharlal Nehru, nel dicembre del 1927 fu nominato segretario annuale del Partito del Congresso e nel 1930 divenne sindaco di Calcutta. Poco tempo dopo fu nuovamente arrestato dai britannici perché sospettato di essere il mandante di azioni terroristiche venendo deportato nuovamente in Birmania. Fu liberato nel 1932 a condizione di rifugiarsi in Europa. Ebbe modo così di visitare diversi paesi europei e inizialmente si sistemò a Vienna, dove pubblicò nel 1934 La battaglia dell’India che fu stampata in Italia dalla casa editrice Sansoni.

L’opera gli diede una certa notorietà in Italia tanto che anche a causa del clima di ostilità tra Italia e Inghilterra dovuta alla guerra di Etiopia, iniziarono i rapporti diretti tra il governo fascista e Bose. Fu in questo periodo che Subhas Chandra Bose teorizzò la sua nuova visione dell’India, un paese forte, senza divisioni di religione e di casta, industrializzato e inquadrato da un forte potere centrale che impedisse le spinte centrifughe causate dai contrasti religiosi e di casta. Era convinto che si potesse arrivare ad una sintesi tra fascismo e comunismo.

Ritornato in India divenne nuovamente Presidente del Congresso nel 1938 ma fu costretto a rinunciare all’incarico a causa della politica non violenta di Gandhi proseguita anche dopo lo scoppio della II Guerra Mondiale mentre Bose era favorevole a iniziare la lotta armata in India e ad allearsi con tutti i nemici dell’Inghilterra, quindi anche con la Germania nazista, pur di raggiungere l’agognata indipendenza. Questo periodo segnò anche la rottura dei rapporti con Nehru che preferì seguire il percorso iniziato da Gandhi.

Dopo aver fondato il Forward Bloc, nel 1939, fu arrestato come ribelle dagli inglesi allo scoppio della guerra. Detenuto agli arresti domiciliari, riuscì a evadere, nel marzo del 1941, grazie all’aiuto di un nipote, che lo accompagnò fino a Kabul dove la legazione italiana lo aiutò a espatriare fornendogli un falso passaporto intestato a un certo Orlando Massota. Dopo una breve sosta a Mosca, giunse nell’Europa Occidentale e decise di risiedere in Germania, paese che gli fornì i mezzi per lottare contro l’Impero britannico. Infatti fu organizzata dai tedeschi una Legione Indiana, composta da studenti e prigionieri indiani, inseriti verso la fine del conflitto nelle Waffen SS.