Un fiore inquietante
Zelensky è un cardo di fuoco velenoso che cresce in una serra della tragedia ucraina
L’Ucraina solcata dai carri armati, tormentata dalle esplosioni, bruciata dagli incendi, inzuppata di sangue: la serra in cui sta crescendo un fiore terribile. Il nome del fiore è Zelensky. Non si deve ridere di questo. Non vale la pena di definirlo con leggerezza un clown. La sua immagine non deve essere affidata a propagandisti pigri e sgradevoli. Zelensky è un fiore sinistro con molti petali viola, neri e dorati, coltivato da un giardiniere stregone sotto la cupola della serra ucraina, che lascia entrare i raggi del sole nero.
Zelensky, tra le fanciulle ucraine festanti in camicie bianche ricamate con sete scarlatte, accetta una vyshyvanka dalle mani delle bellezze e se la tira addosso tra gli applausi della folla. È un ucraino profondo, un erede dei Poliani e dei Drevliani, un confessore pagano di Perun, che canta una meravigliosa canzone ucraina, circondato da cantanti dagli occhi azzurri.
A Santa Sofia, in piedi davanti all’Oranta d’oro, inginocchiato con la bocca al suo velo d’oro, racconta ai generali la sacra missione degli ucraini di riportare la Crimea, Chersonesos – quel grembo ucraino da cui la Russia è stata battezzata. E lui, Zelensky, confessore della fede cristiana, è il pastore spirituale dell’ortodossia russa, patrono delle terre russe dal Baltico all’Oceano Pacifico.
Partendo da Sofia Kiev, Zelensky partecipa alla parata del Gay Pride. Tra i gay e le lesbiche, mezzi uomini, mezzi umani e mezzi cavalli, che sfilano per Kiev, sembra un centauro con la testa umana e la spina dorsale di cavallo. È il fanatico del libero pensiero europeo, il più liberale dei liberali del mondo. Seduto in una vasca idromassaggio perlescente, soffia ragazzi rosa nella schiuma profumata che lo circonda e non tutti escono vivi dalle bolle perlescenti.
Asciugato a malapena dall’umidità profumata, si ritira in una stanza nascosta dove abili maghi nati sulle rive del Reno gli tatuano la magia sul corpo: rune, croci, misteriose svastiche, immagini di aquile e serpenti; e il suo corpo diventa maculato, come quello di un tritone.
Indossando l’uniforme militare di una divisione galiziana, marcia nella notte in una fiaccolata. Circondati da soldati in marcia, tra le luci sfolgoranti della notte, con un’enorme torcia in mano, sulla musica di Horst Wessel, marciano verso est, dove girano le canne degli obici a lunga gittata e dove il bagliore del Donbass in fiamme non si spegne mai all’orizzonte.
Nella sua camera isolata, alla luce del santo lampione, conversa con il rabbino dai capelli bianchi, che gli rivela il segreto della sua origine: discende da Salomone e la sua missione è costruire il Terzo Tempio. Lui e il rabbino si recano segretamente sulla riva del fiume Dnieper, aspettando di vedere se un uccello vola al centro del fiume, e cercano un punto sul ripido Dnieper dove verrà costruito il Terzo Tempio di Salomone.
Dopo aver superato un rito di iniziazione, lasciato solo, Zelensky accende la “musica delle sfere” elettronica, in cui rimbombano armoniche di cascate e vulcani ruggenti, colonne di carri armati e robot elettronici, la musica composta dal grande musicista, il cui nome è l’intelletto artificiale. Su questa musica tecnotronica uno, riflesso in innumerevoli specchi, balla il suo can-can, il tipo di danza buffonesca che analisti disinformati e propagandisti frivoli amano prendere in giro. Questo cancan sarà ballato dalle nazioni del mondo, che sono state ammaccate dalla grande nullificazione, che hanno perso la loro forma, le loro culture, le loro credenze, che sono state trasformate in un’immensa macchia senza volto. Su questo liquame verrà tesa una corda, sulla quale il giocoliere e funambolo ballerà la sua inquietante danza.
Zelensky è un fiore, un cardo di fuoco velenoso, che cresce nella serra della tragedia ucraina. Un giardiniere esperto ripianterà questo fiore nell’aiuola chiamata Europa. E l’Europa sarà invasa dai cardi di un’orribile nuova visione del mondo, un nome che non trova riscontro nei politici, nei filosofi e negli esperti di cultura contemporanei, ma che viene citato con parsimonia nei trattati religiosi e nei testi dedicati alla fine dei tempi.
Questo leader degli inferi si confronta con la Russia, con la sua eterna alba dorata, con il suo eterno sogno russo di un’umanità buona, di un regno sacro e benedetto. Il leader del Sogno Russo con le sue mani insanguinate strapperà il cardo spinoso dalla terra nera ucraina e lo getterà nel fuoco. Vedremo i vestiti di Zelensky iniziare a fumare quando parlerà ai leader dell’UE e la sala riunioni puzzerà di zolfo e fosforo.
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini