I patrioti “Assolutamente no” contro gli “Assolutamente sì”
In un’epoca di inganni universali, dire la verità è un atto rivoluzionario.
George Orwell
Dopo l’estromissione delle forze americane dall’Afghanistan, l’importanza del Pakistan per la guerra ibrida degli Stati Uniti contro la Russia e la Cina è stata evidenziata da una lettera congiunta dei capi di ventidue missioni diplomatiche che esortavano il Pakistan a sostenere una risoluzione delle Nazioni Unite per condannare l’invasione russa dell’Ucraina.
La risposta dell’allora Primo Ministro pakistano Imran Khan “Siamo forse i vostri schiavi… che qualsiasi cosa diciate, noi la faremo?” è stata applaudita dal Sud globale e dai Paesi che soffrono di un sistema di neocolonialismo continuo. Le sue osservazioni sono state anche un riflesso dell’emergente formazione di alleanze multipolari guidate da Cina e Russia, in opposizione alla fallimentare agenda unipolare egemonica degli Stati Uniti.
La “politica estera indipendente” di Khan andava contro i consigli degli Stati Uniti e costituiva un esempio senza precedenti per i Paesi dell’Asia meridionale solitamente subordinati ai dettami statunitensi. Contro la disapprovazione degli Stati Uniti, ha partecipato alle Olimpiadi di Pechino e ha discusso di una più stretta cooperazione economica bilaterale. Ha collaborato con la Russia al progetto del gasdotto Pakistan Stream e ha negoziato forniture di grano e gas russo a prezzi scontati.
L’ultima cosa che l’America voleva era un “patriota” popolare che seguisse una politica indipendente, soprattutto in un momento in cui aveva bisogno di alleati contro la sua guerra ibrida a lungo termine istigata attraverso l’Ucraina contro la Russia e lo stesso scenario pianificato contro la Cina utilizzando Taiwan.
Pertanto, un’operazione di cambio di regime della CIA era fondamentale contro il governo di Khan, inoltre gli Stati Uniti erano consapevoli che sarebbe stato un compito facile con partner disposti a collaborare sotto forma di partiti di opposizione e di un sistema giudiziario e burocratico corrotto.
Tuttavia, l’eccezionalismo statunitense non ha tenuto conto del fatto che la posizione indipendente di Khan, “non siamo schiavi”, ha risuonato con l’opinione pubblica, che si è schierata a milioni contro il governo appena insediato. Molti sono consapevoli che il Pakistan si trova su un pericoloso precipizio: tornare a un’epoca in cui élite corrotte e subordinate ai dettami occidentali ne assicuravano la schiavitù in una spirale di povertà e degrado, oppure andare avanti verso un futuro migliore per i propri figli sotto la guida di Khan.
Il Paese non ha mai visto movimenti di protesta così massicci nella sua storia. Come disse una volta Malcolm X, “prendere coscienza è legato alla mobilitazione e all’organizzazione”. Questo “prendere coscienza” va in parte attribuito a Khan e alla sua decennale campagna contro la corruzione del sistema dinastico a due partiti, il PPP e il PML, i cui leader hanno travasato miliardi di ricchezza pubblica in proprietà e conti esteri.
Qualunque sia l’opinione che si può avere di Khan, un fatto è chiaro: è stata la sua incessante campagna contro la corruzione a svegliare l’opinione pubblica pakistana, che già sapeva che il sistema era corrotto. Ma è stato Khan a dettagliare meticolosamente attraverso quali meccanismi personali e statali sono state “saccheggiate” le casse del Paese e a creare un nuovo precedente di caccia ai colpevoli. Il compito di condannarli era sempre stato difficile, poiché il loro denaro aveva comprato loro “sostenitori” in ogni ambito del sistema giudiziario, dei media, degli enti governativi e dell’esercito.
Oggi i partecipanti alle proteste di massa al grido di “nessun governo importato” non protestano solo per la mano dell’America nella rimozione di Khan, ma anche per l’insediamento al potere di un Primo Ministro accusato di corruzione e riciclaggio di denaro e di un gabinetto con più della metà dei suoi membri che devono rispondere di accuse penali. Secondo quanto riportato dal Pakistan, la maggior parte dei media è stata schierata e “pagata” per dare notizie positive e non menzionare i precedenti dei membri condannati.
È perfettamente legittimo che la nazione sia preoccupata che il Pakistan regredisca ai vecchi tempi in cui la corruzione portava ad ulteriore povertà. Dove venticinque milioni di bambini non andavano a scuola e, secondo un rapporto del National Education Management Information System (NEMIS) del 2013-14, 11.096 scuole governative non avevano strutture edilizie e gli studenti sedevano sui pavimenti.
È naturale che questo scoppio di rabbia si sia scatenato nelle strade, dove i bambini pakistani hanno pagato il prezzo di un futuro migliore mentre le ricche élite si godevano un lussuoso stile di vita decadente. Nell’intensa calura estiva, le madri intervistate in queste Jalsa hanno parlato del motivo per cui sono uscite, affermando quasi tutte che “Khan Saab non è corrotto e offrirà ai nostri figli la possibilità di un futuro migliore”.
L’aspetto più sconcertante per gli osservatori internazionali, che conoscono bene la lunga storia di operazioni di cambio di regime della CIA in tutto il mondo, è che i partiti di opposizione e la lobby filo-statunitense in Pakistan continuano a confutare l’affermazione di Khan secondo cui gli Stati Uniti lo avrebbero rimosso.
Anche se è stata prodotta come prova una lettera inviata da un diplomatico statunitense, l’esercito e il sistema giudiziario sono irremovibili: i pakistani che lavorano per il think tank di Washington, l’Hudson Institute, come Hussain Haqqani, sostengono che Khan “sta usando il nome di Allah e dell’Islam per raccogliere consensi e invoca lo spettro della minaccia americana”.
Bisogna chiedergli se ha visto lo “spettro della minaccia” dell’America, descritto nei 91.000 diari di guerra dell’Afghan War Diary (2010), dove le forze di coalizione guidate dagli Stati Uniti hanno ucciso e violentato indiscriminatamente donne e bambini afghani, dove gli squadroni della morte della NATO hanno terrorizzato la popolazione locale con massacri, coprendo poi i propri crimini. E quando le forze statunitensi si sono finalmente ritirate dal Paese che erano inizialmente andate a sviluppare e “democratizzare”, lo hanno lasciato come uno dei Paesi più poveri e sottosviluppati del mondo.
Come afferma Peter Koenig, analista geopolitico, che in “Afghanistan: A new pivot in the Greater Middle East” ha sintetizzato come gli Stati Uniti abbiano lasciato il Paese nella stessa situazione in cui hanno lasciato l’Iraq e la Siria, perché “l’instabilità” garantisce che “un Paese rimanga debole”. Sottolineando che lo stesso è previsto per l’Afghanistan, poiché “Washington sa che l’Afghanistan offre perfette vie di transito per la Belt and Road Initiative, che, come sappiamo, gli Stati Uniti disprezzano”. E si chiede che cosa abbia in programma per il Pakistan e se la folla pro-USA se ne preoccupi.
Ci sono già segnali che indicano che le relazioni Cina-Pakistan sono prese di mira dall’Esercito di Liberazione Baloch, che secondo i rapporti ha il sostegno degli Stati Uniti, dopo che l’ELB ha intensificato i suoi attacchi, uccidendo di recente tre cinesi che lavoravano in Pakistan. Un altro complotto è stato sventato nel Baluchistan sudoccidentale, dove la polizia pakistana ha arrestato una donna kamikaze armata che ha confessato il suo piano di uccidere i cittadini cinesi che lavoravano ai progetti della Belt and Road Initiative.
Ci sono anche segnali che indicano che la posizione “assolutamente no” di Khan nei confronti delle basi statunitensi in Pakistan potrebbe presto diventare una realtà da parte del gruppo “assolutamente sì” al potere, con indicazioni di discussioni in corso con gli Stati Uniti e l’esercito. Sembra inoltre che il nuovo governo pakistano stia prendendo le distanze dalla Russia in base ai dettami degli Stati Uniti e all’accordo per la fornitura di grano e gas a prezzi scontati che Khan stava negoziando per favorire il Pakistan.
Per quanto possa addolorare i pakistani, l’India, a differenza del governo del Primo Ministro Sheriff, non sta cedendo alle pressioni statunitensi e mantiene una politica estera indipendente. Il Primo Ministro Modi può anche polarizzare il suo Paese all’interno attraverso politiche di supremazia indù, ma ha abbastanza acume per sapere che cosa andrà a vantaggio dell’India per quanto riguarda la sua politica estera. Si è rifiutato di condannare la Russia ed è andato contro il consiglio degli Stati Uniti di non limitare l’esportazione di grano, dopo che l’India ha annunciato che limiterà le esportazioni di grano per salvaguardare la sicurezza alimentare interna. Secondo l’analista geopolitico Andrew Korbyko, l’India sceglie di sfamare il proprio popolo mentre Washington “vuole che innumerevoli indiani muoiano potenzialmente di fame per sfamare gli Stati vassalli dell’America in tutto il Sud globale, i cui governi spera di sostenere per ragioni politiche”. Egli sostiene che “nessun individuo genuinamente patriottico, in nessuna parte del mondo, può sostenere un Paese straniero che vuole che la propria gente muoia per servire i suoi interessi”. Questa è una domanda importante che milioni di pakistani devono porre al governo pakistano appena insediato, mentre cresce la richiesta di nuove elezioni senza interferenze straniere.
Traduzione a cura di Costantino Ceoldo