Crisi in Ucraina
La Russia ha ripetutamente avvertito, a cominciare dall’ormai famoso discorso di Monaco del 2007 di Vladimir Putin, che percepisce un’ulteriore espansione della NATO verso est come una minaccia esistenziale e che tale comportamento occidentale può solo portare a un’accresciuta instabilità e al collasso delle relazioni tra Mosca e i paesi occidentali. La crisi in corso in Ucraina ha chiaramente definito due paesi importanti per la Russia, ovvero l’Ucraina e la Georgia, il cui ingresso nell’Alleanza del Nord Atlantico rappresenta una linea rossa per Mosca. L’eventuale adesione di Kiev e Tbilisi al patto NATO e il dispiegamento del potenziale di combattimento dell’Alleanza sul loro territorio, in particolare i sistemi missilistici, comprometterebbero completamente la capacità della Federazione Russa di reagire in tempo a un possibile attacco, il che è, comprensibilmente, inaccettabile per i russi.
Le reazioni dell’Occidente, provenienti dagli Stati Uniti o dall’Europa occidentale, erano prevedibilmente simili e nella maggior parte dei casi si riducevano al semplice rifiuto degli avvertimenti e delle preoccupazioni russe in quanto infondati. Allo stesso tempo, la Russia è stata descritta come una fonte di problemi usando la retorica della Guerra Fredda su una possibile invasione dell’Europa da parte delle truppe russe, l’influenza maligna della Russia nei Balcani, l’interferenza russa nelle elezioni statunitensi del 2016 e una miriade di altre falsità e inganni. Il campo della psicologia studia un fenomeno chiamato proiezione, che è più semplicemente definito come trasferimento delle proprie caratteristiche negative sugli altri. Dal momento in cui la Russia ha iniziato il suo risveglio militare, geopolitico, economico e ideologico, il comportamento dei paesi occidentali, in particolare degli Stati Uniti, può essere caratterizzato come un caso di proiezione a livello di grandi potenze. Non c’è esempio migliore di Washington quando si tratta di interferire nelle elezioni di altre nazioni, incitando alla corruzione, tentativi di ingegneria sociale, aggressioni militari distruttive, propaganda ideologica arrogante e una miriade di altre azioni destabilizzanti. Nell’anno 2022 questo è qualcosa che non richiede discussione, data la massa accumulata di prove che non parla gentilmente a favore degli americani.
L’attuale crisi in Ucraina è iniziata nel 2014 con una rivoluzione colorata che ha rovesciato il presidente democraticamente eletto. La questione della sua presunta corruzione è spesso usata per offuscare questa questione e distogliere l’attenzione dal fatto che Yanukovich era un’espressione della volontà popolare e per dare, nello stesso tempo, un’impressione di legittimità e legalità al Colpo di Stato. Il carattere antirusso del Maidan è diventato abbastanza chiaro quando, subito dopo il rovesciamento delle precedenti autorità, la lingua russa è diventata un bersaglio delle politiche educative e quando si è verificata la tragedia di Odessa, sebbene questi casi non siano isolati e rappresentino solo due momenti di una serie di eventi simili. In uno dei suoi discorsi sia al popolo russo che al mondo, lo stesso presidente Putin ha sottolineato che la degenerazione (osservazione dell’autore) dell’Ucraina si tesse trasformando in una sorta di “anti-Russia”. Se una cosa del genere dovesse accadere, il territorio ucraino fungerebbe da fonte costante di notizie che richiederebbero un’attenzione speciale da parte della Russia in termini di sicurezza.
A giudicare dalle esperienze del popolo serbo, questa nuova nazione “ucraina” sarebbe costruita sulle fondamenta dell’odio verso tutto ciò che è russo, mentre, allo stesso tempo, tutti i legami che legano russi e ucraini sarebbero recisi e cancellati. Lo scisma religioso è già stato raggiunto, con il sincero aiuto del Patriarca ecumenico, ed è in una fase avanzata, che ha creato problemi non solo nei rapporti tra la Chiesa ortodossa russa e il Patriarcato ecumenico, ma anche all’interno dell’intera Ortodossia.
Pochissimi, tranne la Russia, hanno menzionato gli accordi di Minsk, che avrebbero dovuto allentare le tensioni e stabilire la pace otto anni fa. E ora, anche il presidente russo ha sottolineato che «l’accordo di pace di Minsk non esiste più, non c’è nulla da rispettare… è stato ucciso molto prima della decisione della Russia». Sebbene molti politici e funzionari europei abbiano sottolineato che gli accordi di Minsk rappresentano un percorso verso la pace, la trasformazione chiave sul campo non è mai stata attuata. Nel frattempo, l’umore e la visione politica sia a Kiev che a Donetsk e Lugansk sono cambiati, con i politici del Donbass che hanno ripetutamente espresso il loro desiderio di entrare nella Federazione Russa, mentre i funzionari di Kiev hanno insistito sul fatto che i negoziati devono aver luogo tra Ucraina e Russia, senza riguardo per la leadership politica delle repubbliche popolari di Donetsk o Lugansk,
Non va dimenticato che, già nel 2021, Kiev è stato il primo attore a iniziare a raggruppare le sue forze verso le regioni orientali, accompagnato da una retorica di forza che chiedeva la liberazione dei territori “occupati dalla Russia”, rivendicando l’esistenza di volontà e capacità dell’esercito ucraino di farlo, ha chiesto allo stesso tempo la solidarietà europea e mondiale alle autorità di Kiev e il sostegno a tale impresa. Dal momento del Colpo di Stato nel 2014, l’Ucraina ha ricevuto assistenza finanziaria e militare americana, sebbene gli Stati Uniti non siano i soli in questo senso. Oltre a Washington, i Paesi Baltici, Turchia, Danimarca, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Canada e Polonia hanno tutti contribuito all’armamento e all’addestramento delle unità ucraine.
La Russia ha risposto a questo con esercitazioni militari e trasferimento di unità di combattimento nel distretto militare occidentale. In tutto il dramma riguardante l’accumulo di truppe russe nella parte occidentale del paese, sembrerebbe che quasi tutte le persone coinvolte abbiano in qualche modo dimenticato il fatto che ci sono 300.000 soldati russi permanenti a gestione delle armi di distruzione di massa in ogni momento poiché questa è la loro principale area di attività. Allo stesso tempo, il presidente Putin ha richiamato l’attenzione sull’esistenza delle linee rosse russe e ha avvertito delle possibili conseguenze se l’Occidente le avesse valicate. Poiché ciò non ha portato a cambiamenti significativi nella sfera delle relazioni internazionali, a metà dicembre 2021 le autorità russe hanno presentato l’elenco dei requisiti che devono essere soddisfatti prima che le relazioni possano normalizzarsi.
Mosca ha chiesto a tutto l’Occidente, ma in realtà particolarmente agli Stati Uniti, di fermare l’ulteriore espansione della NATO a est, con particolare attenzione all’Ucraina e alla Georgia, ma anche ad altri paesi che facevano precedentemente parte dell’URSS. Le richieste del Cremlino includevano anche la cessazione di tutte le attività militari in Ucraina, Europa orientale, Caucaso meridionale e Asia centrale, il ritiro dei sistemi missilistici che hanno la capacità di prendere di mira il territorio russo e la limitazione delle manovre militari al massimo precedentemente concordato. Un accordo speciale con gli Stati Uniti regolerebbe gli arsenali nucleari dei due paesi, che dovrebbero essere dispiegati esclusivamente sul territorio nazionale, e impedirebbe a bombardieri strategici, missili e navi militari sia della Russia che degli Stati Uniti di muoversi entro il raggio di queste armi e piattaforme. Washington doveva anche impegnarsi per iscritto a non installare basi militari negli ex stati sovietici o a cooperare con i loro eserciti. L’anno chiave menzionato è stato il 1997 e il ritiro della NATO sarebbe effettivamente parallelo ai confini dell’alleanza di quel periodo.
Come abbiamo già visto, USA e alleati si sono rifiutati anche di prendere in considerazione queste richieste, ancora fuorviati dalla mentalità della Guerra Fredda e dalla situazione geopolitica degli anni Novanta, ormai lontani nel passato.
Dal loro punto di vista specifico, sia Kiev che Washington hanno trovato utile la retorica sull’imminente invasione dell’Ucraina da parte della Russia, purché sia rimasta retorica e nient’altro. Nonostante il loro atteggiamento simile, c’era una differenza nel modo in cui i due paesi erano effettivamente pronti a perseverare nel mantenere la narrativa dell’attacco russo.
L’amministrazione di Joseph Biden attualmente si colloca in una posizione estremamente impopolare tra la popolazione americana. La popolarità dello stesso Biden tra la cittadinanza è in netto calo ed è attualmente vicina al 40%. I sondaggi dell’opinione pubblica mostrano, per ora, che solo il 33% degli intervistati ha dichiarato che voterebbe di nuovo per Biden. Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti, se la passa anche peggio e la sua popolarità in alcune aree è persino inferiore a quella di Biden. Un risultato così negativo può essere giustamente imputato allo stesso presidente americano e alle politiche adottate dalla sua amministrazione nei confronti di problemi di grande importanza per l’americano medio, come la questione del confine meridionale attraverso il quale oltre due milioni di immigrati clandestini sono entrati negli Stati Uniti proprio l’anno scorso, principalmente dal Sud America. L’inflazione negli Stati Uniti è stata del 7,3% a gennaio di quest’anno, con previsioni di ulteriore crescita nel corso dell’anno. Gli scaffali vuoti nei supermercati e nei negozi di tutto il paese all’inizio dell’anno hanno indicato l’instabilità nelle catene di approvvigionamento globali e la mancanza di capacità della “principale democrazia” del mondo di prendersi cura dei propri bisogni. La pandemia, e tutte le misure introdotte con il presunto obiettivo di combattere il virus, hanno portato solo alla frustrazione tra la popolazione, con particolare attenzione alla censura e all’evidente pregiudizio di celebrità e dipendenti del governo.
Tutti questi problemi sono aggravati da quattro anni di disordini interni della società che hanno rivelato profonde divisioni della società americana. Il quadro della politica estera è tutt’altro che incoraggiante per l’attuale regime americano.
La débâcle in seguito al ritiro dall’Afghanistan, il declino della capacità di contrastare Russia e Cina, le fallite rivoluzioni colorate in Bielorussia e Kazakistan, la persistente posizione di sfida dell’Iran, il completamento del Nord Stream 2 e la precaria reputazione dell’America stessa dopo un’elezione altamente dubbia attraverso la quale l’attuale amministrazione è salita al potere, tutti questi sono indicatori di incompetenza, sia nell’azione che nella capacità di trovare una soluzione che implicherebbe l’accettazione di una realtà in cui gli Stati Uniti non sono più l’egemone ma solo una delle potenze globali.
Coinvolgere la Russia in una lunga guerra all’interno dell’Ucraina risolverebbe, per qualche tempo, diversi problemi degli Stati Uniti, o almeno così sembra all’élite americana, ma secondo i sondaggi dell’opinione pubblica del dicembre 2021, la maggior parte degli americani vuole che le autorità affrontino i problemi del Paese (73% ), si opporrebbe alla guerra con la Russia (48%) e sosterrebbe una riduzione dell’impegno militare statunitense a livello globale (40%). Con lo stato della società americana sopra descritto, la domanda è se il conflitto con la Russia in Ucraina, a circa 9.000 chilometri di distanza, possa essere giustificato dalle manipolazioni utilizzate nei casi di Libia, Siria, Iraq, Jugoslavia e altri paesi che hanno sperimentato l’aggressione americana nei decenni precedenti.
Se Tucker Carlson e Fox News sono un indicatore, sarebbe molto più difficile vendere un’altra “guerra per la democrazia” contro “i malvagi russi” ai cittadini degli Stati Uniti rispetto ai decenni precedenti, sebbene la posizione di Fox News debba essere compresa dalla prospettiva americana. Capiscono che i problemi interni all’interno degli Stati Uniti sono cresciuti a tal punto che un’altra guerra inutile in un paese che la maggior parte degli americani non riesce nemmeno a trovare su una mappa potrebbe essere la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. Laura Ingraham, una delle colleghe di Carlson della Fox, mentre conclude i suoi segmenti di notizie commenta “la nostra nazione, ovviamente, rimane eccezionale” ed è proprio lì che si può trovare la fonte di tutti i problemi americani, passati, presenti e futuri.
D’altra parte, Volodymyr Zelensky, che si è presentato come l’esatto opposto di Petro Poroshenko durante la campagna presidenziale, non ha mantenuto nessuna delle promesse elettorali fatte ai cittadini ucraini.
Delle numerose promesse, le più importanti, la lotta alla corruzione, l’allontanamento dei vecchi quadri, la fine della guerra nell’est, la ripresa dell’economia e una politica estera equilibrata, sono rimaste del tutto disattese. Zelensky ha ereditato il problema della corruzione dai suoi predecessori, ma poco è stato fatto durante il suo mandato per migliorare la situazione. La corrispondenza riservata, pubblicata da Wikileaks, tra diplomatici americani che hanno servito in Ucraina fino al 2010, descrive il paese come una cleptocrazia. A giudicare dai dati disponibili, la situazione non è affatto migliorata negli ultimi dieci anni. In termini economici, il quadro non è migliore. Secondo la Banca Mondiale, la crescita del PIL dell’Ucraina è stata del -4% nel 2020, e l’inizio di questo problema si trova chiaramente nel 2014, quando, tra l’altro, a causa del colpo di stato, la crescita del PIL ucraino è stata del -10%. La crescita economica complessiva del Paese non ha ancora recuperato i parametri pre-2014, sebbene vi siano segnali di una lenta ripresa. Nonostante alcuni sviluppi positivi, ci sono un certo numero di analisti ed economisti che in realtà vedono l’Ucraina permanentemente sull’orlo del fallimento, almeno quando si parla dell’ultimo decennio. Come uno degli argomenti, citano frequenti iniezioni di capitali in Ucraina da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
La stabilizzazione della politica estera e la fine del conflitto avrebbero dovuto essere complementari tra loro, proprio perché le mosse unilaterali delle autorità di Kiev hanno portato l’Ucraina allo stato attuale, ma ciò non è avvenuto. A differenza della retorica pre-elettorale relativamente conciliante, il comportamento dell’attuale presidente dell’Ucraina è diventato più bellicoso nel tempo. La conversazione di Victoria Nuland con Geoffrey Pyatt, che è stata intercettata e poi resa pubblica, implica una pesante interferenza degli Stati Uniti con la creazione dell’attuale governo ucraino e mette in discussione la stessa sovranità del paese. Dato che non c’è motivo di dubitare dell’autenticità della conversazione trapelata, l’Ucraina sembra stare poco meglio di una colonia americana con una sottile patina di falsa indipendenza.
La popolarità di Zelensky nel frattempo è diminuita e, secondo una ricerca della stessa Ucraina, il 40% degli intervistati voterebbe di nuovo per lui, un calo molto indicativo rispetto al 73% di coloro che lo hanno scelto durante le precedenti elezioni presidenziali. Il rifiuto di Kiev di negoziare con i rappresentanti eletti del Donbass è stato uno dei problemi chiave per risolvere la situazione, così come il già citato armamento dell’Ucraina e la retorica della forza generata dall’élite politica ucraina. La persecuzione dei dissidenti politici e la censura sia dei media russi che dei politici filo-russi in Ucraina sono solo un altro fattore di destabilizzazione e un motivo per un ulteriore aggravamento delle relazioni tra Kiev e Mosca.
Presentandosi come una vittima nel periodo iniziale dell’attuale crisi, l’Ucraina ha calcolato l’ossessione geopolitica occidentale per un’ulteriore incursione nelle vicinanze della Russia. Dopo anni di propaganda che ha condizionato la propria popolazione sul fatto che la Federazione Russa sia un aggressore arretrato e il suo presidente nient’altro che un tiranno, i paesi occidentali non hanno potuto non rispondere alle richieste di aiuto di Kiev, soprattutto considerando che i principali media occidentali hanno trascorso mesi a riferire sul movimento e condizioni delle truppe russe vicino al confine con l’Ucraina.
Tuttavia, quando il presidente americano per due volte, separate da un periodo di diverse settimane, ha fatto annunci pubblici apocalittici dell’imminente invasione russa, il suo omologo in Ucraina ha preso le distanze dalle accuse americane, sottolineando di non avere tali informazioni e invece ha chiesto la calma. Esperti sia dell’est che dell’ovest hanno affermato chiaramente che l’esercito ucraino, nonostante i milioni di dollari spesi in equipaggiamento e addestramento, non è in condizione di presentarsi in grado di contrastare le truppe della Federazione Russa anche prima dello scoppio delle attuali attività di combattimento. A titolo di confronto, il gioco di guerra svoltosi in Polonia all’inizio dello scorso anno, “Inverno 2020”, si è concluso con la completa sconfitta di Varsavia da parte delle truppe russe del distretto militare occidentale. La Polonia come Stato ha cessato di esistere dopo cinque giorni.
Se la Polonia, in una situazione molto più favorevole di Kiev, viene sconfitta dalla Russia in meno di sette giorni, è discutibile quanto successo avrà in guerra un’Ucraina molto più debole. Gli esperti che avevano una visione della situazione sul campo presumevano che i russi, in una guerra aperta, potessero raggiungere il fiume Dnepr con una resistenza relativamente leggera, dato che la popolazione principalmente russa e filo-russa vive nell’Ucraina orientale. Dal punto di vista degli analisti occidentali, questo era in realtà il piano d’azione di Vladimir Putin nel caso in cui i negoziati fallissero, come è successo. In caso di un tale risultato, l’Ucraina cesserebbe di esistere come la conosciamo. Il dispiegamento di ulteriori truppe della NATO vicino a Kiev è stato finora in gran parte simbolico, dato che quantitativamente il numero di soldati dell’Alleanza non può eguagliare il numero delle truppe russe.
In aggiunta a quanto sopra, è stato notato che all’interno della stessa alleanza del Nord Atlantico c’erano opinioni contrastanti su possibili soluzioni all’attuale crisi. I più accesi sono stati i rappresentanti di Croazia e Ungheria, mentre Francia e Germania sembrano essere le più attive diplomaticamente, con particolare attenzione al presidente francese Emanuel Macron, che ha visitato sia Mosca che Kiev. Dall’altra parte dell’Atlantico, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha preso le distanze dal menzionare il North Stream 2 in un contesto negativo quando si è rivolto ai media americani e anche adesso il destino finale di questo importante progetto energetico non è ancora del tutto chiaro. Tuttavia, è chiaro il fatto che la Germania ha bisogno del North Stream 2 più della Russia e che Berlino sarà costretta a pagare dividendi politici ed economici se il progetto verrà annullato. È chiaro agli europei che una nuova guerra nell’est del continente li renderebbe i principali sconfitti. Cosa possono fare al riguardo è tutta un’altra questione.
La Russia, provocata ad agire militarmente in Ucraina, è ora sottoposta a nuove sanzioni da tutto l’Occidente. L’ipotesi che i paesi europei sarebbero costretti a seguire Washington in tal senso, nonostante l’evidente danno a se stessi, sembra essere corretta data l’attualità. La messa in servizio del Nord Stream 2 e persino il funzionamento continuato del Nord Stream 1 potrebbero diventare problematici. L’unica fonte di energia economica e abbondante che l’Europa ha è la Russia. Non esiste un piano B a questo proposito in quanto non esiste un altro fornitore, sia orientale che occidentale, che possa eguagliare capacità e prezzi della Federazione Russa a questo proposito. Sanzioni drastiche, che l’Occidente minaccia da diversi mesi, porterebbero senza dubbio a contro-sanzioni e ad un’ulteriore svolta di Mosca verso l’Asia come spazio affidabile per i suoi prodotti e la cooperazione politica. Ciò andrebbe solo a vantaggio della Cina, la stessa Cina che è proclamata dagli Stati Uniti come il loro principale avversario globale. D’altra parte, la Russia ha affermato chiaramente le sue richieste e l’ulteriore espansione della NATO non può passare senza una sua reazione, soprattutto nei confronti dell’Ucraina o della Georgia, per non parlare dei paesi del Caucaso o dell’Asia centrale.
Le statistiche attuali mostrano che l’UE acquista il 35% del suo gas naturale dalla Russia e che Mosca, come fonte di energia, non può essere sostituita né in termini di prezzo né di quantità. Indipendentemente dalle direzioni e dalle inclinazioni ideologiche delle élites europee e dall’intera narrativa delle risorse rinnovabili, nel prossimo futuro la crescita e la ripresa economica europea, in particolare nella stessa Germania, che è salutata come il motore economico dell’Europa, dipende dall’energia russa, ma anche dall’esperienza russa nella costruzione di centrali nucleari.
All’altra estremità del supercontinente eurasiatico, a giudicare dalla dichiarazione congiunta della Federazione Russa e della Repubblica Popolare Cinese del 4 febbraio, Pechino sostiene pienamente l’atteggiamento della Russia nei confronti dell’Ucraina e della questione di un’ulteriore espansione della NATO, mentre la Russia, da parte sua, vede il problema di Taiwan come una questione interna alla Cina. La dichiarazione congiunta non si limitava alla geopolitica, ma includeva molti altri interessi comuni, come la cooperazione tecnologica, economica e di sicurezza, che possono essere visti leggendo più attentamente questo documento.
Le attuali operazioni militari sono derivate dall’atteggiamento irrazionale filo-occidentale e bellicoso delle autorità di Kiev e da chiare indicazioni che l’Occidente stesso non è interessato a incontrare Mosca a metà per quanto riguarda le preoccupazioni sulla sicurezza russa. La dichiarazione del presidente Zelensky sulla necessità che l’Ucraina, ancora una volta, diventi una potenza nucleare potrebbe essere stata solo l’ultima goccia di un vaso pieno dal punto di vista del Cremlino.
Data la nebbia di guerra ancora presente che circonda le attività militari di entrambe le parti, il quadro completo di ciò che sta accadendo esattamente sul campo deve ancora emergere, ma alcune cose sono chiare. Secondo i rapporti di singole fonti sui social media e le dichiarazioni pubbliche di Russia e Ucraina, sembra che le forze aeree russe abbiano raggiunto la quasi completa superiorità aerea sugli aerei dell’aviazione ucraina che sono ormai uno spettacolo sporadico o sono stati messi fuori combattimento dagli attacchi preventivi russi sugli aeroporti militari. Le navi della marina russa sembrano avere il controllo completo delle acque costiere ucraine. Le operazioni di combattimento a terra, sebbene ostacolate qua e là dalla resistenza ucraina, sembrano svilupparsi con l’intento, come previsto in precedenza, di prendere il controllo del territorio a est del Dnepr e coronare il successo con la cattura di Kiev, dato il suo valore morale e strategico. Le truppe russe, al momento della stesura di questo testo, hanno già preso l’aeroporto di Gostomel, ai margini della capitale e si sono unite alla spinta della Russia settentrionale che ha proceduto alla cattura di Chernobyl prima di spostarsi verso sud. I combattimenti nella capitale, Kiev, sono stati confermati e le colonne russe sono state viste fuori dalla città stessa. I combattimenti nel sud e nell’est dell’Ucraina continuano ancora con l’avanzata delle forze russe e delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk.
L’Occidente ha avuto la sua possibilità di agire, il che era implicito tante volte prima, ma tutto ciò che facevano i paesi occidentali, persino i movimenti di truppe, era di natura simbolica. Questo è il risultato dell’incapacità di impegnare effettivamente la Federazione Russa in una guerra aperta, combinata con la mancanza di un’idea guida collettiva che è stata, da molto tempo, sostituita dalle pressioni di Washington affinché i suoi interessi particolari debbano essere accettati come collettivi, nonostante i loro ovvi danno per l’Europa e per i suoi popoli.
In un modo o nell’altro, si sta concludendo la crisi in Ucraina, che perdura dal 2014. Entrambe le regioni dell’est, che hanno dichiarato la loro indipendenza molto tempo fa, sono state riconosciute dalla Federazione Russa che si è inoltre assunta l’obbligo di assistere queste repubbliche in tutti i modi possibili, compreso l’aiuto militare. Le stesse autorità ucraine hanno chiesto un cessate il fuoco e negoziati, offrendo la neutralità militare di Kiev, che il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha dimostrato di avere intenzione di accettare, ma solo dopo che le truppe ucraine abbiano deposto le armi.
L’esito della guerra è ancora da vedere, ma non c’è dubbio che questo sia un momento spartiacque dopo il quale né l’Ucraina né il mondo saranno gli stessi. Quasi tutti i leader e i media occidentali hanno accusato la Russia di aver violato il diritto internazionale e con ciò si può essere d’accordo o in disaccordo. Innegabile, tuttavia, è il fatto che l’Occidente stesso abbia riaperto questo particolare vaso di Pandora con lo scioglimento della Jugoslavia e l’aggressione contro Serbia e Montenegro nel 1999. Ora gli spettri delle loro precedenti azioni sono tornati a perseguitarli.
Traduzione di Alessandro Napoli