Attualità di Oswald Spengler nella fase storica del tramonto della civiltà occidentale

17.11.2016
Proseguiamo il nostro viaggio nel pensiero dei maestri della Rivoluzione Conservatrice con questa introduzione all'opera di Spengler, insuperato teorico del Tramonto dell'Occidente...

Guardato con sospetto, denigrato ed emarginato dagli intellettuali del suo tempo. Questo è stato Oswald Spengler uno degli esponenti della cosiddetta “Rivoluzione Conservatrice” ovvero di quel variegato gruppo di studiosi e letterati che nella Germania del post-grande guerra si opponevano alla Repubblica di Weimar e lanciavano senza mezze misure le proprie critiche al mondo dominato dalla democrazia, vera e propria maschera con i quali i signori del denaro dominavano i popoli.

Eppure nonostante letterati e studiosi suoi contemporanei lo avessero spesso aspramente criticato ed emarginato (invero qualcuno, pur non tributandogli i giusti riconoscimenti, evitò di dileggiarlo e mostrò interesse verso le sue teorie), Spengler divenne in poco tempo un vero e proprio punto di riferimento per migliaia di persone ed il successo della sua opera più famosa “Il Tramonto dell’Occidente” gli valse l’attenzione della rivista TIME che, in una recensione del 1928 così scriveva "Quando il primo volume de Il tramonto dell'Occidente uscì alcuni anni fa, furono vendute migliaia di copie. Il dibattito colto in Europa presto si concentrò sulle tesi di Spengler. Lo spenglerismo sprizzava dalle penne di innumerevoli discepoli. Era imperativo leggere Spengler, simpatizzare o ribellarsi. È ancora così".

In realtà dal 1928 ad oggi è passata tantissima acqua sotto i ponti eppure per molti il pensiero di Spengler ed alcune sue “intuizioni” appaiono più che mai attuali soprattutto in riferimento all’ormai conclamata “crisi della civiltà occidentale” analizzata e raccontata quotidianamente dagli intellettuali e dai media.

Ma cosa ci raccontava, cosa aveva visto Oswald Spengler che lo aveva portato a sancire in modo netto, con chiarezza il tramonto dell’Occidente?

Secondo Spengler la storia non poteva che essere studiata guardando ad ogni singola civiltà, la quale, totalmente diversa ed inconciliabile con qualsiasi altra, presentava un proprio processo organico del tutto simile ad un organismo umano.

Dall’infanzia alla vecchiaia per terminare con la necessaria ed inevitabile morte, ogni civiltà apparsa nella storia ha vissuto e vivrà tali fasi ed appare impossibile arrestare il corso della necessità. “Le civiltà sono degli organismi. La storia mondiale è la loro biografia complessiva”. Non fa naturalmente eccezione la civiltà occidentale, la quale, secondo Spengler, nella seconda metà dell’800 è passata definitivamente alla fase della “civilizzazione” avendo esaurito la propria spinta vitale e creatrice.

Proprio sulla comparazione tra “Kultur” e “Civilizzazione” ovvero tra fase creativa di massima espansione spirituale di una civiltà e fase di decadenza contraddistinta dal freddo ripetersi di azioni senz’anima e dal predominio del denaro – come nel caso della civiltà occidentale – Spengler costruirà la sua imponente opera de “Il Tramonto dell’Occidente” attraverso la quale opererà una comparazione tra quelle che a suo giudizio sono state le principali civiltà nella storia. Egli ne individuò otto: babilonese, egiziana, indiana, cinese, ellenico-romana, araba, occidentale e quella dei Maya soffermandosi maggiormente sul confronto tra la civiltà antica (greco-romana) e quella occidentale della quale egli era convinto di viverne l’agonia in vista del tramonto inevitabile. Critiche alla civiltà occidentale che non erano certo nuove o comunque isolate: Spengler difatti si è formato sui testi di Nietzsche e Goethe dai quali ha tratto ampio spunto nel definire le civiltà come organismi in sé destinati ad avere una fase di grande forza spirituale e creativa a cui segue necessariamente una decadenza in cui gli uomini che vi appartengono si presentano progressivamente sempre più come automi incapaci di produrre alcuno sforzo creativo e di espansione.

Come non scorgere la corrispondenza con il confronto tra apollineo e dionisiaco di Nietzsche in queste idee che portarono Spengler a definire la dicotomia apollineo/faustiano come caratterizzante le due civiltà cui egli dedica maggior attenzione? La greco-romana antica viene soppiantata dalla fase di civilizzazione di quella occidentale all’interno della quale l’uomo è come il Faust di Goethe tutto proteso all’azione, alla pianificazione incontrollata verso il futuro ed all’interno del quale non esistono più limiti.

Risulta evidente che la visione della storia delle civiltà e della loro essenza  ed esistenza come organismi, proposta da Spengler, apriva le porte ad un relativismo totale, poiché se non esistono possibilità di dialogo allora non possono esserci nemmeno valori universali condivisi. “Ma l'umanità non ha alcuno scopo, alcuna idea, alcun piano, così come non lo ha la specie delle farfalle o quella delle orchidee: umanità è o un concetto zoologico o un vuoto nome” afferma nel Tramonto dell’Occidente.

A fare le spese di una tale impostazione è anche l’idea di progresso lineare: Spengler si pose così in totale antitesi agli entusiasmi del positivismo e dell’illuminismo, ripudiando gli sviluppi imposti dalla “civilizzazione” della civiltà occidentale che, al contrario del progresso tanto ricercato e rincorso dagli intellettuali del suo tempo, viveva una fase contraddistinta dal nichilismo e dall’aridità propria di ogni civiltà che si ritrova a fare i conti con la fine della spinta vitale e creatrice.

In questo senso possiamo quindi definire Spengler uno dei principali esponenti della Rivoluzione Conservatrice perché con la sua riflessione rifiutava le idee di progresso così diffuse nell’Europa del primo novecento grazie all’enorme produzione ed elaborazione culturale e concettuale sortita dall’Illuminismo, dalla rivoluzione industriale ed ovviamente dal positivismo e dal marxismo. Isolato dalla massa degli intellettuali del suo tempo, Spengler, grazie alla sua espressività, riuscì ad imporsi al grande pubblico ed influenzare i dibattiti dell’epoca lasciando in eredità ai posteri numerose analisi ed esempi che tutt’oggi sono oggetto di studio in quanto, nonostante il dominio del politicamente corretto, è opinione comune di molti che l’Occidente stia attraversando una profonda crisi d’identità e valori della quale a farne le spese è anche la stessa democrazia rappresentativa. Nell’era della turbo-finanza tornano alla mente le critiche di Spengler alla democrazia liberale colpevole a suo giudizio di essere al servizio e maschera di un solo padrone ovvero il denaro. Siamo forse giunti al “Tramonto dell’Occidente” così come lo conosciamo?