VLADIMIR PUTIN E LA RIVOLUZIONE CONSERVATRICE
Nel corso del suo primo mandato presidenziale, Vladimir Putin ha provato, in un modo al tempo stesso ostinato e disperato, a suggerire all’opinione pubblica la prospettiva politica che intendeva proporre alla nazione. In molti avrebbero preferito che egli si esprimesse in proposito con maggiore chiarezza e concretezza. Lo stile di Putin, però, tende ad assumere una certa vaghezza: lancia un’idea, ma poi lascia ampi margini all’interpretazione. Eppure, a poco a poco, i pezzi del puzzle hanno cominciato a mettersi insieme. L’enigmatico Putin, al tempo stesso accigliato e sorridente, alla fine ha deciso di comunicarci che il suo programma presidenziale può essere definito con una semplice parola: Conservatorismo.
Pertanto, possiamo affermare che, nel corso dei suoi due primi mandati presidenziali, Putin ha governato la Russia sulla base di un programma “conservatore” e che intende proseguire su questa strada anche nel suo terzo mandato. Ma qual è l’effettivo significato della parola “conservatorismo” nella Russia moderna?
L'essenza del conservatorismo
In generale, possiamo intendere il Conservatorismo come un atteggiamento positivo nei confronti della Tradizione. Il conservatore rivendica la storia politica e sociale del suo popolo, la prende a modello e si pone in continuità con le radici etniche e culturali della propria gente. Tutte le correnti del Conservatorismo tendono a giudicare positivamente il passato. Non necessariamente esso è percepito come positivo nella sua interezza, ma un conservatore coerente non assumerà mai un atteggiamento di rifiuto totale nei confronti di alcun periodo della storia del suo popolo.
Inoltre, il conservatorismo coltiva come suo presupposto l’idea che il Popolo e lo Stato sono investiti da una missione storica. Tale idea è variabile: può assumere le forme di un messianismo religioso universalista o limitarsi alla consapevolezza dell’importanza della difesa della propria identità nazionale. In ogni caso, il passato, il presente ed il futuro, agli occhi del conservatore, sono indissolubilmente legati tra loro da un progetto teso a realizzare un preciso obiettivo nazionale. Qualunque sia la decisione che egli deve prendere, sia essa di natura politica od economica, il conservatore, contestualmente, guarda al passato e pensa al futuro. Il conservatore cerca punti di riferimento nel passato e ragiona in una logica di lungo periodo. La sua priorità non è il vantaggio a breve termine. Il suo è un orizzonte temporale, geografico e valoriale di ampia portata.
Il conservatore è un convinto sostenitore della propria cultura nazionale e si sforza di conformarsi alle sue regole. Si sottopone ad innumerevoli fatiche: dall’obbligo della preghiera alla doccia fredda mattutina. Antepone il senso del dovere, l’onore, il bene pubblico, la fedeltà alla Tradizione e la sua reputazione personale alla comodità, ai benefici, al profitto o alla popolarità.
• Un conservatore è riservato e preferisce parlare in modo prudente e solo dopo aver attentamente ponderato le parole.
• Un conservatore è civile e ha sempre un paio di occhiali extra, anche se ha una vista perfetta.
• Un conservatore è turbato dalla realtà che lo circonda e seleziona accuratamente i libri da leggere.
• Un conservatore non si considera mai tale.
• Un conservatore sorride alzando gli angoli della sua bocca e non gesticola mai.
Chi non rispetta tali requisiti non è propriamente un conservatore, è solo ...
Fondamenti del Conservatorismo
Il fondamento filosofico del Conservatorismo è il rifiuto dell’attuale, che lo pone in disaccordo con lo stato di cose esistente.
Il fondamento filosofico del Conservatorismo ha un nome: Tradizionalismo.
Il Tradizionalismo è una forma di Conservatorismo che rigetta la Modernità nella sua interezza, non solo alcuni suoi aspetti. L’idea di Progresso, lo sviluppo della Tecnica, il dualismo cartesiano soggetto-oggetto, la metafora del dio-orologiaio di Newton, il paradigma positivista della scienza contemporanea ed il modello educativo derivato da esso, la pedagogia, ciò che noi chiamiamo modernismo e post-modernismo: su tutto questo il Tradizionalismo esprime un giudizio negativo. Un tradizionalista apprezza solo ciò che è esistito prima dell’avvento della modernità. Nel XX secolo, quando sembrava non fosse rimasta disponibile alcuna piattaforma sociale per una simile forma di Conservatorismo, è apparsa all’improvviso, quasi dal nulla, una galassia di pensatori e filosofi pronti a sostenere, in forme radicali e coerenti, le posizioni tradizionaliste: René Guenon, Julius Evola, Titus Burckhardt, Leopold Ziegler ed altri. Costoro hanno proposto un programma di rifondazione del Conservatorismo, descrivendo la società tradizionale come un ideale senza tempo ed il mondo contemporaneo (la Modernità),ed i principi sui quali esso si fonda, come l’effetto di un declino, una forma di degrado caratterizzata dal mescolamento delle caste, dalla disintegrazione della gerarchia, dallo spostamento dell’attenzione dallo spirituale al materiale, dal Cielo alla Terra, dall’eterno al transeunte. E’ possibile oggi trovare conservatori radicali tanto in ambienti ortodossi quanto cattolici. Essi rifiutano categoricamente la Modernità e ritengono che i precetti religiosi rivestano un ruolo di massima importanza, laddove il mondo contemporaneo e i suoi valori sono, in realtà, l’incarnazione dell’Anticristo e, soprattutto, che nulla di buono può derivare da essi per l’uomo.
Tali idee sono comuni tra i Vecchi Credenti Russi (una variante della Chiesa Ortodossa n.d.t.). Sugli Urali, ad esempio, vive una comunità che non utilizza la corrente elettrica, in quanto la considera “la luce di Lucifero”. Costoro utilizzano solo rami di pino e candele. Esistono persino sette che vietano rigorosamente il caffè. Quando nel Settecento un gruppo di giovani russi cominciò ad usare i pantaloni a scacchi, seguendo la moda dell’epoca, i “Fedosevans” convocarono un’assemblea nella città di Kirmy, la cosiddetta “assemblea dei pantaloni”, per decidere se chi indossava i pantaloni a scacchi dovesse essere scomunicato. L’assemblea si spaccò: una parte pretese che essi fossero cacciati dalla comunità, l’altra si oppose a questa idea.
Anche gli Stati Uniti hanno una loro tradizione conservatrice, la quale, ovviamente, si fonda sui loro interessi e la loro storia. Contraddistinto da una dose notevole di messianismo (“la civiltà americana è l’apice della storia umana”), il conservatorismo statunitense venera il passato del suo paese, si sforza di preservarne la grandezza presente, per aumentarla in futuro. I conservatori americani sono fedeli ai valori patriottici ed alle norme religiose, politiche, sociali e culturali elaborate nel corso dello sviluppo storico del loro paese. Tutto questo è assolutamente naturale e, di conseguenza, il conservatorismo americano è una realtà florida: gli Stati Uniti hanno raggiunto uno straordinario potere nello scenario internazionale e questo rende i cittadini americani orgogliosi e fermamente convinti della giustezza delle proprie azioni. In America, una quota significativa dell’elettorato repubblicano si riconosce nelle posizioni del conservatorismo radicale ed i programmi televisivi realizzati dai fondamentalisti protestanti, nei quali la modernità e la post-modernità vengono pesantemente criticate, sono seguiti da milioni di persone.
Tuttavia, l’emulazione del conservatorismo americano “repubblicano” in Russia produce effetti assurdi: i valori che dovrebbero essere “conservati”, infatti, non solo sono del tutto estranei alla Russia antica e tradizionale, ma sono anche fondamentalmente alieni alla società russa contemporanea.
La Russia è, infatti, un antico Impero “terrestre”, dotato di un forte spirito comunitario, caratterizzato da un modello di governo particolarmente complesso e da un suo peculiare messianismo. Gli Stati Uniti sono, invece, una grande potenza “marittima” relativamente recente, volutamente concepita come un laboratorio sperimentale di quei principi valoriali democratici e “borghesi” maturati in seno alle sette ultra-protestanti. Quello che per gli americani è un valore, per i russi è peccaminoso e disonorevole. Ciò che essi reputano degno di rispetto, per noi è disgustoso, e viceversa.
La Russia si muoveva da Est, gli Stati Uniti da Ovest. Sì è vero: loro hanno vinto e noi abbiamo perso. Hanno dimostrato di essere più forti. Ma, in base alla nostra logica, Dio non è potere. Dio è verità. Questo è ciò che afferma un corretto e coerente conservatorismo russo. Ovviamente, il conservatorismo americano sostiene esattamente il contrario.
Negli Stati Uniti la globalizzazione viene sia appoggiata che criticata. E’ il loro progetto, quello attraverso il quale perseguono il dominio del mondo: alcuni americani lo condividono, altri no. Alla Russia, invece, la globalizzazione è stata imposta dall’esterno. Noi possiamo anche rassegnarci a questo stato di cose, riconoscere la nostra sconfitta ed aderire al sistema di valori americano. Questo atteggiamento è possibile e ha un nome: Collaborazionismo, ovvero l’esatto opposto del Conservatorismo.
Ciascun popolo ha il suo peculiare Conservatorismo, perché ogni Nazione elabora nel corso del tempo il proprio sistema di valori su cui fonda la sua identità nazionale. Ora il frutto dell’elaborazione culturale scaturito dalla storia americana non ha nulla a che vedere con quanto germogliato dalla storia russa e un conservatore è sempre fedele alle proprie tradizioni, alla propria gente, ai propri ideali – non solo quando essi sono all’apice dello splendore, ma anche quando vengono profanati e disprezzati da tutti.
La Scelta Conservatrice
Il conservatorismo russo contemporaneo deve saper essere allo stesso tempo non comunista (la dottrina comunista ha sempre negato l’idea che il regime sovietico fosse una continuazione dello zarismo e ha inoltre considerato le recenti riforme democratiche in modo estremamente negativo); non-liberale (il liberalismo è intrinsecamente rivoluzionario e insiste sulla rottura radicale sia con il passato sovietico sia con l'eredità zarista); non monarchico (il “monachismo” tende ad escludere i periodi democratici, sia sovietici sia liberali recenti, dalla storia nazionale).
La particolarità della storia politica russa del XXI secolo sta nel fatto che le sue tappe principali si trovano in una diretta e profonda opposizione concettuale tra di loro e si sono realizzate e hanno avuto successo non attraverso una naturale continuità, ma grazie a rivoluzioni e radicali sconvolgimenti. Ci troviamo, quindi, di fronte ad una seria sfida per il conservatorismo russo contemporaneo: la continuità e l’identità della Russia e del popolo russo non sono chiaramente visibili guardando superficialmente la società; se vogliamo conseguire una coerente visione conservatrice è indispensabile fare uno sforzo che ci ponga ad un più alto livello concettuale che ci conduca ad un nuovo paradigma storico, politico, culturale e nazionale. Il conservatorismo russo contemporaneo non è un dato di fatto, ma un compito da realizzare.
Il conservatorismo russo deve saper combinare in modo coerente le diverse stratificazioni storiche e geografiche della nostra storia nazionale. Qui è necessario ricordare che, nel corso dei primi anni del regime Sovietico, gli Eurasisti hanno molto insistito sulla continuità culturale dell’URSS rispetto all’impero russo.
Concepire il conservatorismo russo contemporaneo significa sostanzialmente concepire l’Eurasismo, il quale è una sintesi della storia politica russa basata su di una metodologia geopolitica e culturale unica. La Russia, intesa in quanto Eurasia, rivela così la sua essenza permanente e la sua identità storica – essa, dal mosaico rappresentato dalle tribù slave, turche e finniche, attraverso i Rus’ di Kiev e Mosca, giunge al grande impero continentale, prima “bianco” e poi “rosso, fino all’attuale Russia democratica, che si mostra un po’ indecisa, ma sta finalmente mettendo insieme i propri pezzi per compiere un nuovo balzo storico.
Sono convinto che la storia ci costringerà molto presto a rendere più chiare le nostre posizioni e più limpida la nostra retorica affinchè si mostri più precisa. Non abbiamo altra scelta al di fuori del conservatorismo: saremo costretti ad abbracciarlo da spinte provenienti tanto dall’esterno quanto dall’interno. Ma cosa dovremmo fare di quello spirito rivoluzionario, di quella volontà, di quella ardente fiamma di ribellione che cova in segreto nel cuore russo, disturbandone il sonno e spingendoci a seguirlo verso terre lontane? Io penso che dovremmo investire la nostra forza continentale in un nuovo progetto conservatore. E lasciare che esso diventi la nuova forma della nostra Rivoluzione: la Rivoluzione conservatrice, la Rivoluzione nazionale da realizzare in nome di un grande sogno…
Putin e il conservatorismo
Il paradigma politico fondamentale di Putin e dei suoi sostenitori credo sia una sorta di conservatorismo universale in grado di comprendere tutto, dal liberalismo illuminato al conservatorismo sociale e radicale. L’alternativa è rappresentata dal liberalismo e dall’atlantismo, ereditati dal periodo precedente, e che conservano ancora alcuni elementi in seno all’amministrazione presidenziale e tra i suoi esperti e consulenti. Putin, da parte sua, è fautore di una’idea di mobilitazione economica e sociale capace di rafforzare la sovranità nazionale della Russia.
Potremmo definire tale posizione come un “conservatorismo attivo”, un “conservatorismo radicale”, o ancora un appello alla Rivoluzione Conservatrice. Putin intende dare consistenza al conservatorismo e dotarlo di una capacità di ”resilienza” politica. Questo sforzo è notevolmente rallentato dalla mancanza di volontà e dall’atteggiamento passivo dei funzionari statali, dei partiti centristi e, probabilmente, delle stesse masse popolari; la sua politica è rallentata da un entourage che ostacola la direzione intrapresa. Esso non è intellettualmente concentrato sull’obiettivo, non ci sono istituzioni adeguate, né strumenti politici in grado di perseguirlo. Questa è la ragione per cui molti discorsi di Putin sono conservatori in modo passivo, accennano soltanto agli obiettivi da raggiungere e si limitano a preservare lo status quo. E’ questa la principale contraddizione di Putin e della sua azione: Putin si rende conto della necessità di promuovere misure attivamente conservatrici che portino il paese fuori dalla stagnazione, ma non può applicarle fino in fondo. E’ in atto un sabotaggio passivo delle iniziative di Putin da parte dei membri più stretti del suo entourage.
La seconda centrale di resistenza è costituita dagli oligarchi. Essi non vedono la necessità di rafforzare l’amministrazione centrale e sono abbastanza soddisfatti dello status quo. Essi sono interessati soltanto a tenere il conservatorismo sotto controllo, per spogliarlo dei suoi elementi ideologici e depotenziarlo (Pyotr Aven e Alfa-Bank) o favorirne una graduale evoluzione in senso liberale.
La terza è formata dai liberali irriducibili. Essi sono pochi ed il loro paladino è Anatoly Chubais, il cui interesse primario è rivolto all’economia ed all’amministrazione, piuttosto che al dato ideologico. Detto questo, Chubais, di fatto, non ostacola il corso ufficiale; semplicemente lo ignora amichevolmente, restando fedele all’autorità.
Non è da escludere, tuttavia, la possibilità che venga replicata una privatizzazione delle compagnie pubbliche, simile a quella realizzata nel 1990. Questo fenomeno di ri-privatizzazione è in atto in molti paesi in cui lo Stato e le istituzioni pubbliche hanno un ruolo significativo nell’acquisizione di proprietà. La burocrazia ruota e oggi appaiono nuovi avidi funzionari, che un tempo erano corrotti e ora elemosinano per avere di più, sebbene i proprietari ritengano di aver già pagato tutto. Le condizioni per una ri-privatizzazione in Russia stanno maturando. Dal punto di vista legale essa può essere organizzata in vari modi, mentre dal punto di vista politico può essere presentata come una fase intermedia della ri-nazionalizzazione o ammantata di patriottismo.
Insomma, chi è veramente Vladimir Putin?
Questa domanda, posta già all'inizio della carriera di Putin, fu formulata in una fase storica in cui assistevamo al passaggio dal modernismo al post-modernismo del linguaggio politico della Russia contemporanea. Il modernismo illuminista classico vede più in Putin l’uomo, con le sue peculiari caratteristiche, che il politico. Nel post-modernismo, invece, la persona è un vuoto spot –un insieme di frammenti verbali inseriti in un contesto linguistico. L’immagine di Vladimir Putin, dunque, non deriva dalla conoscenza dell’uomo o dall’analisi delle sue azioni, ma da giochi linguistici.
Quando le persone che conoscono personalmente il nostro Presidente sentono ciò che in Occidente si dice di lui, cascano letteralmente dalle sedie. Questo accade perché il Putin, così come viene rappresentato in Occidente, semplicemente non esiste. Sono stati formulati report e giochi verbali su Putin in Russia e in Europa e l’impressione negativa che se ne è ricavata in Occidente non ha nulla a che fare con il personaggio reale. Gli occidentali considerano Putin un “nano politico”, sprovvisto di ideologia, protetto dai circoli più reazionari e dalle frange più efferate dei servizi segreti. Noi, dal canto nostro, conosciamo un altro Putin. Egli è il frutto del nostro modello cerimoniale, con il suo stile il più delle volte bizantino.
Putin non è una mera persona. […] La costruzione dell’impero eurasiatico avrà in Putin lo strumento per la sua realizzazione. Che Putin sia stato scelto o meno dai servizi segreti per accelerare la costruzione di questo impero, resta un mistero. Un’asserzione che non può essere né confutata né confermata. Il progetto “Vladimir Putin e impero eurasiatico” non è semplicemente il passato, il presente e il futuro. Chi possiede una visione agisce in uno spazio in cui passato e futuro coesistono.
Cosa pensino effettivamente Putin e il suo entourage di questa interpretazione del ruolo storico del presidente è meno importante rispetto al nostro modo di intendere la sostanza ed il quadro generale all’interno del quale è possibile lo sviluppo di questo progetto imperiale. Come disse una volta lo scrittore romantico tedesco Novalis, è possibile comprendere meglio l’essenza dell’antichità attraverso le fiabe piuttosto che da dettagliate cronache storiche. Solo persone totalmente inette o intellettualmente deficienti possono ritenere, come il primo Ludwig Wittgenstein o i positivisti, che un ricercatore abbia bisogno della verità dei fatti. Non esiste una simile verità: essa è già stata cercata da persone assai più dedite allo studio di questi filistei russi contemporanei. Da menti sicuramente più profonde ed acute. Putin in quanto personaggio reale semplicemente non esiste, mentre l’interpretazione proposta da Jean Parvulesco merita una seria riflessione perché sotto il profilo intellettuale, stilistico e prospettico ruota attorno alla metafisica del nostri spazi sconfinati e del nostro grande popolo. Questo è il motivo per cui intendere “Putin come il costruttore del grande impero eurasiatico” risulta essere l’interpretazione più corretta e realistica della sua missione storica, mentre tutta l’immondizia prodotta sul suo conto, contro di lui o a suo sostegno, finirà presto al macero. Il Putin “costruttore dell’impero” sopravviverà, anche se lui stesso rifiutasse una simile rappresentazione. Egli è il ritratto della nostra epoca. Non solo dell’uomo Putin, ma dell’intera Russia. L’impero eurasiatico è inevitabile. Esso è nell’ordine naturale delle cose. Ciò è stato ben compreso da Robert Gates e Geoffrey Hosking, oltre che dalle élites occidentali che governano il mondo contemporaneo. L’impero eurasiatico era, è e sarà sempre, e Putin, ovviamente, è indissolubilmente collegato ad esso.