La Tradizione nella vita e nel pensiero di Julius Evola

05.11.2016
Con questa piccola introduzione ad Evola inauguriamo una rubrica dedicata ai maestri del Pensiero della Rivoluzione Conservatrice

La parola "Tradizione", usata per indicare un sistema di conoscenze superiori, in senso spirituale, è oggi patrimonio diffuso e condiviso anche grazie a Julius Evola, che però deve il suo orientamento in questo senso alle opere di Renè Guenon, che per primo formulò diverse teorie attorno a tale definizione.

Julius Evola acquisì il concetto di Tradizione, nelle modalità che appresso approfondiremo, negli anni '20 del novecento, attraverso il contatto con Arturo Reghini, il quale introdusse Evola in un ambito di conoscenze ed indirizzi fino ad allora ad egli completamente sconosciuto.

Di questo passaggio parla Evola nella sua autobiografia (Il cammino del Cinabro): "Ho già accennato che fu Reghini a segnalarmi per primo le opere del Guénon... A poco a poco capii tutta la portata dell'opera del Guénon, la quale mi aiutò a centrare su di un piano più adeguato l'intero mondo delle mie idee. La critica contro la civiltà moderna era, nel Guénon, potenziata, ma, a differenza di quella di vari autori contemporanei più o meno noti, in lui aveva una precisa controparte positiva: il mondo della Tradizione, considerato come il mondo normale in senso superiore. Era di fronte al mondo della Tradizione che il mondo moderno appariva come una civiltà anomala e regressiva, nata da una crisi e da una deviazione  profonda dell'umanità. Questo fu appunto il tema basilare che andò a completare il sistema delle mie idee: la Tradizione. Nel Guénon tale termine ha un significato speciale. Anzitutto viene usato al singolare, con riferimento ad una tradizione primordiale di cui tutte le varie particolari tradizioni storiche premoderne sono state promanazioni, riflessi o forme varie di adattamento e di espressione".

Negli anni '20 Evola si dedicava all'astrattismo mistico in seno al movimento dadaista, del quale fu uno dei maggiori esponenti, sia in veste di pittore che di sostenitore dei temi spirituali.

Questi anni di intenso approfondimento ideale, lo porteranno a quello che è stato definito "il periodo filosofico". Essenziale in questo percorso è l'opera "Teoria e fenomenologia dell'individuo assoluto", del 1923, forse scritta durante la prima guerrra mondiale. Nello schema qui espresso, Evola indica l'obiettivo del superamento della filosofia moderna attraverso una forma di idealismo "magico", che darà il titolo alla sua successiva opera. E' quindi un Evola mistico-filosofico che si avvia all'incontro con la dottrina della Tradizione, tutto concentrato sulle possibilità dell'Io, da manifestarsi in un individuo dai tratti simili all'Übermensch di Nietzsche, ma con maggior riferimento all'eperienza individuale magica e sovrasensibile.

L'incontro con Reghini e Guenon apre ad Evola scenari ricercati ma certamente poco conosciuti.

Secondo il pensiero tradizionale, sono le antiche scuole, le religioni (qui il pensiero di Reghini e di Evola prenderà strade diverse da quelle di Guenon) i sodalizi sapienziali, che possono trasmettere la conoscenza necessaria al superamento dell'Io storico. In una parola, l'iniziazione, lo stato di conoscenza e coscienza superiore, non può essere solo frutto di un viaggio interiore dell'Io, che da solo procede verso la morte e rinascita spirituale, ma sopratutto di un contatto con fonti sapienziali rappresentate da chi ha ereditato le conoscenze de "l'arte reale".

Virando verso l'ipotesi tradizionale, Evola fonda insieme a Reghini ed altri, la rivista Ur, nella seconda metà degli anni '20.

Del Gruppo di Ur, sodalizio che si occupò della pubblicazione di scritti di vario ordine, ma anche di una azione magica volta ad influenzare la realtà, tanto si è detto e scritto. Scrive ancora Evola su Reghini: "era un esaltatore della romanità « pagana », nella quale si rifiutava di vedere una realtà soltanto politica e giuridica con un contorno di culti e di pratiche superstiziosi, come secondo il giudizio più corrente; invece egli si era dato a mettere in risalto il fondo sacrale, se non pure iniziatico, di vari aspetti riposti di essa, in questi termini egli difendeva una sapienza e una visione romana della vita e del sacro, e la contrapponeva nel modo più drastico al cristianesimo. Dato quello sfondo, una tale antitesi aveva evidentemente un carattere assai diverso di quella propria all'anticristianesimo di tipo nietzschiano. Pel Reghini il cristianesimo era una credenza esotica, fondata su di una spiritualità equivoca, facente appello agli strati irrazionali, sub-intellettuali e sentimentali dell'essere umano; era la religione di un « proletariato spirituale », inseparabile dall'ebraismo, deI tutto estranea allo stile, agli ideali, all'etica, alla severa sacralità della migliore romanità.

Con Arturo Reghini, Goffredo Parise, Moretto Mori ed altri partecipanti del gruppo magico-operativo, che ebbe ben altra funzione rispetto agli scritti che apparivano sulla rivista "Ur", Julius Evola diede vita ad una breve ma intensa stagione operativa, nella quale l'idea di Tradizione, e segnatamente la Tradizione italica e romana,  si ripropose al centro di una rinnovata attività rituale di carattere esoterico.

"Circa il « Gruppo di Ur », accennerò infine che venne altresì intrapreso il tentativo di creare una « catena » mediante pratiche collettive. I criteri seguiti e le corrispondenti istruzioni sono stati esposti in due monografie di Introduzione. Fra gli appartenenti a questo gruppo operativo due elementi almeno erano dotati di reali poteri. Quanto alle finalità, quella più immediata era il destare una forza superiore da servire d'ausilio al lavoro individuale di ciascuno, forza di cui eventualmente ciascuno potesse far uso.

Vi era però anche un fine più ambizioso, cioè l'idea che su quella specie di corpo psichico che si voleva creare potesse innestarsi, evocazione, una vera influenza dall'alto. In tal caso non sarebbe stata esclusa la possibilità di esercitare, da dietro le quinte. un'azione perfino sulle forze predominanti nell'ambiente generale di allora. Quanto alla direzione di tale azione, i punti principali di riferimento sarebbero stati più o meno quelli di Imperialismo Pagano e degli ideali «romani» di Arturo Reghini" (Op.cit.).

L'idea di Tradizione in senso generale, divenuta specifica attraverso una particolare Tradizione, quella incarnata da Roma e dalla sua azione eterna, è ben rappresentata dalla sua opera intitolata "Imperialismo Pagano", del 1928, che ci ricorda le nostre origini spirituali mediterranee, italiche: l'unica Tradizione possibile, reale, antitetica al desertico cristianesimo, espressione di uno spirito messianico e salvifico che non appartiene all'anima indoeuropea di Roma e dell'Italia.  

Da quel momento in poi, e fino alla fine dei suoi giorni, attraverso pietre miliari della produzione letteraria tradizionalista, da "Rivolta contro il mondo moderno", a "Gli Uomini e le rovine" e "Cavalcare la tigre", Evola non abbandonò mai più né l'idea né la speranza della Tradizione intesa come fondamento di sapienza custodito da pochi, sempre pronto a riaffiorare visibilmente nella Storia.  

Evola è certo che "La tradizione in senso aristocratico e segreto, come deposito custodito da pochi, da una élite dietro le quinte della storia”, scrive in Rivolta contro il mondo moderno,  “in questo senso sotterraneo, la Tradizione è sempre esistita, esiste anche oggi e non certo per una qualsiasi contingenza dei destini degli uomini essa andrà perduta”.