ITALIANI RAPITI IN LIBIA: Gli investigatori lasciano Ghat per mancanza di mezzi

23.09.2016
Le autorità libiche mostrano scarso interesse verso il caso dei due italiani e del loro compagno canadese rapiti nel sud del paese

La squadra di investigatori italiani giunta ieri mattina a Ghat, nella regione del Fezzan nel sud della Libia, per indagare sul rapimento dei due connazionali sequestrati lo scorso 19 settembre da un commando armato, avrebbe già lasciato in serata la città libica. E' quanto hanno riferito fonti della sicurezza locale citate dalla testata on line libica "al Wasat".

Gli investigatori italiani avrebbero preferito lasciare l'area a causa dell'impossibilità di condurre le indagini dovuta alla scarsezza dei mezzi a loro disposizione. Decisiva la mancanza di benzina e di Jeep. Per il sito gli investigatori italiani sarebbero "rimasti sorpresi per la scarsa importanza data dalle autorità libiche al caso del sequestro dei tre stranieri", due italiani e un canadese, che lavoravano presso l'aeroporto locale.

Ieri il vicepremier del governo di accordo nazionale libico, Musa al Kuni, ha condannato il rapimento dei due cittadini italiani e del loro collega canadese avvenuto due giorni fa nei pressi di Ghat, nel sud della Libia. In un messaggio diffuso su Twitter, al Kuni - rappresentante della regione meridionale del Fezzan all'interno del Consiglio presidenziale di Tripoli - ha affermato che "il rapimento criminale dei tre tecnici nel sud della Libia" che "stavano operando per la ricostruzione di una infrastruttura di Ghat" va duramente condannato. In un secondo messaggio sui social network, al Kuni ha aggiunto che "il Consiglio di presidenza, insieme alla popolazione di Ghat, di Obari e delle aree di confine, intensificherà gli sforzi politici e di sicurezza per cercare i rapiti". 

Il Consiglio comunale di Ghat ha escluso che i due italiani rapiti siano stati sequestrati da terroristi, ritenendoli nelle mani di un gruppo fuorilegge già noto alle autorità. Secondo il giornalista algerino Otman Lahiani, rapito e liberato lo scorso 22 agosto in Libia insieme ad altri due giornalisti tunisini mentre si stavano recando verso l'aeroporto di Tripoli, "non vi è alcuna presenza di Daesh" (acronimo arabo per Stato islamico) nell'area dove sono scomparsi gli italiani.

"Conosco la zona dove sono stati rapiti gli italiani. E' sotto il controllo delle milizie e delle tribù, che hanno sostituito lo Stato. Qui non c'è Daesh", ha detto il giornalista algerino ad "Agenzia Nova". Secondo Otman Lahiani le tribù locali "chiedono regole federali" allo Stato centrale. "Queste milizie rapiscono a scopo di estorsione o per risolvere alcuni problemi con le entità statali. Per esempio, tempo fa vennero rapiti dei diplomatici tunisini per chiedere il rilascio di un leader arrestato in Tunisia", ha detto Otman, in riferimento al caso di Walid al Qalib, leader delle milizie di "Alba della Libia" rilasciato in seguito al rapimento di otto diplomatici tunisini nella capitale libica.

Lo scorso 22 agosto Otmane Lahiani è stato sequestrato da un gruppo armato composto da otto persone lungo la strada verso l'aeroporto di Tripoli. Due macchine hanno tagliato la strada alla sua vettura, costringendo Lahiani, due colleghi tunisini (Sofiene Chourabi e Nadhir Gtari) e l'autista libico a salire nel bagagliaio dell'auto dei rapitori, per essere poi portati in una casa abbandonata in un luogo non definito. Tutti sono stati liberati nel giro di quattro ore.