Il multipolarismo come necessità imperiale e mitogonica
Mi scuso per la mia scarsa pronuncia perché non padroneggio la lingua inglese. Tuttavia, mi impegno per i prossimi incontri a studiare il francese, una lingua che mi affascina.
Il multipolarismo come nuova tendenza mondiale vitale nelle relazioni geopolitiche e internazionali e come nuova mentalità cooperativa e partecipativa ha le sue ragioni d'essere più profonde in una necessità tanto logica quanto mitogonica, che attiene alla struttura stessa della realtà e alla struttura della dimensione imperiale del potere. Per "mitogonico" (termine che ho inventato qualche anno fa in occasione della pubblicazione del mio libro Mitogonia) intendo l'essenza dinamica e performativa del Mito, cioè la sua irradiazione vitale e atemporale. Il termine deriva dall'unione della parola mito con quella che indica combattimento, lotta, sfida (ago, agoghè). Ago" significa anche celebrare, festeggiare, guidare, eccitare, sollevare. Se il Mito non fa questo, è solo uno studio del Mito, un tentativo etno-storico e non va oltre. Non "mitogonia" da ghignomai, come discesa, ma come profonda capacità di agire, di incidere. Un movimento che nasce dall'interno, dall'abisso. Fino a qualche anno fa, parlare di "imperi" evocava lontani studi da ragazzo, il ricordo dei Babilonesi e degli Assiri e al massimo qualche vestigia dell'antica Roma. Niente di più antico, superato e quasi ridicolo. Oggi, di fronte alla necessità di accettare realisticamente una situazione socio-esistenziale sempre più complessa, eterogenea, stratificata e contraddittoria, tra spinte tecnologiche avveniristiche e un desiderio sempre più diffuso di una vita più organica e anche più arcaica e naturale, emerge un nuovo amore nostalgico per le "piccole patrie" e il riconoscimento della necessità di una dimensione imperiale come unica forma culturale in grado di gestire tale complessità e governarla in modo armonico ed equilibrato. Il multipolarismo ci appare quindi oggi come l'essenza intrinseca e senza tempo di ogni realtà imperiale, sia come proiezione interna, federale e autogestita, sia come proiezione esterna autorevole. Quasi ogni vero impero è federale al suo interno e multiforme anche nella sua capacità di proiezione esterna. Il feudalesimo italiano è stato, dall'imperatore Costantino in poi e per quindici secoli, la massima e più vitale espressione di biodiversità culturale e sociale, superiore alla stessa differenziazione interna e relazionale propria dell'Impero romano. Repubbliche marinare, città libere, comuni imperiali, Signorìe, la millenaria Repubblica di Venezia, le dominazioni a macchia di leopardo della Chiesa cattolica, i latifondi privati, le piccole proprietà contadine, i commons cittadini (boschi, pascoli di uso comune) dimostrano una differenziazione vitale che si irradiava orizzontalmente e verticalmente in senso sociale: corporazioni professionali, confraternite, associazioni, milizie cittadine, conventi religiosi, magistrature differenziate e multiformi. Ecco la naturale multipolarità antica come insieme di organismi relazionali che esprimono un profondo equilibrio tra ordine e caos, tra differenziazione e gerarchia, tra comunità e direzione eroica e autoritaria. Oggi, dunque, siamo chiamati a pensare la multipolarità in tutte le sue possibili prospettive e soprattutto nella sua posizione mentale di centralità che si irradia in molteplici forme come dall'interno di un solido platonico. Non a caso le complesse forme platoniche disegnate da Leonardo per Luca Pacioli erano, nel migliore umanesimo neoplatonico italiano, veri e propri talismani ed emblemi di saggezza che rivelavano le dinamiche e i carismi della natura. Forme che non solo sintetizzavano gli elementi della natura, ma rappresentavano anche visioni che tendevano alla sfera e allo stesso tempo tenevano insieme più forme geometriche. Anche quando sono formate dalla ripetizione di soli triangoli o pentagoni, come nel dodecaedro e nell'icosaedro, la loro posizione è articolata come in una danza a spirale o in una sequenza che ricorda il DNA. La multipolarità stabilizza e rappresenta la condizione più naturale e normale per garantire il vero progresso come irradiazione e sviluppo di tutte le capacità di una comunità e di un territorio o di un insieme di comunità e territori. Il multipolarismo come dimensione relazionale implica reciprocamente una posizione centrale e di passaggio. Mediazione tra futuro e passato, alto e basso, verticalizzazione unificante e condivisione partecipativa. La saggezza del mito greco ci ricorda il carattere atemporale della multipolarità. L'antica Grecia, come la lunga epoca della cristianità occidentale (poi interrotta da una rivoluzione industriale imposta ideologicamente e gestita in modo elitario), ha sperimentato una multipolarità viva e non ideologica, spirituale e geoantropologica prima che politica e formale. Una multipolarità relazionale che si è svolta sia in verticale che in orizzontale. L'asse verticale era visualizzato nel viaggio solstiziale di Apollo da Delfi alla terra degli Iperborei e di Zeus dall'Olimpo alla rossa Etiopia del Mito. Senza dimenticare gli estremi sacri del cosmo definiti dall'Oriente della Colchide, dalle terre degli Sciti e dei Persiani, e dall'Occidente delle isole felici di Circe, Calipso, Thule, dei Feaci e di Atlantide. Orizzontalmente, questa archetipica e profonda multipolarità spirituale si concretizzava in una serie di polarità viventi che fondavano la stessa autocoscienza greca: i giochi di Olimpia, i riti di Eleusi e Samotracia, i grandi santuari, primo fra tutti quello di Delfi. I Greci esistevano come confederazione di popoli, come koinè solo intorno a queste molteplici polarità. I Greci non sono mai stati un impero prima di Costantinopoli, ma grazie alla loro multipolarità hanno sconfitto due imperi che non erano così multipolari: quello troiano prima e quello persiano poi. Non è corretto nemmeno il luogo comune che vede gli antichi greci come razzisti che consideravano tutte le altre popolazioni non greche come barbari e popoli inferiori. Anche prima di Alessandro Magno, che assorbì per la prima volta dai Persiani l'idea universale di impero, l'antica Grecia aveva sempre nutrito ammirazione per i popoli non greci, come gli iperborei nordici, gli sciti e il glorioso Egitto. Lo storico Erodoto dedica ampio spazio nei suoi scritti alle popolazioni scite che occupavano la grande pianura sarmatica che si estendeva dal Mar Nero al Mar Caspio e si distinguevano per l'abilità nella lavorazione dell'oro e di altri metalli e per le grandi capacità guerriere. Luciano dedica uno dei suoi libri al saggio scita Anacarsi, considerato da molti uno dei sette saggi della Grecia arcaica, e la stessa Atene storica, ci ricordano Aristotele e Aristofane, affidava la sua difesa agli arcieri sciti. Erodoto esprime ancora una volta la sua grande ammirazione per l'Egitto, visto come una terra di saggezza di gloriosa e grande antichità, al cui confronto i Greci sembrano dei semplici bambini. Gli stessi dèi greci nel Mito, quando l'immenso mostro e gigante Tifone figlio di Gea sconfigge Zeus e conquista l'Olimpo, fuggono tutti in Egitto, trasformandosi in animali. Dall'Egitto provengono le cinquanta Danaidi e dalla Fenicia Cadmo, colui che insegna l'alfabeto ai Greci. La visione neoclassica della Grecia antica è una visione ideologica, errata e falsificante. La Grecia arcaica era una Grecia sciamanica e multipolare sia all'interno che nelle relazioni esterne. Una Grecia che non viveva chiusa nel suo Egeo o confinata nell'Italia meridionale, ma si mescolava con i popoli sciti nel Mar Nero, con gli egiziani nel Delta del Nilo nel porto di Canopo, con gli ittiti in Asia Minore, con i traci lungo il Danubio e con i celti a ovest. Omero ci parla dei Macedoni come alleati dell'Impero troiano, insieme agli Etiopi e ai Persiani di Susa. In effetti, Ilio è la più grande testimonianza di cosa sia un impero eurasiatico. Un impero completo: sia terrestre che marittimo, che teneva uniti i popoli lungo entrambi gli assi: nord-sud ed est-ovest, controllando direttamente solo una piccola regione, poiché basava il suo potere sulla stabilità di alleanze confederali e federali che raggiungevano persino le Amazzoni asiatiche. Gli Spartani mantennero per secoli relazioni amichevoli con l'Impero persiano, con cui condividevano culti titanici simili, come il sacrificio dei cavalli e il culto del sole. Non è un caso che Sparta non abbia seguito Alessandro Magno contro la Persia e che l'oro persiano sia stato l'unico a entrare in Laconia, e non è un caso che Elena di Sparta si sia fermata in Egitto e in Fenice e a Cipro prima di raggiungere Troia: all'andata con Paride e al ritorno con Menelao. Il mito greco, cuore spirituale, sacro e senza tempo di tutta Ellade, ci insegna e ci ricorda questo fatto plurimillenario: come Ellade fosse multipolare e l'EurAsia fosse una realtà viva e normale. Ogni grande eroe greco è un viaggiatore ed esploratore ed è chiamato a compiere grandi imprese che si collocano tanto nell'estremo nord degli Iperborei (Perseo ed Eracle secondo il racconto di Apollodoro) quanto nell'est dell'Asia: Giasone alla ricerca del vello d'oro, Eracle alle Amazzoni e nel Giardino delle Esperidi, Bellerofonte in Asia Minore contro la Chimera, Dioniso nel suo viaggio trionfale verso l'India attraverso il Caucaso, come ricorda il poema Nonno di Panopoli. Senza le pianure asiatiche e le nevi artiche, i grandi eroi greci non sarebbero diventati grandi eroi. Artemide e Apollo sono divinità asiatiche venerate dagli Sciti e dai popoli dell'Asia Minore, e solo dopo la guerra di Troia il loro culto si diffonde maggiormente in Grecia, soprattutto a Sparta. Ifigenia diventa sacerdotessa di Artemide in Tauride (in Crimea) e Medea, sorella di Circe e figlia del Sole, è una donna saggia e santa della Cappadocia. La geografia del Mito si rivela estremamente concreta e precisa: Tanai, Termodonte e il Rio delle Amazzoni corrispondono al Don, al Dnepr e al Volga. Anche Achille non è sepolto in Grecia, ma nel Mar Nero, sull'Isola dei Serpenti. Una multipolarità che si arricchisce anche di aspetti sociali nel ricordare il matrimonio tra Teseo e Ippolita, la regina delle Amazzoni, e la maggiore libertà di cui godevano le donne spartane, un'eredità certamente asiatico-orientale come conferma il tema delle donne dell'isola di Lemnos. L'essere umano è multipolare: cuore e mente, anima-corpo-spirito, prassi e pensiero, memoria e visione.
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