Escludere la Russia dai mari. L’imperativo geopolitico degli Stati Uniti
Libia, Siria, Egitto, Iran, Cuba, Venezuela, Vietnam, cosa hanno in comune questi paesi? Hanno avuto, oppure hanno attualmente, la possibilità di ospitare basi militari russe con un affaccio al mare, una caratteristica unica alla luce della tesi che andiamo ad esporre: a nostro avviso la volontà americana di escludere la Russia dall’acceso agli Oceani mondiali è la priorità geopolitica degli Stati Uniti d’America.
Il presidente americano Obama ha infatti sempre descritto la Russia come una “potenza regionale” e non come una “potenza globale”, ma la realtà dei fatti è in rapida evoluzione. E’indubbio che oggi gli Stati Uniti siano l’unica potenza mondiale, tuttavia nel passato l’Unione Sovietica ha avuto la capacità di proiettare la propria marina militare in ogni mare e oceano del mondo. La Russia odierna non ha né le risorse economiche, né la flotta navale per tornare protagonista nei mari che non confinano con le coste russe, tuttavia il Cremlino ha dato il via ad un rinnovamento della flotta che dovrebbe portare la Russia, dal 2022 in avanti, ad essere in grado di operare in gran parte degli Oceani mondiali, inclusi quelli prossimi agli Stati Uniti.
Tuttavia per operare lontano dalla madrepatria, in maniera continuativa e mantenendo intatte le capacità operative, ogni flotta (di quale nazione non importa) necessità di basi sulla terraferma dove poter immagazzinare armi, pezzi di ricambio, e dove poter svolgere attività di manutenzione sia ordinaria che straordinaria. Più ci si allontana dalla madrepatria più le strutture devono avere le caratteristiche di basi permanenti, per la cui costruzione sono necessari investimenti considerevoli, i quali sono a carico della nazione che utilizza le basi e non del paese ospitante. Per giustificare tali investimenti i paesi dove le basi sono situate devono essere “politicamente stabili”, in modo tale che non si possa assistere ad un repentino cambio di alleanze militari, economiche e politiche, che potrebbero costringere la nazione ospite a lasciare tali basi avanzate.
La Russia ha iniziato a gestire questo suo ritorno sui mari del mondo da un bacino apparentemente di scarso interesse, ma che è invece cruciale per i commerci mondiali: il Mar Mediterraneo.
La Russia ha, anzi aveva, tre punti fissi per l’accesso al Mediterraneo: la Crimea, la base navale di Bengasi e la piccola base secondaria di Tartus. Gli eventi geopolitici degli ultimi anni hanno negato alla Russia la sua prima base navale del dopo Unione Sovietica e cioè la base navale di Bengasi. Poco dopo gli eventi in Siria hanno trasformato la base di Tartus da una base di rifornimento per i russi, ad una base di rifornimento per gli stessi siriani. Infine nel 2014 la rivoluzione di Kiev ha messo in pericolo la principale base russa nel mar Nero: Sebastopoli.
Oggi assistiamo, a livello mondiale, allo stesso schema adottato dagli avversari della Russia atto ad impedire il libero accesso della flotta russa nel Mediterraneo. Il riavvicinamento degli Stati Uniti a Cuba potrebbe infatti compromettere le possibilità di presenza stabile della flotta russa nei Caraibi, non tanto perché gli accordi con gli Stati Uniti impediscano alla Russia e a Cuba di stringere accordi di cooperazione militare, ma perché da oggi in avanti il regime cubano non è più una entità granitica che condivide con la Russia i medesimi obiettivi.
Da oggi Cuba, anche solo per mere questioni di pozione geografica, sarà esposta ad una crescente influenza americana. Come può una nazione in difficoltà economiche, come la Russia, permettersi di investire miliardi di dollari per mettere in piena efficienza una base militare in terra cubana quando si è insinuato il dubbio di un possibile cambio di alleanze dell’Avana?
Il medesimo discorso può essere fatto per il Venezuela del post Chavez, ora alle prese con una crisi economica dagli effetti potenzialmente devastati; la crisi sta determinando non solo il collasso della finanza, ma il venir meno dei beni di prima necessità, incluso lo zucchero, fatto che potrebbe determinare il crollo del sostegno al regime e la potenziale esplosione di rivolte di piazza.
Anche l’apertura di Obama al Vietnam, che sicuramente ha valenza anti cinese, va considerata comunque anche in ottica di contenimento delle nuove velleità russe di presenza globale. In Vietnam la Russia ha la concessione di utilizzo della base aeronavale di Cam Ranh, un luogo strategico e con infrastrutture originariamente costruire dagli Stati Uniti che rappresenta oggi per i russi una potenziale base primaria in Estremo Oriente.
Oggi però i nuovi accordi tra Usa e Vietnam possono determinare un cambio di orientamento geopolitica della leadership vietnamita …
Il Mare rimane oggi l’unico mezzo per esercitare il controllo globale, e questo fatto va ricordato a tutti coloro ritengono il controllo degli oceani secondario alla supremazia aerea, arma invece indispensabile per decidere le sorti di un conflitto.
fonte : geopoliticalcenter.com