Diplomazia pubblica statunitense

25.02.2023

La diplomazia pubblica ha vissuto una fase di sviluppo attivo durante gli anni della Guerra Fredda. Ciò era dovuto principalmente allo sviluppo tecnologico e all’introduzione di nuovi sistemi di comunicazione con le masse, che avveniva sullo sfondo della rivalità geopolitica tra URSS e USA. La necessità di una campagna informativa su larga scala era dettata dalla relativa parità strategico-militare tra le due potenze belligeranti e gli Stati Uniti, nell’ambito della loro geostrategia, cercarono di elevare la banale propaganda a sistema organizzato, cercando di modificare l’opinione pubblica all’estero a proprio favore. Così, la diplomazia culturale, che comporta scambi scientifici e culturali a livello internazionale, e la propaganda ideologica divennero parte della “diplomazia pubblica”, la cui pratica comportava l’esercizio del controllo dell’informazione a livello internazionale. Nel 1953, un famoso editorialista americano, W. Lippman, definì la diplomazia pubblica come una combinazione di tre significati: diplomazia pubblica, propaganda, operazioni psicologiche.

Così, durante la Guerra Fredda, la diplomazia pubblica americana si basava sul principio di un flusso unidirezionale di informazioni e valori attraverso la cultura e l’educazione al pubblico straniero, che agiva esclusivamente come oggetto.

Con la concettualizzazione della diplomazia pubblica e alcune esperienze empiriche sul campo, la sua prima definizione è emersa negli anni Sessanta. La diplomazia pubblica era percepita come “il mezzo con cui i governi, i gruppi privati e gli individui influenzano gli atteggiamenti o le opinioni di altre nazioni e governi in modo da influenzare le loro decisioni di politica estera”. L’introduzione del termine “diplomazia pubblica” era legata principalmente alla necessità di creare una formulazione diversa dalle precedenti, ma efficace e persuasiva per il pubblico. Di conseguenza, il termine “propaganda”, che ha una connotazione negativa ed è legato a precedenti storici, è diventato un atavismo.

Il capo dell’Agenzia per l’Informazione degli Stati Uniti, E. Murrow, sostenne nel 1963 che l’arsenale di persuasione degli Stati Uniti doveva essere pronto a combattere come l’arsenale nucleare americano, e impegnato più vigorosamente che mai. Sotto il mandato di Murrow a capo dell’agenzia, la diplomazia pubblica ha subito cambiamenti significativi, stabilendo i principi che sono alla base della moderna diplomazia pubblica. Ha assunto una portata globale e regioni come l’America Latina, il Medio Oriente e l’Africa sono venute alla ribalta. Inoltre, la sensibilizzazione dei giovani ha assunto un’importanza particolare: sono stati organizzati incontri dei diplomatici statunitensi con gli studenti e sono stati sviluppati programmi educativi per i giovani. L’impatto informativo è stato utilizzato per predeterminare i cambiamenti nella coscienza dei gruppi etnici e delle future élite politiche.

Tra i professionisti coinvolti nella diplomazia pubblica statunitense vi erano diplomatici, organizzatori di scambi culturali ed educativi e di eventi in ambasciata, nonché giornalisti che lavoravano per i media statali rivolti a un pubblico internazionale. In seguito, diverse ONG sponsorizzate dall’establishment statunitense sono diventate attive nella diplomazia pubblica. Secondo molti politici e ricercatori statunitensi, un pubblico di massa adeguatamente influenzato è in grado, a sua volta, di influenzare le decisioni politiche prese dal proprio governo.

L’influenza della diplomazia pubblica americana sui processi in atto nelle società straniere è stata in parte responsabile della fine della Guerra Fredda. Nonostante la valutazione ottimistica da parte di politici e accademici americani della situazione internazionale prevalente, in cui il dominio geopolitico degli Stati Uniti era chiaramente visibile, nuove minacce di natura globale cominciarono ad apparire nel mondo, minando in primo luogo la sicurezza degli stessi Stati Uniti. Gli interventi statunitensi in Medio Oriente hanno portato alla diffusione del terrorismo internazionale, che è diventato una minaccia implicita per la società occidentale. In definitiva, l’egemonia culturale americana o “soft power” ha iniziato a perdere potere a causa dei costi d’immagine derivanti dalla coercizione forzata per “democratizzare” gli Stati non disposti ad accettare le politiche americane, e questo ha creato un precedente per rivedere i meccanismi di attuazione della diplomazia pubblica e dare un nuovo significato a questa strategia politica.

Con il ripensamento critico della diplomazia pubblica dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e l’impegno di un gran numero di specialisti del mondo accademico nel suo studio, negli Stati Uniti è emersa la cosiddetta “nuova diplomazia pubblica”, frutto dell’esperienza accumulata nella Guerra Fredda e dell’uso di strumenti di comunicazione come Internet. La funzione principale della “nuova diplomazia pubblica” è stata considerata la comunicazione, che implica il coinvolgimento del pubblico straniero in un “dialogo” inquadrato secondo rigide regole ideologiche. Pertanto, le nuove definizioni di “diplomazia pubblica” includono sempre più spesso l’informazione, l’influenza e l’impegno. La censura rivolta ai partecipanti al “dialogo” è strettamente legata al fenomeno della cultura della cancellazione, che esclude dall’agenda i punti di vista alternativi. Questo approccio è dimostrato da alcuni social network e da varie piattaforme Internet, dove le “opinioni giuste” vengono filtrate con l’aiuto di alcuni algoritmi e i partecipanti che esprimono posizioni alternative vengono bloccati. In definitiva, questo porta a un certo paesaggio politico in cui si esercita il potere simbolico delle forze liberali.

L’approccio all’esercizio della diplomazia pubblica utilizzato dall’establishment politico americano, in molti postulati, rimanda agli insegnamenti del pensatore italiano Antonio Gramsci sull’egemonia.

Gramsci sostiene che esistono meccanismi di potere non solo di coercizione, ma anche di persuasione, che portano i cittadini a concordare attivamente con la classe dirigente su cui si basa la sua egemonia. Ciò avviene influenzando il “nucleo culturale” della società, che comprende un insieme di idee sul mondo. Il processo di egemonia è garantito se le ideologie, le modalità di azione e le pratiche statali corrispondenti sono comprese e accettate pubblicamente e se possono essere gestite e trasmesse in modo accessibile dalle istituzioni pubbliche. Il “nucleo culturale” funziona principalmente sulla base di una “volontà collettiva sostenuta”, il cui processo di creazione o distruzione si basa su un “livello molecolare”, ossia la formazione graduale di una certa visione del mondo tra le masse.

Possiamo concludere che la diplomazia pubblica è uno degli elementi efficaci della strategia geopolitica americana. Soprattutto, mira a lavorare con l’opinione pubblica nel contesto internazionale e il suo arsenale di persuasione è in grado di influenzare le masse in generale. Gli eventi della Primavera araba ne sono un esempio vivido: la diplomazia pubblica statunitense ha influenzato direttamente i movimenti di protesta nel mondo arabo e ha creato un intero strato di cittadini radicali le cui azioni distruttive sono state coordinate attraverso i social media.