Gli scontri di Roma: il diverso colore del Male
In questo sabato 9 ottobre, così da poco trascorso, Roma ha visto una grande manifestazione contro il Green Pass. Centomila italiani si sono dati appuntamento nella capitale per protestare pacificamente e dimostrare al governo che non tutti sono d’accordo con la sua politica discriminatoria basata sulla carta verde, il lasciapassare nazista necessario per andare a lavorare se non si è vaccinati con il siero benedetto ma pur sempre sperimentale.
Una marea umana, che era anch’essa carne e sangue della nostra terra, ha cercato una volta di più di contestare senza violenza quella che sempre più spesso appare come la pura e semplice propaganda di un regime oppressivo, una propaganda che da quasi due anni ci avvelena la vita ma da cui la maggior parte degli italiani non vuole o non può distaccarsi, almeno per il momento.
All’improvviso sono iniziati gli scontri con la polizia, innescati da un “assalto” contro una sede del maggior sindacato di “sinistra” italiano. I responsabili sono stati alcuni appartenenti al movimento di destra Forza Nuova, identificati ed arrestati. Da quello che leggo, non risultano danni materiali o percosse a sindacalisti ma tanto è bastato perché il sindacato in questione piangesse tutte le sue lacrime e ricevesse subito la solidarietà del governo, del parlamento e anche del Presidente della Repubblica.
È strano, ma non mi ricordo una tale sollecitudine quando i nazisti di Settore Destro, in Ucraina, diedero fuoco alla Casa dei Sindacati a Odessa. Morirono decine di persone, molte di esse colpite anche da cecchini appostati all’esterno, in agguato per uccidere i poveretti che riuscivano a sfuggire alle fiamme. Nessun grande media italiano ha versato una lacrima per quei morti innocenti né ha mai protestato quando Settore Destro sfilava per le strade di Kiev facendo il saluto nazista ed inneggiando al suo padre spirituale, Stepan Bandera.
Ci sono molte immagini e video di quanto è successo sabato scorso tra polizia e manifestanti, alcune raccapriccianti, ma i risultati possono essere riassunti da questa foto:
Tre poliziotti. Due donne e un uomo. La donna in mezzo ride contenta, come si può facilmente vedere. Quello in ginocchio, a testa china, ammanettato con le mani dietro la schiena, i pantaloni sporchi di sangue, spacciato per “pericoloso fascista”. Col golfino annodato intorno alla vita… mi chiedo quanto pericoloso picchiatore possa essere.
Anche l’Italia ha esaltato la morte dell’americano George Floyd. Nel nostro parlamento, “donne di Sinistra” si sono inginocchiate in suo ricordo e in quei giorni è sembrato che l’Italia intera fosse George Floyd e ci fosse un nuovo martire in Paradiso.
Ma per l’uomo in ginocchio nella foto, né la Sinistra italiana né l’inutile Destra che tanto le regge bordone hanno avuto parole di considerazione. Quell’uomo, così bianco e così italiano, non è importante. E comunque sarà sicuramente “fascista” e quindi colpevole.
Eppure io mi ricordo di ogni volta che dei poliziotti italiani, uomini o donne che fossero, sono finiti all’ospedale perché incapaci di gestire un immigrato drogato o ubriaco che era andato in escandescenze. Quelli che a prima vista sembravano professionisti capaci (sic) si sono rivelati in realtà inetti, bravi solo a collezionare nasi rotti e commozioni cerebrali. E tutti i loro colleghi a piagnucolare perché non avevano il taser da usare a piacimento.
A che ci serve una polizia di questo tipo, che così facilmente scambia per nemico invasore il popolo che dovrebbe difendere ed è invece debole e inetta con stranieri ingrati che spadroneggiano nelle nostre strade?
All’uomo in ginocchio, che tutto mi pare tranne che un pericoloso picchiatore, e a tutti gli altri che sabato 9 ottobre sono stati malmenati da una polizia inferocita, dedico la poesia che Primo Levi scrisse nel 1946, da poco sopravvissuto ad Aushwitz:
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa e andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
(10 gennaio 1946)
Ricordiamo queste parole, perché è cambiato il colore da nero a rosso, ma il Male è rimasto uguale ed è ritornato.