“UE teme ritorsioni degli USA per la cancellazione delle sanzioni contro la Russia”
Per la Germania sta diventando sempre più difficile convincere gli altri Paesi della UE della necessità di prolungare le sanzioni, sebbene la pressione politica degli Stati Uniti faciliti il suo compito, scrive la rivista tedesca “Wirtschaftswoche”.
Anche se gli imprenditori europei non digeriscono le sanzioni contro la Russia, i leader della UE non hanno il coraggio di ritirarle perché temono misure di ritorsione da parte degli Stati Uniti, scrive "Wirtschaftswoche".
Per il governo tedesco sta diventando sempre più difficile convincere gli altri Paesi della UE della necessità di estendere le sanzioni contro Mosca. Sin dall'inizio l'Ungheria e la Grecia erano scettiche su queste misure, mentre ora chiedono con insistenza un alleggerimento delle sanzioni l'Austria e l'Italia, si rileva nell'articolo.
Gli analisti rilevano che i tedeschi stessi non sono disposti a dare il proprio sostegno all'unanimitò a Berlino. In Germania l'opinione pubblica è spaccata: i tedeschi delle regioni occidentali ritengono la politica del governo nei confronti della Russia moderata e persino amichevole, mentre quelli della parte orientale del Paese spesso sono concordi nel ritenere la linea del governo su Mosca eccessivamente dura, scrive la rivista.
E' ovvio che se la UE indebolirà le sanzioni contro la Russia, seguiranno misure punitive di ritorsione degli Stati Uniti. Si ripeterà la stessa situazione con l'Iran, quando Washington aveva paventato multe pesanti per chi avesse aggirato le restrizioni statunitensi. Per queste minacce molte aziende non americane hanno rinunciato alla collaborazione con Teheran per evitare danni alla propria cooperazione con gli USA, ricorda l'autore dell'articolo.
"Dal momento che Washington manterrà le misure restrittive contro la Russia, gli americani possono indirettamente dettare all'Europa di proseguire una linea rigida contro Mosca, indipendentemente dal fatto che gli europei vogliano aderire o meno alle sanzioni", — conclude "Wirtschaftswoche".