Sulla dignità della Presidenza
20.11.2020
Il presidente americano Donald Trump può essere accusato di molte cose, alcune tragicamente sbagliate come l’eliminazione del generale iraniano Soleimani, ma nessuna di esse contraria alla costituzione americana. Anzi, finora, The Donald ha sempre rispettato la costituzione che ha giurato di difendere.
L’accusa di essere al soldo del Cremlino si è rivelata alla fine per quello che era sempre stata fin dall’inizio: una gigantesca montatura che ha tenuto bloccata la prima amministrazione Trump per almeno 3 anni e ha gettato fango su alcuni autentici patrioti, primo fra tutti il tenente generale Michael Flynn che non solo ha rischiato di diventare ospite delle carceri americane, suo malgrado e per molti anni, ma che ha visto coinvolto in questa farsa tragica anche suo figlio, usato come esca dall’FBI per forzare il padre a confessare reati inesistenti.
Le modalità con cui sono state tenute queste elezioni americane di novembre ci dicono che c’è stata ed è ancora in corso una cospirazione politica, ma non di Trump o di fantomatici hacker russi contro l’America bensì di alcuni settori importanti del potere americano contro il candidato repubblicano. È oramai evidente, agli occhi di chi vuol vedere, che sono stati volontariamente “dimenticati” o cancellati decine di migliaia di voti a favore di Trump, distrutte migliaia o decine di migliaia di schede elettorali inviate per posta mentre altre centinaia di migliaia sono state contraffatte a favore di Joe Biden. Lo scandalo Dominion monta lentamente, grazie anche allo schieramento ostile dei grandi media americani ed europei, tutti contrari al magnate americano, ma oramai è evidente che il software usato per i conteggi elettorali ha “aggiustato” i voti a favore del candidato Democratico. Questa scoperta ha portato pochi giorni fa una squadra tattica dell’esercito americano a fare un raid in una struttura della CIA a Francoforte, in Germania, per sequestrare i server Dominion e confiscare i log di sistema. Il tutto senza che la CIA di Gina Haspel ne fosse preventivamente informata: non è un caso, forse, che la Haspel si sia sempre opposta e continui ad opporsi al rendere pubblica la lista dei Paesi stranieri coinvolti nel Russiagate, Paesi che sono tutti di area NATO.
Donald Trump ha un carattere che fa a pugni con la sensibilità di quella parte di popolazione americana ed occidentale che è costituita da bimbiminkia “progressisti”: The Donald è politicamente scorretto, antipatico, brusco, gli piace comandare ed essere obbedito. Peggio di tutto, gli piacciono le donne: è il tipico maschio alfa eterosessuale, che non può che esser detestato dalle donne nevrotiche e dai maschi deboli di una società nutritiva che si avvia al tramonto.
Tuttavia, queste sue caratteristiche possono essere solo ed unicamente la giustificazione per non votarlo, preferendogli qualche altro candidato. È accettabile, cioè, che una parte degli elettori americani rifiuti Trump per le sue caratteristiche umane e per i suoi veri o presunti fallimenti politici ed è accettabile che tale parte manifesti apertamente il proprio rifiuto, che protesti nelle piazze, che metta la croce su un nome diverso nella scheda elettorale. Tutto questo fa parte della democrazia come viene comunemente intesa nel mondo occidentale.
Non è invece accettabile l’imbroglio elettorale, la falsificazione delle votazioni, la distruzione delle schede elettorali, l’uso a fini elettorali illeciti di software e hardware al di fuori degli Stati Uniti ma ugualmente in strutture sotto la giurisdizione del governo americano.
La folla che protesta, anche con passionalità chiassosa, contro un candidato politico si chiama democrazia ma l’associarsi per cambiare un risultato elettorale sgradito si chiama truffa. Nel caso in questione è “cospirazione contro il governo americano”.
Credo di essere nel giusto se penso che c’è un biglietto di sola andata per Guantanamo che aspetta alcuni tra coloro, americani o meno, che hanno partecipato a questa cospirazione disgustosa ed avvilente. Potrebbero ritrovarsi a passare anni orribili in carceri dalla fama sinistra.
L’accettazione della truffa elettorale da parte dell’elettorato democratico americano, la sua giustificazione, perfino la sua difesa, mostra quanto sia caduta in basso una larga parte di “noi, il popolo”.
La carica presidenziale ha una sua intrinseca dignità ed autorevolezza, in America come in tutte le altre Nazioni del mondo. Cercare di ottenerla con l’inganno dovrebbe sempre significare esporsi al ridicolo e alla riprovazione oltre che alla certezza della punizione. Riuscire ad ottenerla con l’inganno significa minare la dignità e l’autorevolezza del Presidente perché tutto il mondo saprebbe che quello in carica non è niente altro che un volgare imbroglione o, peggio, il pupazzo di cui altri tirano i fili. Un approccio pragmatico farebbe sì che le Nazioni del mondo continuassero i loro rapporti con gli Stati Uniti di Joe Bidem ma ciò che non viene detto apertamente in pubblico può essere ricordato durante colloqui e negoziati riservati.
Se l’inganno contro Donald Trump avesse successo, il danno si riverserebbe non solo su Joe Biden e Kamala Harris ma anche sui presidenti che li seguiranno, esponendo ogni candidato alla presidenza ai possibili raggiri di chi può usare sistemi disonesti.
Se è solo una questione di antipatia, perché questo colossale schieramento di forze contro Donald Trump? Molti pensano che tutti possono diventare presidente degli Stati Uniti ma è un’idea sbagliata. Tutti possono provare a diventare presidente, ma chi lo diventa è in realtà una persona che ha confidenza con i meccanismi profondi del potere perché per molti anni ha frequentato i circoli giusti e le giuste persone. Qualcuno quindi che conosce gli ingranaggi nascosti e sa come funziona il sistema.
Una persona simile non può essere da sola ma deve necessariamente fare parte di un gruppo politico, di uno schieramento, che gli fornisce aiuto, consigli, protezione.
Da come la situazione si è evoluta, mi sono convinto che Donald Trump sia il portavoce di quel gruppo di americani patriottici, uomini e donne, che pur non essendo mai stati contrari alla tradizionale politica espansionistica statunitense hanno però subito orripilati l’inside job dell’11 settembre. Questo gruppo di persone è riuscito alla fine a portare alla Casa Bianca il proprio candidato, dopo anni di opposizione (apparente sconfitta) al progetto messianico-globalista di neocon ed affini.
L’America di Trump non è solo in crisi economica a causa dello spostamento all’estero di molte attività produttive la cui scomparsa ha impoverito la Nazione. È anche un’America colpita da una crisi sociale profonda dovuta alle troppe minoranze che vivono all’interno dei suoi confini, spesso illegalmente e che diventano così prede facili per lo sfruttamento. È un’America sovraestesa militarmente, con un apparato militare / di sicurezza che divora risorse spinto da una fame insaziabile. È un’America che non ha più il collante del patriottismo diffuso e della cultura WASP ma, al contrario, è sottoposta alle spinte distruttive della teoria gender, del politicamente corretto portato all’esasperazione, delle assurde rivendicazioni di minoranze agguerrite, della cancel culture, del femminismo che vuole aborto al nono mese di gravidanza e uomini che rinuncino alla propria naturale virilità in omaggio ad una falsa uguaglianza con le donne.
Come giustamente monsignor Viganò scrive nella sua ultima lettera al presidente Trump, quello di cui “the other side” si è fatto portabandiera sono le idee del Nuovo Ordine Mondiale e del Grande Reset, realizzati a costo di innumerevoli vite umane volutamente sottostimate nel loro valore. E quello che “the other side” teme non è tanto una Norimberga su suolo americano (improponibile nella sua ingenuità) quanto la distruzione del suo progetto messianico-mondialista, in realtà già di per sé autodistruttivo nei suoi effetti su popoli e nazioni. Ad essere l’incubo di certe menti è l’annullamento di questo tentativo di ridisegnamento della società americana e del mondo: lo spaventevole (piccolo) reset ad uno status quo più tradizionale e stabile, che sarebbe forse accompagnato da un certo numero di inaspettati suicidi, strani ma mortali incidenti domestici o stradali, misteriose sparizioni, improvvise malattie dall’esito fatale.
“The other side” sa di non dover temere nulla da una giustizia diretta, che al più colpirebbe pesci piccoli e figure sacrificabili. Quello che spaventa a morte certe persone, è piuttosto il trovarsi esposti ad una giustizia indiretta, che ponga fine una volta per tutte ai loro piani, visto che è gente così avanti negli anni da meritarsi l’appellativo di gerontocrazia.
La sconfitta di Donald Trump potrebbe quindi risolversi nella sconfitta se non di un’America ideale, almeno di un’America più accettabile e decente di quella che vuole tornare alla Casa Bianca.