Sud: crescita lenta. Valori lontani dalla situazione pre-crisi. Rischio povertà per milioni di giovani
E' stato pubblicato oggi il rapporto "Check-up Mezzogiorno" realizzato dall’Area Politiche Regionali e per la coesione territoriale di Confindustria e da SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, il centro studi collegato al gruppo bancario Intesa Sanpaolo. Secondo i risultati emersi dalla ricerca prosegue timidamente la ripresa dell’economia del Mezzogiorno avviatasi nel corso del 2015, ma il suo ritmo si mantiene ancora contenuto.
I dati confermano, infatti, il miglioramento delle prospettive dell’economia meridionale per il 2016, come evidenziato dai valori dell’”Indice Sintetico dell’Economia Meridionale”: per la prima volta dall’inizio della crisi, tutti e cinque gli indicatori utilizzati (Pil, Export, Occupazione, Imprese e Investimenti) fanno registrare valori positivi. Secondo le stime, dovrebbe proseguire nel 2016, sia pure più lentamente (+0,5%), la crescita del prodotto registrata nel 2015, quando il Pil era cresciuto nelle regioni meridionali più che nel resto del Paese (+1,1% contro lo 0,6% del Centro-Nord). Le previsioni per il 2017 (+0,7%) vedono proseguire questa moderata espansione, che in ogni caso fa seguito ad anni di pronunciata recessione.
Migliora, la produttività del manifatturiero, anche in modo più consistente che al Centro-Nord: secondo le stime, il valore aggiunto per occupato ha fatto registrare, nel 2015, un aumento del 3,5% (+2,2% al Centro-Nord). Uno dei principali segnali di risveglio dell’economia meridionale viene dunque dall’impresa manifatturiera: ancora poco, tuttavia, per colmare i divari ulteriormente ampliatisi con la cris.
Nel III trimestre del 2016 è continuato a crescere il numero delle imprese, confermando, come già nel 2015, un saldo positivo al Sud (+0,5%, circa 9mila imprese in più). E' proseguita la crescita delle imprese di capitali (circa 16mila imprese in più, +6%), più forte rispetto alle altre regioni, quella delle imprese giovanili (oltre 257 mila al Sud), così come delle Start up innovative (+36,8% rispetto allo scorso anno) e delle imprese “in rete” (più di 4.100 a novembre 2016): tutti segnali di grande vitalità imprenditoriale, ma anche sintomatici dell'impossibilità, soprattutto per i giovani, di trovare un dignitoso lavoro dipendente. Non a caso si tratta, prevalentemente, di imprese di piccola e piccolissima dimensione, la cui natalità rafforza la caratteristica principale del tessuto produttivo meridionale, che resta composto nella quasi totalità di micro e piccole imprese (il 99% delle imprese meridionali ha meno di 49 addetti), contraddistinte da un'altissima fragilità patrimoniale, che le espone al rischio costante di mancanza di liquidità e di fallimento.
Per la prima volta dall’inizio della crisi, è tornato positivo il fatturato anche delle imprese classificate come piccole (+0,6 nel 2015 rispetto all’anno precedente): e è cresciuto, anche se su numeri molto contenuti, anche il fatturato delle imprese a partecipazione estera, a conferma del potenziale di attrattività dei territori meridionali.
I segnali positivi per il manifatturiero sono stati confermati dall’andamento dell’export, che nei primi nove mesi del 2016 è stato pari a 29,7 miliardi di euro. Confrontando i dati (cumulati) del III trimestre 2016 con quelli dello stesso periodo dell'anno precedente, l'export nel Mezzogiorno (senza i prodotti petroliferi raffinati) ha registrato un cospicuo aumento (+9,6%). Se si depura, insomma, il dato della manifattura dall’effetto del perdurante calo degli idrocarburi, significa che sono numerosi i comparti che vedono migliorare la propria performance sui mercati internazionali: dall’automotive all’agroalimentare, dalle apparecchiature alla farmaceutica.
Proprio alla farmaceutica il Check Up di dicembre ha dedicato uno specifico approfondimento: parliamo di un settore che, sebbene di dimensioni ancora ridotte al Sud, ha fatto registrare negli anni della crisi risultati molto positivi per crescita del valore aggiunto (+30 punti percentuali tra 2008 e 2014) e delle esportazioni (+70% tra 2007 e 2015) con Bari e Napoli che, nella classifica delle province esportatrici di tali prodotti, si posizionano rispettivamente alla quinta e alla settima posizione nel 2015: dati che ne fanno uno dei settori più interessanti del nuovo manifatturiero meridionale.
Sono tornate a crescere, ma ancora con estrema lentezza, anche gli investimenti, in linea con quelli del resto del Paese (+0,8%): soprattutto, ciò è avvenuto nell’anno (2015) in cui più basso è stato il volume di agevolazioni concesse (860 milioni di euro) e di agevolazioni erogate al Sud (meno di 1,3 miliardi di euro).
E' continuato, ma anch’esso a passo lento, il miglioramento dell’occupazione. Rispetto al III trimestre dell’anno precedente, poco meno della metà dei nuovi posti di lavoro creati in Italia è localizzato Mezzogiorno (111 mila): è stata quindi superata la soglia “psicologica” dei 6 milioni di occupati, ma il tasso di occupazione al Sud è rimasto pari al 44%, con un ritmo ancora largamente insufficiente a recuperare gli effetti della crisi. L’utilizzo degli strumenti di sostegno al reddito si è stabilizzato ai livelli pre-crisi, ma resta ancora elevata la disoccupazione (18,6%), soprattutto quella femminile (20,7%), e ancor di più quella giovanile (47,4%). Preoccupa soprattutto la frenata registrata nei mesi più recenti: nel III trimestre l’occupazione meridionale è tornata, infatti, a calare dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Bene dunque la riproposizione di una misura di sgravio per le assunzioni a tempo indeterminato nel 2017, per rafforzare queste tendenze e migliorare il clima di fiducia, che segna anch’esso un lieve rallentamento rispetto ad un anno fa.
E' migliorato, ma non per tutti, l’accesso al credito, con significative difformità a seconda dei territori e delle tipologie di imprese: salgono, infatti, gli impieghi (+0,7%), soprattutto verso le famiglie, mentre variano in maniera non uniforme per territorio gli impieghi verso le imprese, anche per effetto dell’andamento delle sofferenze, che hanno superato i 40 miliardi di euro.
Positivi i segnali nel settore turistico, con un’ulteriore crescita dei turisti stranieri e della loro spesa (250 milioni in più), così come a fruizione di spettacoli e beni culturali. Lo stesso incremento del traffico nelle infrastrutture portuali e aeroportuali meridionali conferma l’attrattività crescente di tali territori: gli aeroporti del Sud, con una crescita del segmento passeggeri del 3,4% (e una forte componente internazionale); i porti meridionali, con buone performance grazie alle crociere (quasi 3,5 milioni di unità) e al ramo commerciale.
Il profilo del Mezzogiorno alla fine del 2016 è dunque quello di un’area tornata timidamente alla crescita, secondo i ricercatori di Confindustria e SRM, ma nella quale il ritmo con cui tali segnali si affermano ne rendono solo parzialmente percepibile la consistenza, sia presso i cittadini (soprattutto i più giovani), sia presso le stesse imprese.
La lentezza con la quale i valori perduti con la crisi vengono recuperati si conferma decisiva: sono ancora 330mila gli occupati in meno rispetto al 2007, mentre il rischio di povertà è talmente elevato (soprattutto tra i giovani: il 46,8% dei giovani tra i 20 e 29 anni è considerato a rischio) che tornano a crescere anche le persone che rinunciano alle cure (13,2%, ben più della media nazionale), e si ferma la crescita dei giovani che decidono di proseguire gli studi.
Una robusta accelerazione dei processi di crescita, già a partire dai primi mesi del 2017, è dunque urgente e decisiva, e deve avere al centro l’impresa meridionale, secondo gli autori del rapporto. Il 2017 è infatti un anno chiave, per far attecchire anche al Sud la rivoluzione di Industria 4.0; per far decollare la nuova programmazione 2014-20 dei Fondi strutturali, l’attuazione dei Piani attuativi del Masterplan e i connessi investimenti pubblici e privati; per riaprire verso l’economia meridionale i rubinetti del credito e della finanza; per irrobustire gli strumenti esistenti, a partire dal credito d’imposta per gli investimenti; per dare al Sud e dunque all’intero Paese una politica economica unica, che veda Governo, Regioni e tutti gli attori istituzionali, economici e sociali adottare la competitività delle imprese meridionali come propria stella polare.
Solo una politica così concepita è in grado di far tornare la fiducia tra le imprese e i cittadini meridionali, soprattutto quelli più giovani, che più di tutti attendono tale cambio di passo. Soprattutto al Sud, la crescita è, infatti, la precondizione per combattere disuguaglianze e povertà.