Crisi del sistema bancario: ecco come muore l'economia reale
Essere redditivi a tutti i costi, sacrificando spesso e volentieri inermi consumatori e capitani d’impresa poco attenti al tema di rischio: è questa l’impronta distintiva che il mercato creditizio italiano ha assunto nell’ultimo decennio in Italia. Un dato su tutti: secondo le stime di Banca d’Italia le sofferenze lorde, alla fine del secondo trimestre 2016 ammontano ad oltre duecento miliardi di euro. Le conseguenze di questa situazione sono palesi: il sistema sarà costretto ad accantonare fondi necessari a coprire questi veri e propri bug, con potenziale rischio della necessità di aumento di capitale e dunque di richiesta di esborso agli azionisti. Conseguenza non secondaria è l’impossibilità di emettere prestiti e dunque l’azione repressiva per il mercato delle imprese che scontano dunque un problema dell’intero sistema e che di fatto si ripercuote sulla parte più debole del sistema economico.
E le imprese ? Il boom del contenzioso bancario dell’ultimo quinquennio, il problema diffuso dell’usura bancaria, i sofismi dei tribunali pronti ad utilizzare formule controverse di Banca d’Italia Spa limitando così in minima parte i danni per i centri di potere (si parla di giurometria oramai in barba alla certezza del diritto) e quell’incauto credito che spesso cela non soltanto incapacità di dare valore all’economia reale al di là di rating e valutazioni empiriche edulcorate, ma la volontà di attaccare l’economia reale rappresentata dai risparmi di consumatori ed imprenditori, rende ancor più chiaro come esista un problema banche in Italia. D’altra parte quando la parola banca passa dalla pagina economica dei principali quotidiani a quella della cronaca il dado è tratto.
Proviamo a semplificare il problema. Se un Istituto Bancario vuole guadagnare più denaro, non deve far altro che prestare capitali a chi non è perfettamente in grado di restituirli e che può garantire con il proprio patrimonio. Immaginiamo una linea di fido perennemente sconfinata, che comporta ulteriori oneri, commissioni sullo scoperto, ed una serie di ulteriori spese a cui l’indebitato non può sottrarsi. Buona parte dei famosi NPL fanno parte di questa categoria di operazioni, su cui la banca per utilizzare un gergo calcistico e chiaro “ha giocato sul filo del fuorigioco”. Ci sono poi gli investimenti che gli Istituti hanno compiuto, sempre nel nome della redditività, in prodotti finanziari ad alto rischio. Ecco i problemi di istituti come Veneto Banca (recente il caso Finlombarda) ma anche in parte quello di piccoli istituti bancari nati più per volere della politica che per esigenze reali del territorio.
E’ di qualche settimana fa la notizia dell’attacco degli Hedge Found all’Istituto Monte dei Paschi di Siena che è bene ricordarlo ha lo Stato italiano tra i suoi principali azionisti di fatto, con ripetute iniziative di salvataggio, a cui i media internazionali non hanno dedicato grande spazio, presi dai problemi altrettanto gravi del sistema tedesco. Ricordiamo la crisi di quattro istituti molti attivi sul territorio nazionale: Banca Etruria, Banca Marche, Carife e CariChieti, anche in questo caso salvate dal Governo e la immediata risposta della parte restante del sistema bancario con un rincaro dei costi dei conti correnti. Chi paga dunque sono sempre i correntisti, sempre più inermi ed ignari sulla gravissima situazione del sistema italiano ed europeo.
Qualche economista illuminato collega la crisi del sistema bancario a quella del debito sovrano, con effetto “doom loop”. Le banche hanno oggi disponibili titoli di stato per oltre 400 miliardi di euro. Una crisi del comparto bancario è una crisi dell’intero sistema. Ecco l’interesse dello Stato nei confronti del salvataggio delle banche e l’assoluta posizione di “cuscinetto” che le imprese ed i consumatori stanno pagando sulla propria pelle. Una possibile carta da giocare resta la Cassa Depositi e Prestiti. Più di una volta si è paventato un intervento diretto dell’unica e vera banca di Stato. Ad oggi le ipotesi paventate non prevedono soluzioni. Ed allora possiamo chiudere con una domanda che ha già una risposta chiara: se banche e Governo sono strettamente legate, se tutto il sistema è retto dai consumatori, come è pensabile ipotizzare una ripresa di un sistema al collasso? L’unico asset sacrificabile è l’economia reale.