Mezzogiorno: non si cresce senza Banche
Il Sud vive un pericoloso equivoco: è infatti idea diffusa che il turismo da solo possa rappresentare la piattaforma economica su cui costruire il futuro del Mezzogiorno.
Questa considerazione, che farebbe sorridere i più, appare in questi giorni il vero grande bluff dell’economia nazionale. Immaginare che una città come Napoli possa basare la propria economia sul turismo è probabilmente un gioco incosciente, volto a nascondere l’incapacità della capitale del meridione di creare reale economia condivisa di tipo industriale. Ed è probabilmente questo passaggio che porta a generare un secondo grande equivoco: come è possibile immaginare servizi di qualsiasi genere in assenza di capacità produttiva ?
La risposta a questa tesi bizzarra, che dà fiato alle trombe più illusorie dei nostri tempi, può essere ritrovata in una duplice verità: non è possibile avere imprenditoria di un certo tipo in assenza di gruppi bancari interessati realmente al Mezzogiorno.
E' dunque arrivato il momento di svelare l’arcano: senza soldi non si cantano messe o se le si cantano, sono di tono minore.
Sveliamo con qualche semplice passaggio il percorso storico che ha portato il Mezzogiorno ad essere depredato della sua Banca più importante: il Banco di Napoli.
A maggio 2016 il Governo Renzi acquisisce dal Gruppo San Paolo la SGA. Il Mef acquista da Intesa Sanpaolo il 100% delle azioni della società sulle quali aveva un diritto di pegno in virtù proprio del decreto di salvataggio del Banco di Napoli che fu ceduto prima alla cordata Ina-Bnl e successivamente al gruppo San Paolo Imi (poi confluito in Intesa Sanpaolo).
La SGA all'epoca rilevò dal Banco circa 6.4 miliardi di euro di crediti inesigibili o incagliati, che rappresentavano il bug insanabile dell'Istituto di Credito.
Il paradosso è che, carte alla mano, sembra che in soli 20 anni, la SGA abbia recuperato circa il 90% di quei crediti. Anche il più ingenuo degli analisti arriva così ad una conclusione: quei crediti non erano poi tanto difficili da recuperare, evidentemente. Ed allora il dubbio che tutta l'operazione del "salvataggio del Banco di Napoli" sia stata innanzitutto la più grande speculazione finanziaria dell'epoca repubblicana rischia di divenire un'ipotesi molto verosimile.
Il Sud è stato privato della sua unica leva di sviluppo attraverso una spregiudicata operazione di bombardamento finanziario.
Non può non balzare agli occhi il confronto con la situazione del Monte dei Paschi di Siena di questi giorni, salvato dal Governo con un'operazione spot (l'ennesima) e per il quale si poteva teoricamente ripetere ciò che era già accaduto con il Banco di Napoli e che portò alla privatizzazione di fatto di BNL. Il Governo italiano dunque in pochi mesi ha recuperato con gli interessi l'operazione finanziaria fatta al Sud tramite la SGA, reinvestendo (teoricamente) quegli stessi proventi nel salvataggio di diversi istituti bancari tutti ubicati nel Nord del Paese.
Il Paese è di fatto spaccato in due parti: la prima, il nord, è sistematicamente sovvenzionata dallo Stato attraverso i contributi erogati agli Istituti di Credito e le operazioni di salvataggio dei grandi gruppi industriali. La seconda, il Mezzogiorno, viene, con indubbia ironia, descritta come "finalmente libera dall'ingombrante ed interessato intervento statale e pronta a mettere in gioco la propria creatività imprenditoriale", illudendola di poter vivere di turismo internazionale (in totale assenza di strutture ed infrastrutture), privata di qualsivoglia polmone finanziario e resa monca dei suoi porti strategici sul Mediterraneo (Gioia Tauro e Taranto) dove gli interessi personali hanno di fatto reso impossibile lo sviluppo.
Chi scrive non vuole sottovalutare il peso economico del comparto turistico. La storia, la cultura, la posizione geografica, il costo della vita, sono eccezionali attrattori.
Ma pensare che una conglomerazione urbana di quasi 4 milioni di abitanti come Napoli possa vivere di flussi turistici come un qualsiasi borgo di provincia, è una mera utopia. Londra, Madrid, Monaco, Vienna non vivono di solo turismo, ma hanno nell'alta imprenditoria e nel sostegno finanziario la leva di sviluppo di un sistema complesso che prevede anche il turismo come fattore di composizione del PIL.
Bisognerebbe chiedersi a che giova una simile narrazione delle prospettive di sviluppo economico del Mezzogiorno.
Al netto della valorizzazione della propria bellezza, ciò che occorre al Sud Italia è ben altro: innanzitutto una grande "Banca nel Mezzogiorno" che finanzi le famglie e le imprese e renda possibile, in coordinamento con gli operatori privati e l'apparato pubblico, un nuovo programma di ammodernamento infrastrutturale del territorio. Solo con questi presupposti il Meridione potrà immaginare di far uscire dalla crisi la propria economia.