Caso MPS: Banche sì, consumatori no. L'eterna anomalia tutta italiana
Come accade oramai da troppo tempo, il sistema bancario italiano è stato protagonista negli ultimi dieci giorni delle principali pagine dei quotidiani internazionali. Il sistema sta letteralmente per implodere e da segnali chiari di cedimento da troppo tempo.
Il Monte dei Paschi di Siena, società quotata in borsa, ha ricevuto dalla BCE qualche giorno fa ben più di uno stop significativo. Il messaggio arrivato alla banca italiana è stato molto chiaro: stop a qualsivoglia iniziativa volta a prendere tempo senza risolvere le problematiche che attanagliano il bilancio di uno dei più celebri istituti di credito italiani.
Secondo il Sole 24 Ore decisivo sarebbe stato il ruolo dei piccoli risparmiatori, contattati dalla rete retail dell’Istituto e vero e proprio polmone finanziario della banca. Anche il Governo sembra avere pronto un piano di intervento.
Le recenti disavventure politiche dell’ex premier Renzi non sembrano aver cambiato di troppo la sostanza: MPS è una priorità politica prima ancora che economica. Un quesito nasce spontaneo: ferma restando la priorità di salvare i posti di lavoro e tutto l’indotto di una delle realtà storiche della finanza italiana, quale è la differenza tra le migliaia di imprese e i consumatori che ad oggi hanno con l’Istituto in essere contenziosi legati a problematiche come anatocismo, superamento tassi soglia, incauto credito e che in alcuni casi sono costrette a chiudere i battenti e che nello Stato non trovano un supporto ma spesso e volentieri un fiero sostenitore del sistema in opposizione a quanto previsto dal codice civile?
L’intervento dello Stato in ipotesi di salvataggio renderebbe la situazione paradossale: da una parte si sostiene pubblicamente (e dunque con i soldi degli italiani) un Istituto di Credito in crisi e dall’altra si ignora lo stato di difficoltà di comparti come quello della piccola industria, del commercio e dell’artigianato, lasciando gli imprenditori al proprio destino.
E così mentre una vittima del sistema creditizio si ritrova a dover pellegrinare tra tribunali e consulenti tecnici di ufficio per acclarare il proprio stato di default nella speranza di dare un freno alla crisi nell’interesse dei terzi prima di tutto, un istituto di credito finanziato indirettamente dallo Stato, agevolato a più riprese dall’UE, tra i più sostenuti dai governi degli ultimi 20 anni, gode in maniera manifesta di un supporto negato ad altre realtà.
Ma il paradosso in chiave tutta italiana, non finisce qui. L’Istituto di Credito ha in “pancia” un immenso patrimonio immobiliare, frutto di acquisizioni avvenute negli ultimi anni. Ecco che ad un piccolo consumatore balza immediatamente all’occhio la questione espropriazione immobiliare.
In rete è possibile accedere al link (http://tiny.cc/tabqhy) con elenco di immobili in vendita proprio da espropriazione. Gli stessi espropriati saranno i sostenitori indiretti (in quanto cittadini italiani) del salvataggio di quello stesso Istituto che davanti ad una loro difficoltà non ha avuto alcuna esitazione ad attaccare il frutto del risparmio di anni o addirittura di generazioni.
Siamo lontanissimi dal concetto di stato di diritto. Entriamo una logica di tipo politico, di vera e propria lobby che rende meno solida la credibilità di tutto il sistema: di chi dovrebbe controllare una società quotata, dell’associazione degli istituti di credito italiani, della banca delle banche e di tutta una fitta normativa a tutela dei piccoli risparmiatori che ad oggi tutela soltanto gli Istituti di Credito.
A questo punto una riflessione fatta a voce alta: non si può non immaginare un modello di sistema bancario in cui gli istitudi di credito nazionali siano partecipati dallo Stato in quota maggioritaria ed assolvano ad una funzione "sociale" a supporto dell'economia nazionale, dividendosi tra banche d'affari e banche di risparmio.
Le banche d'affari potrebbero avere una funzione molto vicina a quella dei fondi di investimento mentre quelle di risparmio divenire delle solide roccaforti della funzione di risparmio dei consumatori.
Ricordiamo che quanto risparmiato può divenire investimento e dunque linfa per il nostro sistema, che continua a vessare i potenziali protagonisti di una rinascita economico finanziaria nazionale (i consumatori) a tutto vantaggio di espressioni politicizzate, in continua perdita e vero e propria spada di damocle sia sui cittadini che sulle Istituzioni stesse.
La UE e le sue delibere sono divenute un "ombrello" con cui il sistema difende la sua volontà di non cambiare radicalmente le cose. Il caso MPS è un chiaro segnale di ciò che potrebbe divenire una reazione a catena: o si interviene seriamente ed in chiave programmatica sul problema credito o in breve tempo la propensione al consumo sarà resa minima così come quella agli investimenti, con un crack economico senza precedenti.