La democrazia contro sé stessa
10.07.2020
La convulsione politica che il mondo deve affrontare oggi non è né nuova né durerà come le sue precedenti. Il fascismo è tornato, i leader populisti sono richiesti, il nazionalismo ha preso la guida, il mondo si sta trasformando in un flusso di eventi odiosi che dividono piuttosto che unire come ci si aspettava dallo scopo della leadership dopo la seconda guerra mondiale. Il disprezzo per le norme e le leggi internazionali è la nuova normalità per molti leader. All'interno di questo nuovo modello, gli elettori sono sotto dettatura, piuttosto che partner per costruire la base di risorse politiche, sociali ed economiche del Paese. In breve, la democrazia ha perso la presa, anche se non senza costi.
Negli ultimi anni, le persone sono state uccise a sangue freddo a causa del loro colore e della loro religione, come è accaduto in Nuova Zelanda quando un suprematista bianco ha puntato la pistola contro dei fedeli musulmani in due diverse moschee e ne ha uccisi 49.
L'Europa ha visto una forte e costante antipatia per i musulmani contro quella che è stata definita un'invasione del loro mercato del lavoro e della cultura da parte dei migranti musulmani provenienti da Paesi musulmani devastati dalla guerra. L'India ha intensificato il trattamento disumano di indù di bassa casta e di musulmani trasformando la struttura legale dello Stato a favore di uno Stato indù. L'ingiustizia razziale è tornata negli Stati Uniti a causa dell'erosione dei valori politici normativi integrati nella tolleranza reciproca e nella tolleranza istituzionale. In breve, la democrazia sta morendo per mano di “leader populisti”.
I leader dall'Ungheria al Brasile e persino Israele stanno usando a loro vantaggio l'ideologia nazista del razzismo. Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro e il presidente ungherese Viktor Orban hanno promosso la falsa idea che il partito nazista fosse un movimento di sinistra. Secondo Netanyahu, Adolf Hitler chiese nel 1941 il consiglio di un muftì: “Che cosa dovrei fare con loro?” e il muftì rispose: “Bruciali”. Non ci sono prove che questo tipo di dialogo abbia mai avuto luogo. La visione di Donald Trump “L'America viene prima” è piena di odio per tutto ciò che non è bianco e nordamericano. Il suo orrore non fa distinzione tra persone e istituzioni. Ha screditato il presidente cinese, la NATO e l'Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) nello stesso respiro. Non è solo contro l'abbattimento di statue confederate che avevano da tempo rafforzato il razzismo negli Stati Uniti, ma è anche poco riguardoso nei confronti della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) perché non serve l'interesse americano. Allo stesso modo, Modi, per trasformare l'India in uno Stato indù, ha iniziato il genocidio in Kashmir uccidendo sistematicamente la sua gioventù, principalmente maschile, e cambiando la sua composizione demografica.
La domanda è: come è arrivato il mondo a questo passo?
Secondo i dati raccolti nel più recente sondaggio sui valori mondiali, le generazioni più giovani in molti Paesi sviluppati sono diffidenti nei confronti della democrazia e sono più aperte ad un'alternativa autoritaria come governi militare o i leader forti, fintanto che forniscono [lo status quo].
Ivan Krastev, un intellettuale europeo, osserva: “Un leader populista attira coloro che vedono la separazione del potere non come un modo per rendere responsabili coloro che sono al potere, ma come un modo per le élite di eludere le loro promesse elettorali”.
Quando le politiche di un governo eletto democraticamente incoraggiano la disuguaglianza, la disoccupazione e la corruzione, le persone cercano un modello di governo alternativo e finiscono spesso nella trappola dei leader populisti, che si immedesimano nei primi evidenziando e attribuendo a coloro al potere i difetti amministrativi del governo.
Sebbene un leader populista faccia la promessa di espiare i peccati commessi in nome della democrazia, la sua macchinazione di mobilitare “il popolo” contro le élite corrotte stimola la polarizzazione e delegittima la negoziazione e il compromesso. Gli avversari politici si trasformano in nemici. Questa lotta di “noi contro di loro” fa scendere la cultura politica nel caos completo. Dietro la facciata della nobile causa di attuare la “volontà popolare”, questi leader non hanno scrupoli nel dividere il dibattito pubblico, sminuire l'opposizione e ostentare l'arena elettorale abusando delle risorse dello Stato.
In corollario, il populismo è, come sostenuto da Cas Mudde, uno scienziato politico olandese, “una reazione naturale degli elettori contro alcune delle qualità antidemocratiche delle istituzioni liberali”.
La democrazia non riguarda elezioni libere ed eque. In questo senso, anche Hitler era un democratico perché divenne il cancelliere della Germania tramite elezioni libere. La democrazia è un'ideologia che prospera sul liberalismo costituzionale, che consiste nello stabilire lo stato di diritto, praticare la separazione dei poteri e proteggere le libertà fondamentali di parola, assemblea, religione e proprietà. Se un governo non si sforza di raggiungere questi obiettivi, potrebbe comunque essere una democrazia ma non una liberale che sottolinea l'autonomia e la dignità di un individuo contro la coercizione - qualunque sia la fonte - Stato, moschea o società.
Quando Hugo Chávez dovette prestare giuramento come presidente del Venezuela nel febbraio 1999, cambiò giuramento e lesse: “Giuro davanti al mio popolo che su questa moribonda Costituzione farò avanzare le trasformazioni democratiche necessarie affinché la nuova repubblica avrà una Magna Carta adeguata ai tempi”. Aggiunse: “La Costituzione, e con essa il sistema politico sfortunato a cui ha dato la luce 40 anni fa, deve morire”. A poche ore dall'arrivo al potere, formò una nuova assemblea costituente per rivedere la costituzione.
La soluzione, quindi, sta nell'adozione del liberalismo costituzionale, con lo stato di diritto e le istituzioni forti come fondamento. Altrimenti, come una costituzione scritta, questa tradizione non scritta della politica basata sull'odio farà molto per influenzare negativamente il comportamento della nostra generazione futura.
L'esperienza del Pakistan con la democrazia è quasi nascente. Sebbene due governi successivi abbiano trasferito il potere a governi eletti democraticamente, l'assenza di “democrazia strategica” in base alla quale il partito perdente accetta la sua sconfitta e non accusa il partito vincente di brogli elettorali ha perpetuato la cultura della “intolleranza reciproca” e della “diffidenza istituzionale”. Dopo aver vinto la nostra lotta contro il terrorismo, dobbiamo riuscire a sconfiggere dalla cultura pakistana e dall'ideologia politica l'intolleranza che porta all'estremismo e all'inganno.
***************
Articolo originale di Durdana Najam:
Traduzione di Costantino Ceoldo