La de-dollarizzazione entra nel vivo

02.05.2023

È ormai assodato che lo status del dollaro USA come valuta di riserva globale si sta erodendo. Quando i media occidentali iniziano ad attaccare seriamente la narrazione della de-dollarizzazione del mondo multipolare, si capisce che il panico a Washington è ormai pienamente diffuso.

I numeri: la quota del dollaro nelle riserve globali era del 73% nel 2001, del 55% nel 2021 e del 47% nel 2022. Il dato fondamentale è che l’anno scorso la quota del dollaro è scivolata 10 volte più velocemente rispetto alla media degli ultimi due decenni.

Ora non è più inverosimile prevedere una quota globale del dollaro di appena il 30% entro la fine del 2024, in coincidenza con le prossime elezioni presidenziali statunitensi.

Il momento decisivo – l’effettiva causa scatenante della caduta dell’egemone – è stato nel febbraio 2022, quando oltre 300 miliardi di dollari di riserve estere russe sono state “congelate” dall’Occidente collettivo e ogni altro Paese del pianeta ha iniziato a temere per i propri depositi di dollari all’estero. In questa mossa assurda, però, c’è stato un po’ di sollievo comico: l’UE “non riesce a trovare” la maggior parte di essi.

Passiamo ora ad alcuni sviluppi essenziali sul fronte del commercio.

Secondo il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov, oltre il 70% degli accordi commerciali tra Russia e Cina utilizza il rublo o lo yuan.

Russia e India commerciano petrolio in rupie. Meno di quattro settimane fa, il Banco Bocom BBM è diventato la prima banca latinoamericana a partecipare direttamente al sistema di pagamento interbancario transfrontaliero (Cross-Border Interbank Payment System, CIPS), che è l’alternativa cinese al sistema di messaggistica finanziaria guidato dall’Occidente, SWIFT.

La cinese CNOOC e la francese Total hanno firmato il loro primo scambio di GNL in yuan attraverso lo Shanghai Petroleum and Natural Gas Exchange.

Anche l’accordo tra Russia e Bangladesh per la costruzione dell’impianto nucleare di Rooppur non prevede l’uso del dollaro. Il primo pagamento di 300 milioni di dollari sarà in yuan, ma la Russia cercherà di cambiare i successivi in rubli.

Il commercio bilaterale tra Russia e Bolivia accetta ora pagamenti in boliviano. Questo è estremamente pertinente, considerando la spinta di Rosatom ad essere una parte cruciale dello sviluppo dei depositi di litio in Bolivia.

In particolare, molti di questi scambi coinvolgono i Paesi BRICS – e non solo. Almeno 19 nazioni hanno già chiesto di entrare a far parte del BRICS+, la versione allargata della principale istituzione multipolare del XXI secolo, i cui membri fondatori sono Brasile, Russia, India e Cina, e poi il Sudafrica. I ministri degli Esteri dei cinque membri originari inizieranno a discutere le modalità di adesione dei nuovi membri in un vertice che si terrà a giugno a Capetown.

Il BRICS, nella sua forma attuale, è già più importante del G7 per l’economia globale. Gli ultimi dati del FMI rivelano che gli attuali cinque Paesi BRICS contribuiranno alla crescita globale per il 32,1%, rispetto al 29,9% del G7.

Con l’Iran, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, la Turchia, l’Indonesia e il Messico come possibili nuovi membri, è chiaro che i principali attori del Sud globale stanno iniziando a concentrarsi sulla quintessenza dell’istituzione multilaterale in grado di distruggere l’egemonia occidentale.

Il presidente russo Vladimir Putin e il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman (MbS) stanno lavorando in totale sincronia, mentre la partnership di Mosca con Riyadh nell’OPEC+ si trasforma in BRICS+, parallelamente all’approfondimento della partnership strategica Russia-Iran.

MbS ha intenzionalmente indirizzato l’Arabia Saudita verso il nuovo trio di potere dell’Eurasia, Russia-Iran-Cina (RIC), allontanandosi dagli Stati Uniti. Il nuovo gioco in Asia occidentale è l’imminente BRIICSS, che vede la partecipazione di Iran e Arabia Saudita, la cui storica riconciliazione è stata mediata da un altro peso massimo dei BRICS, la Cina.

È importante notare che l’evoluzione del riavvicinamento irano-saudita implica anche una relazione molto più stretta tra il Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) nel suo complesso e il partenariato strategico Russia-Cina.

Ciò si tradurrà in ruoli complementari – in termini di connettività commerciale e sistemi di pagamento – per il Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC), che collega Russia-Iran-India, e per il Corridoio Economico Cina-Asia Centrale-Asia Occidentale, un asse portante dell’ambiziosa e multimiliardaria Belt and Road Initiative (BRI) di Pechino.

Oggi solo il Brasile, con il suo presidente Luiz Inácio Lula Da Silva ingabbiato dagli americani e una politica estera erratica, rischia di essere relegato dai BRICS allo status di attore secondario.

Oltre il BRIICS

Il treno della de-dollarizzazione è stato spinto ad alta velocità dagli effetti cumulati del caos della catena di approvvigionamento legato a Covid e dalle sanzioni collettive occidentali contro la Russia.

Il punto essenziale è questo: I BRICS hanno le materie prime e il G7 controlla la finanza. Quest’ultima non può coltivare le materie prime, ma la prima può creare valute, soprattutto quando il loro valore è legato a beni tangibili come oro, petrolio, minerali e altre risorse naturali.

Il fattore chiave di oscillazione è probabilmente il fatto che il prezzo del petrolio e dell’oro si sta già spostando verso la Russia, la Cina e l’Asia occidentale.

Di conseguenza, la domanda di obbligazioni denominate in dollari sta lentamente ma inesorabilmente crollando. Trilioni di dollari statunitensi cominceranno inevitabilmente a tornare a casa, distruggendo il potere d’acquisto del dollaro e il suo tasso di cambio.

Il crollo di una moneta armata finirà per distruggere l’intera logica che sta alla base della rete globale di oltre 800 basi militari degli Stati Uniti e dei loro bilanci operativi.

Da metà marzo, a Mosca, durante il Forum economico della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) – una delle principali organizzazioni intergovernative dell’Eurasia formatesi dopo la caduta dell’URSS – si discute attivamente di un’ulteriore integrazione tra la CSI, l’Unione Economica dell’Eurasia (EAEU), l’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (SCO) e i BRICS.

Le organizzazioni eurasiatiche che coordinano il contrattacco all’attuale sistema a guida occidentale, che calpesta il diritto internazionale, sono state non a caso uno dei temi chiave del discorso del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov alle Nazioni Unite all’inizio di questa settimana. Non è nemmeno un caso che quattro Stati membri della CSI – la Russia e tre “stan” dell’Asia centrale – abbiano fondato la SCO insieme alla Cina nel giugno 2001.

L’accoppiata Davos/Grande Reset globalista, a tutti gli effetti, ha dichiarato guerra al petrolio subito dopo l’inizio dell’Operazione militare speciale (OMS) della Russia in Ucraina. Hanno minacciato l’OPEC+ di isolare la Russia – o altrimenti, ma hanno fallito in modo umiliante. L’OPEC+, gestita di fatto da Mosca-Riyadh, ora governa il mercato globale del petrolio.

Le élite occidentali sono nel panico. Soprattutto dopo la notizia bomba lanciata da Lula in terra cinese durante la sua visita con Xi Jinping, quando ha invitato l’intero Sud globale a sostituire il dollaro USA con le proprie valute nel commercio internazionale.

Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea (BCE), ha recentemente dichiarato al Council of Foreign Relations di New York – il cuore della matrice dell’establishment statunitense – che “le tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina potrebbero far aumentare l’inflazione del 5% e minacciare il dominio di dollaro ed euro”.

Il pensiero monolitico dei media mainstream occidentali è che le economie dei BRICS che commerciano normalmente con la Russia “creano nuovi problemi al resto del mondo”. È un’assurdità: crea solo problemi al dollaro e all’euro.

L’Occidente collettivo sta raggiungendo la “Fila della Disperazione”, ora in concomitanza con lo stupefacente annuncio di un ticket presidenziale statunitense Biden-Harris che si ricandiderà nel 2024. Ciò significa che i responsabili neocon dell’amministrazione statunitense raddoppieranno il loro piano per scatenare una guerra industriale contro la Russia e la Cina entro il 2025.

Arriva il petroyuan

E questo ci riporta alla de-dollarizzazione e a ciò che sostituirà la valuta di riserva egemonica del mondo. Oggi il CCG rappresenta oltre il 25% delle esportazioni globali di petrolio (l’Arabia Saudita è al 17%). Oltre il 25% delle importazioni di petrolio della Cina proviene da Riyadh. E la Cina, come prevedibile, è il primo partner commerciale del CCG.

La Borsa del petrolio e del gas naturale di Shanghai è entrata in funzione nel marzo 2018. Oggi qualsiasi produttore di petrolio, di qualsiasi paese, può vendere a Shanghai in yuan. Ciò significa che l’equilibrio di potere nei mercati petroliferi si sta già spostando dal dollaro USA allo yuan.

Il problema è che la maggior parte dei produttori di petrolio preferisce non tenere grandi scorte di yuan; dopo tutto, tutti sono ancora abituati al petrodollaro. Pechino ha quindi deciso di collegare i futures sul greggio a Shanghai alla conversione dello yuan in oro. Il tutto senza toccare le enormi riserve auree della Cina.

Questo semplice processo avviene attraverso le borse dell’oro istituite a Shanghai e Hong Kong. E, non a caso, è al centro di una nuova valuta che scavalca il dollaro, in discussione presso l’EAEU.

L’eliminazione del dollaro ha già un meccanismo: sfruttare appieno i contratti petroliferi futuri in yuan della Shanghai Energy Exchange. Questo è il percorso preferito per la fine del petrodollaro.

La proiezione del potere globale degli Stati Uniti si basa fondamentalmente sul controllo della valuta globale. Il controllo economico è alla base della dottrina del Pentagono “Full Spectrum Dominance”. Tuttavia, ora anche la proiezione militare è in crisi, con la Russia che mantiene un’avanzata irraggiungibile sui missili ipersonici e Russia-Cina-Iran in grado di schierare una serie di portaerei-killer.

L’eemone – aggrappato a un cocktail tossico di neoliberismo, demenza sanzionatoria e minacce difgfuse – sta sanguinando dall’interno. La de-dollarizzazione è una risposta inevitabile al collasso del sistema. In un ambiente Sun Tzu 2.0, non c’è da stupirsi che la partnership strategica Russia-Cina non abbia intenzione di interrompere il nemico quando è così impegnato a sconfiggere se stesso.

Pubblicato su The Cradle

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini