Il terrore dal Balochistan: uno strumento minaccioso per interrompere l’economia sino-pakistana

07.05.2022

Questa è la storia concisa di come un attentato suicida può avere il potenziale di sovvertire l’intero, continuo e complesso processo di integrazione dell’Eurasia.

Recentemente, il Balochistan Liberation Movement (BLA) ha rilasciato un video influenzato dall’ISIS, minacciando “funzionari e installazioni cinesi” nella vasta provincia del Pakistan.

Tuttavia, ciò che è effettivamente accaduto alla fine di aprile è stato un attentato suicida fuori dall’Istituto Confucio dell’Università di Karachi – non in Balochistan – e prendendo di mira gli insegnanti cinesi, non “funzionari e installazioni”.

L’attentatore suicida era una donna, Shaari Baloch, alias Bramsh, che ha fatto esplodere il suo giubbotto proprio mentre un furgone che trasportava membri dello staff dell’Istituto si avvicinava all’ingresso. L’attacco è stato rivendicato dalla Brigata Majeed del BLA, che ha sottolineato che questa è stata la prima volta che hanno usato una donna kamikaze.

Shaari Baloch era un’insegnante con una laurea in zoologia, iscritta a un secondo master, sposata con un dentista e docente al Makran Medical College nella sua città natale, Turbat, nel Balochistan meridionale. I suoi tre fratelli sono un medico, un vicedirettore di un progetto finanziato dal governo e un impiegato statale. Quindi Shaari Baloch era ben lungi dall’essere una semplice indigente Salafi-jihadi indottrinata online.

Il Ministero degli Esteri pakistano ha dovuto sottolineare l’ovvio: questo era un “attacco diretto all’amicizia Pakistan-Cina e alla cooperazione in corso”, sempre qualificata, da entrambe le parti, come “fratelli di ferro”. Il Pakistan è un nodo assolutamente chiave della Belt and Road Initiative (BRI) cinese per collegare la massa eurasiatica.

Questo non è stato un normale attacco terroristico. I suoi riverberi sono immensi – non solo in una delle province del Pakistan e nell’Asia meridionale a livello regionale, ma per tutta l’Eurasia. Può essere un presagio di gravi turbolenze future.

L’atto di disperazione di Shaari Baloch dovrebbe essere visto, per cominciare, come l’incarnazione di una profonda alienazione baloch sentita dalle classi medie istruite, da avvocati e commercianti a studenti, che permea costantemente il complesso rapporto con una lontana Islamabad. Una parte significativa del puzzle è che 26 agenzie di intelligence pakistane non se lo aspettavano.

I leader baloch hanno immediatamente fatto notare che la migliore reazione possibile sarebbe stata quella di convocare una Grande Jirga – sul modello della Shahi Jirga praticata al tempo della divisione del subcontinente – che avrebbe unito tutti gli anziani tribali per affrontare le più pressanti rimostranze locali.

Riunire i soliti sospetti

Il Balochistan, geostrategicamente, è prezioso come i minerali delle terre rare: un immenso deserto posizionato a est dell’Iran, a sud dell’Afghanistan e che vanta tre porti sul Mar Arabico, tra cui Gwadar, praticamente all’imbocco dello strategico stretto di Hormuz.

Comprendendo quasi il 48% della superficie del Pakistan, il Balochistan è ricco di uranio e rame, potenzialmente molto ricco di petrolio, produce più di un terzo del gas naturale del Pakistan ed è scarsamente popolato. I baloch rappresentano la maggioranza della popolazione, seguiti dai Pashtun. Quetta, la grande capitale provinciale, per anni è stata considerata dal Pentagono come il centro dei talebani.

Gwadar, il porto costruito dalla Cina sulla costa sud-occidentale del Balochistan sul Mar Arabico – direttamente di fronte all’Oman – è il nodo chiave assoluto del Corridoio Economico Cina-Pakistan (CPEC), e raddoppia come collegamento essenziale in una saga infinita di oleodotti. Il gasdotto Iran-Pakistan-India (IPI), precedentemente conosciuto come il “gasdotto della pace”, con il progetto di passare dal Balochistan iraniano a quello pakistano (l’India non ha ancora deciso) è un anatema assoluto per Washington dall’era di George W. Bush.

Il CPEC rimane una fonte infinita di controversie anche all’interno del Pakistan. Al di là di tutti i collegamenti previsti tra Gwadar e Xinjiang entro l’anno 2030, la maggior parte di questo ambizioso corridoio di connettività si occupa di energia, zone industriali e progetti stradali e ferroviari in diverse parti del paese – un miglioramento complessivo delle sue infrastrutture in ritardo. I cinesi, per anni, hanno scherzato sul fatto che “tutto il Pakistan è un corridoio”.

L’establishment della sicurezza statunitense, prevedibilmente, ha pianificato per anni di strumentalizzare un’insurrezione in Balochistan per – cos’altro – “interrompere” prima la possibilità di un gasdotto energetico da Gwadar allo Xinjiang, e poi il progetto globale CPEC. I soliti sospetti come il National Endowment for Democracy (NED) degli Stati Uniti sono molto presenti in Balochistan. WikiLeaks aveva rivelato molto del gioco già nel 2015.

Un rapporto del Carnegie Institute ha notato come “molti leader nazionalisti baloch ora provengono dai distretti urbanizzati di Kech, Panjgur e Gwadar (e in misura minore da Quetta, Khuzdar, Turbat, Kharan e Lasbela). Sono ben collegati a Karachi e alle città del Golfo, dove le strutture tribali sono inesistenti. Infatti, mentre c’è violenza in tutta la provincia, l’insurrezione sembra concentrarsi principalmente in queste aree urbanizzate”.

L’attentatore suicida Shaari Baloch veniva da Turbat, la seconda città della provincia, dove il BLA è molto attivo. Dal punto di vista dei soliti sospetti, queste sono risorse scelte, soprattutto dopo la morte di importanti leader tribali come Akbar Bugti. Il rapporto ha debitamente notato come “i giovani baloch istruiti e della classe media sono in prima linea” dell’insurrezione.

La strumentalizzazione anti-Cina del BLA si lega anche all’operazione parlamentare di cambio di regime a Islamabad, che ha recentemente deposto l’ex primo ministro Imran Khan, che è sempre stato un feroce avversario della “guerra eterna” americana in Afghanistan. Khan ha risolutamente negato l’uso del Pakistan nelle operazioni militari americane “oltre l’orizzonte”: questo è stato uno dei motivi principali della sua estromissione.

Ora, con un nuovo regime flessibile, approvato da Washington, un miracolo è appena accaduto: il Pentagono sta per concludere un accordo formale con Islamabad per utilizzare lo spazio aereo pakistano per – cos’altro – continuare a interferire in Afghanistan.

Pechino, così come gli altri membri della Shanghai Cooperation Organization (SCO), non si divertiranno. Solo poche settimane prima del golpe bianco, Khan aveva incontrato il presidente cinese Xi Jinping, sottolineando ancora una volta come Pakistan e Cina siano “fratelli di ferro”.

Imran Khan era una seria spina nel fianco dell’Occidente perché continuava a far capire ai pakistani che la perenne guerra in Afghanistan non era militarmente vincibile. Sapeva come tutte le proxy – compreso il BLA – che hanno destabilizzato sia l’Afghanistan che il Pakistan per decenni erano, e continuano ad essere, parte delle operazioni segrete degli Stati Uniti.

Non un complotto Iran-India

Il Balochistan è profondamente tribale come le aree tribali pashtun. I capi tribali locali possono essere tanto ultra-conservatori quanto Islamabad è negligente (e non sono nemmeno esattamente paragoni dei diritti umani). La maggior parte delle tribù però si inchina all’autorità di Islamabad – tranne, in primo luogo, i Bugti.

Poi c’è l’Esercito di Liberazione del Balochistan (BLA), che sia Washington che Londra hanno bollato come gruppo terroristico, e poi se ne sono dimenticati. Il BLA ha operato per anni da Kandahar in Afghanistan (a sole due ore di distanza da Quetta), e già nel decennio precedente – contemporaneamente all’annuncio delle Nuove Vie della Seta e del CPEC – ha sottolineato che si stava preparando ad attaccare i non-balochi (in codice il governo di Islamabad e gli stranieri cinesi).

I Balochi sono inclini a considerare il BLA come un gruppo di resistenza. Ma Islamabad lo ha sempre negato, dicendo che il loro sostegno non supera il 10% della popolazione provinciale.

Un’ampia controversia ha infuriato in Pakistan per anni sul fatto che il BLA sia stato totalmente dirottato dalla CIA, dall’MI6 e dal Mossad. Durante una visita in Iran nel 2006, mi è stato impedito di andare nella provincia del Sistan-Balochistan, nel sud-est dell’Iran, perché, secondo la versione di Teheran, infiltrati della CIA dal Balochistan pakistano erano coinvolti in attacchi segreti e transfrontalieri. Non era un segreto per nessuno nella regione che dall’11 settembre gli Stati Uniti controllavano virtualmente le basi aeree baloch a Dalbandin e Panjgur.

Nell’ottobre 2001, mentre aspettavo un’apertura per attraversare Kandahar da Quetta, ho passato un bel po’ di tempo con un certo numero di associati e simpatizzanti del BLA. Si descrivevano come “progressisti, nazionalisti, antimperialisti” (e questo li avrebbe resi difficili da cooptare da parte degli Stati Uniti). Erano pesantemente critici nei confronti dello “sciovinismo Punjabi”, e hanno sempre insistito che le risorse della regione appartengono prima ai Balochis; questa era la loro motivazione per gli attacchi ai gasdotti.

Sottolineando un atroce tasso di alfabetizzazione provinciale di solo il 16% (“È la politica del governo per mantenere il Balochistan arretrato”), si risentivano del fatto che la maggior parte della gente non aveva ancora acqua potabile. Rivendicavano il sostegno di almeno il 70 per cento della popolazione baloch (“Ogni volta che il BLA spara un razzo, se ne parla nei bazar”). Sostenevano anche di essere uniti, e in coordinamento con i baloch iraniani. E insistevano che “il Pakistan aveva trasformato il Balochistan in un cantone degli Stati Uniti, il che ha influenzato molto le relazioni tra i popoli afgano e baloch”.

Due decenni dopo, e dopo tutta la saga dell’ISIS in Siria e Iraq, è una storia completamente diversa. I simpatizzanti del BLA potrebbero essere ancora disposti a rimanere all’interno di una confederazione pakistana, anche se con un’autonomia infinitamente maggiore. Ma ora sembrano disposti a usare l’aiuto imperiale occidentale per colpire non solo il governo centrale di Islamabad, ma anche il profittatore straniero “vicino all’estero” (la Cina).

Dopo l’attentato suicida di Karachi, in alcuni circoli pakistani ha iniziato ad emergere una narrazione secondo cui l’Iran e l’India erano in combutta per destabilizzare il Balochistan.

Questo non ha assolutamente senso. Sia Teheran che Islamabad sono strettamente legate a Pechino attraverso diversi nodi delle Nuove Vie della Seta. L’Iran trarrebbe meno di zero benefici a colludere con l’India per destabilizzare un’area che confina con l’Afghanistan, soprattutto quando la SCO è pienamente impegnata a incorporare Kabul nel processo di integrazione dell’Eurasia. Inoltre, l’IPI ha le sue migliori possibilità di realizzarsi nel prossimo futuro, consolidando un cordone ombelicale dall’Asia sud-occidentale all’Asia meridionale.

Durante gli ultimi anni dell’amministrazione di Barack Obama, il BLA, sebbene fosse ancora una frangia con un’ala politica e una militare, si stava raggruppando e riarmando, mentre il ministro capo del Balochistan, Nawab Raisani, era sospettato di essere una risorsa della CIA (non c’erano prove conclusive).

Già all’epoca, il timore a Islamabad era che il governo avesse perso di vista il Balochistan – e che il BLA stesse per essere effettivamente usato dagli Stati Uniti per scopi di balcanizzazione. Questo sembra essere il quadro attuale. Eppure il cuore della questione – espresso in modo lampante dall’attentato suicida di Karachi – è che Islamabad rimane ancora impermeabile alla lamentela chiave dei baloch: vogliamo trarre profitto dalla nostra ricchezza naturale, e vogliamo l’autonomia.

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini