Il Kazakhstan dopo le elezioni parlamentari 2016: analisi e prospettive

31.03.2016

Le elezioni parlamentari svoltesi in Kazakhstan hanno visto ancora il partito di governo confermarsi vincitore, raggiungendo la quota record dell’82% delle preferenze.

Un successo così eclatante per il partito “Nur Otan” di Nursultan Nazarbaev non era mai stato sinora registrato. Alle elezioni parlamentari del 20 marzo 2016, il partito ha raccolto più dell’80% dei voti. D’altronde, le elezioni hanno rappresentato un record non solo in questo senso, ma anche relativamente all’afflusso di cittadini alle urne, dove si è recato circa il 78% degli aventi diritto. Una tale elevata partecipazione elettorale dei cittadini kazaki si può spiegare con il contesto in cui si è svolta la stessa campagna elettorale. Il Kazakhstan, uno dei paesi più estesi al mondo per superficie territoriale nonché uno dei più ricchi di risorse naturali, si trova oggi in una situazione economica estremamente complessa. Alla popolazione si chiedeva dunque a chi affidare le chiavi del governo del paese negli anni a venire.

L’elevata dipendenza dell’economia kazaka dalle materie prime (con il petrolio e i metalli che figurano come le prime voci dell’export) ha comportato una caduta del PIL nel momento in cui i prezzi di queste merci sul mercato mondiale si sono abbassati. L’anno scorso è stata effettuata inoltre una svalutazione della moneta locale, il tenge, corrispondente quasi al 100%, ed è significativamente diminuito il livello di benessere della popolazione, sullo sfondo di una crescente minaccia d’aumento della disoccupazione dovuto alla chiusura di diverse aziende del settore estrattivo.

I primi positivi risultati delle riforme varate dal Presidente Nazarbaev, che hanno avuto un ampio supporto popolare, possono offrire una spiegazione del successo del partito di governo alle recenti elezioni parlamentari.
In questa congiuntura il Presidente del Kazakhstan ha avviato una serie di riforme, che in maggioranza dovranno essere implementate nel giro di cinque-sette anni e che includono cinque direttrici fondamentali, tra cui la fine della dipendenza dalle materie prime (la cosiddetta “industrializzazione innovativa”) e la denazionalizzazione dell’economia, cioè il maggior coinvolgimento di capitali privati. Il risultato ultimo di questa serie di riforme prevede anche il passaggio da una forma di governo fortemente presidenzializzata ad una più ampia sfera di poteri del governo e del Parlamento. Secondo i piani, già nel 2017 saranno implementati i primi passi in questa direzione.

Le riforme del “Piano della nazione” (discusse nei cosiddetti “100 passi”) sono state fortemente sostenute dalla popolazione, anche perché, malgrado le perdite nel bilancio pubblico a seguito della crisi, le autorità sono riuscite non solo a mantenere il livello di spese sociali, ma anche ad aumentare di un terzo le paghe dei lavoratori nella sfera pubblica. D’altronde, ciò corrisponde a quella politica budgetaria anticiclica, a cui già alcuni anni fa il governo si era indirizzato: maggiori spese nei periodi di crisi economica, maggiore austerità nei periodi di crescita (analogamente a quanto accade negli Stati Uniti).

Inoltre, negli ultimi anni il Kazakhstan ha significativamente modificato la legislazione sul lavoro, conferendo maggior potere ai sindacati, e spesso giungendo anche ad un conflitto di interessi contrapposti con il mondo imprenditoriale, che è stato vincolato a versare una speciale imposta pensionistica aggiuntiva ai propri dipendenti (corrispondente al 5% del salario). Per queste ragioni la politica del Presidente del Kazakhstan e del suo partito gode nel paese di una certa popolarità. L’anno scorso, alle elezioni presidenziali, Nazarbaev ha vinto con il 98% dei voti.

Le recenti elezioni parlamentari si sono svolte anticipatamente: com’è noto, da calendario esse avrebbero dovuto tenersi nell’autunno di quest’anno, ma gli stessi deputati di fatto hanno chiesto al Presidente del paese (o “leader della nazione”, come spesso è chiamato Nazarbaev) di sciogliere il Parlamento in anticipo. La ragione principale è proprio il varo di riforme istituzionali, che secondo i deputati devono essere poste in essere da una classe politica che gode pienamente della fiducia dei cittadini. E le elezioni hanno confermato che questa fiducia è riposta ancora nei medesimi partiti.

Nella precedente legislatura in Parlamento erano rappresentate tre forze politiche: oltre al partito di governo “Nur Otan”, c’era il partito “Ak Zhol” (che rappresenta soprattutto gli interessi della classe imprenditoriale) e il Partito comunista del Kazakhstan, che avevano rispettivamente sei e sette deputati (il Parlamento kazako si compone di centonove deputati), per cui anche coalizzandosi difficilmente avrebbero potuto rappresentare una concorrenza reale per il partito “Nur Otan”. Nella nuova composizione del Parlamento essi hanno raggiunto poco più del 7% dei voti, confermando il medesimo numero di scranni della legislatura precedente.

Non è un mistero d’altronde che questi due partiti siano considerati non di opposizione, ma filo-presidenziali: sia l’uno che l’altro sostengono la politica del Presidente, differenziandosi da essa solo per piccoli aspetti. Così, ad esempio, il partito degli imprenditori si concentra sulla massima facilitazione possibile per il business e sull’abbassamento delle tasse, mentre i comunisti al contrario insistono sul “contrasto ai capitalisti” e su un’estensione dei benefit sociali.

In totale alle elezioni hanno preso parte sei partiti, di cui soltanto uno è considerato di opposizione: il Partito popolar-democratico del Kazakhstan, che tuttavia intensifica la sua attività soltanto a ridosso di elezioni, mentre per il resto del tempo i suoi membri non conducono nessun particolare lavoro a contatto con la popolazione. Altri due partiti, “Auyl” e “Birlyk” sono relativamente nuovi, in quanto risultano dalla fusione di quattro altre formazioni politiche che si sono dissolte. Il primo si configura come un partito che difende soprattutto gli interessi della popolazione impegnata nel settore agricolo, il secondo insiste particolarmente sul patriottismo.

Le elezioni hanno chiaramente dimostrato che il “Nur Otan” è stato l’unico partito ad aver presentato con chiarezza un piano strategico di lungo periodo e per questo motivo ha ricevuto maggiori consensi.
Come ha dimostrato la campagna elettorale, nessuno di questi partiti ad eccezione di “Nur Otan” è risultato in grado di presentare una strategia chiara circa la propria azione nei prossimi cinque anni. D’altra parte le stesse piattaforme elettorali si distinguevano poco le une dalle altre: i dibattiti non vertevano tanto sulla lotta alla crisi, quanto sulla crescita economica dopo la crisi stessa. In un certo senso le diverse proposte si completavano l’un l’altra, senza mettere in campo idee che si distinguessero in modo radicale: alcune erano schierate per gli interessi delle imprese, altre per i diritti dei lavoratori, altre per i valori morali e il patriottismo, altre ancora per l’ecologia. L’unica eccezione è stata rappresentata dai socialdemocratici, che tuttavia hanno proposto cambiamenti così radicali che i cittadini kazaki, poco inclini ai “giochi della politica”, non hanno neppure ben compreso.

Per queste ragioni già prima delle elezioni molti elettori ritenevano che «l’assenza di una visione strategica sul futuro del paese non offre ai competitori di “Nur Otan” nessuna possibilità reale». Gli osservatori che hanno seguito lo svolgimento delle elezioni non hanno notato un particolare lavoro di propaganda elettorale da parte della maggioranza dei partiti. L’elettorato, che rilasciato molte opinioni sui social e i siti internet, ha affermato di non aver fiducia nei comunisti perché non vuole «ritornare al passato totalitario» , né nel partito “Ak Zhol” in quanto «gli oligarchi rapinano il popolo semplice».

In linea generale, gli osservatori hanno rilevato che le elezioni si sono svolte senza infrazioni, in modo aperto e democratico. Con la tradizionale eccezione dell’Office for Democratic Institutions and Human Rights ODIHR dell’OSCE, il cui rapporto ha evidenziato una «scollatura fra lo Stato e il partito», esprimendo preoccupazione per il fatto che «quest’anno il Kazakhstan festeggia i venticinque anni di indipendenza, ma il paese continua ad essere rappresentato da un solo partito al potere… il Kazakhstan beneficerebbe di dibattiti politici imparziali e in tal modo troverebbe anche soluzioni più efficaci per far fronte alle sfide future», secondo le parole del capo della delegazione degli osservatori OSCE Geir Jørgen Bekkevold. Il quale ha anche affermato, tuttavia, che «nessuna competizione elettorale è perfetta».

I risultati finali del voto sono stati presentati dalla Commissione Elettorale Centrale entro il 26 marzo. Ma alla conclusione delle operazioni di voto era già chiaro che in Parlamento fossero entrati tre partiti: il partito di governo del Presidente Nazarbaev “Nur Otan”, il partito degli imprenditori “Ak Zhol” e il Partito comunista, che come detto hanno conquistato nella camera bassa sei e sette posti. La nuova composizione del Parlamento sarà ufficialmente formata non più tardi del 5 aprile.

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