Bruxelles: chi ha armato gli attentatori vive in Occidente ?
Gli attentati di Bruxelles hanno fatto piangere Federica Mogherini, Alto rappresentante per gli esteri e la sicurezza della Ue: le sue lacrime palesano emblematicamente il fallimento della classe politica che è alla guida di un intero continente.
In un editoriale pubblicato dalla stampa italiana, la Mogherini ha affermato:
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Non è mia abitudine usare o mostrare emozioni in politica. Ma in una giornata come questa tutti hanno provato un dolore enorme, ed è semplicemente umano che questo dolore si possa manifestare. Nei comunicati scriviamo che i nostri pensieri vanno alle vittime e ai parenti, a volte può succedere che questo si esprima in modo meno ufficiale. Ma questa è solo una reazione umana. Poi c'è il lavoro, per costruire soluzioni ai problemi enormi del nostro tempo.
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Sarà pure vero quello che dice lei… eppure non riusciamo a immaginare un Churchill, uno Chirac o una Thatcher che nel pieno di una crisi internazionale versino lacrime pubblicamente, tanto per infondere fiducia nei propri cittadini. Ai tempi degli statisti citati i media erano meno invasivi di oggi, ma dietro quelle lacrime si trova molto più di quanto cerchi di minimizzare la Mogherini. Dietro quel gesto così umano c'è anche la sconfitta dell'Occidente, della supponenza delle sue azioni, dell'arroganza dei suoi piani. Troppo facile infatti pretendere di fare la guerra lontano dai propri confini, spacciandola per missione di pace o di liberazione, senza pagarne prima o poi le conseguenze — e queste sono appena arrivate nella sede in cui quelle missioni umanitarie dotate di bombe vengono progettate: Bruxelles.
Ma sovviene un'altra domanda scomoda mentre si osservano i tragici fatti degli ultimi tempi. Chi ha armato la mano degli attentatori?
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Non è più possibile continuare a raccontare impunemente ai propri cittadini delle storielle facili; sempre meno europei continuano a credere che i kamikaze si siano armati da soli, grazie alla forza della disperazione o qualche piccolo traffico illecito. Non saranno state invece le connivenze occidentali coi governi di Arabia Saudita, Turchia o Qatar a fornire il supporto economico necessario e la libera circolazione ai terroristi che hanno sconvolto ieri Parigi e oggi Bruxelles? E qualcuno magari vorrà chiarirci anche il sostegno e i finanziamenti fatti arrivare — almeno in un primo momento — al gruppo di Abu Bakr al-Baghdadi per "movimentare" il Medio Oriente?
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Finchè l'Occidente non si deciderà ad affrontare seriamente la questione, non potrà che versare lacrime ipocrite sul sangue che vedrà scorrere nelle sue piazze.
E pensare che durante la chiusura del summit di Antalya il presidente russo Vladimir Putin aveva denunciato proprio quella zona grigia di complicità finanziaria in cui si celano gli affari proibiti che alcuni Stati occidentali e non soltanto fanno con l'Isis e i gruppi terroristici. Isis — denunciò Putin — è finanziato da individui di 40 Paesi, inclusi alcuni membri del G20. Questo monito non venne raccolta da nessuno: peccato che a pagare per quelle trame oscure siano stati comuni cittadini che si fidavano dei loro governanti.
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I fatti di Bruxelles nascondono la stanchezza dell'istituzione europea. Troppo facile adesso accusare le carenze di sicurezza del Belgio, reo di non aver saputo sventare in tempo gli attentati. Il fatto che praticamente tutti i terroristi coinvolti fossero conosciuti dimostra che l'Unione Europa non è in grado di far fronte contro un nemico esterno, neppure quando esso è già noto. La facilità con cui gli attentatori si sono mossi in giro per il continente è frustrante e deriva, spiace constatarlo, da una generale sottovalutazione del problema. Insomma, il Bataclan non ha insegnato nulla. Anzi, i vertici dell'Ue forse hanno pensato che dopo un fatto di tale gravità non si potesse ripetere a breve un attacco di quelle dimensioni. Ma così non è stato. E ora qualche alto rappresentante piange le vittime, ma intanto che cosa aveva fatto per arginare il problema? Probabilmente molto poco, anzi aveva persino criticato l'unico Stato che è intervenuto frontalmente contro il Daesh, mettondoci la faccia e ottenendo grandi risultati.
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A queste domande si aggiunge quella sulla chiusura dei confini, invocata da più parti. Ma a che serve sbarrare le frontiere nazionali ora? A chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati?
Da decenni abbiamo aperto le frontiere — ben più significative — del nostro pensiero, della nostra coscienza, della nostra storia e del nostro credo. Abbiamo instillato il germe dell'odio in altri Paesi, nella superficiale convinzione che nessuno ci presentasse il conto e ora, dopo la nostra inerzia, pensiamo che basti sigillare i confini per cambiare rotta? Finchè l'Occidente non si ricorderà chi è, non potrà indicare nessuna via d'uscita al mondo: ciò che sta vivendo, infatti, l'ha fabbricato con le sue stesse mani, l'ha finanziato con i suoi soldi e poi l'ha importato e fatto prosper
Marco Fontana