LA FRANCIA E' GIA' IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE
Le elezioni saranno celebrate tra poco meno di un anno (23 aprile e 17 maggio 2017) ma la campagna elettorale per conquistare l’Eliseo é già cominciata. Da sinistra a destra le formazioni politiche d’oltralpe cominciano a mostrare i muscoli e i vari candidati cercano, a suon di «coup de théâtre» più visibilità possibile.
La prima ad aprire le danze ѐ stata Marine Le Pen che lo scorso 4 settembre, con il suo discorso dalla roccaforte frontista di Brachay nella regione dell’Alsazia-Lorena-Champagne ha lanciato la sua scalata alla presidenza con la promessa di indire, una volta eletta, un referendum sulla permanenza nell’Unione Europea della Francia per ridare «finalmente al popolo francese il diritto di poter decidere del proprio destino». Un elemento di rottura che potrebbe portare la figlia di Jean Marie direttamente al secondo turno sperando in una sorpresa finale.
Naturalmente il fantasma del padre ѐ ancora molto presente e sempre pericoloso. La strada verso la «dédiabolisation» tracciata da Philippot e compagni ha avuto una battuta d’arresto dopo le rivendicazioni del vecchio Jean Marie che, un po’ per testardaggine e un po’ per non perdere il possesso di quella che considera una propria creatura, ha sicuramente reso più complicato e lungo ill cammino verso un nuovo partito in grado, secondo molti sondaggisti, di portare alla vittoria il movimento tricolore.
A ruota ha seguito l’ex presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy che durante un incontro organizzato lo scorso 24 settembre ha calcato la mano su uno dei temi più caldi del momento: l’identità nazionale. Con la frase «Nos ancêtres les gaulois» l’ex inquilino dell’Eliseo ha conquistato la prima pagina di tutti i giornali. Il suo discorso concentrato sulla politica di assimilazione francese e sull’esaltazione di quei musulmani morti per la libertà della Francia (ha ricordato i soldati delle divisioni di fanteria marocchina e algerina morti a Monte Cassino o gli Harki algerini), riassume la sua strategia politica di «dentro o fuori»: o gli immigrati si piegano alla legge francese riconoscendo come loro antenati (storici e non biologici come si è affrettato a dire) i Galli oppure non sono i benvenuti perchè un corpo estraneo alla società. Naturalmente questo tipo di rivendicazione ha sucitato tra i politici di destra e sinistra un enome dibattito, utile a Sarkozy per apparire su tutti i giornali.
Tra i Repubblicani comunque i giochi restano aperti poichè la vittoria alle primarie di Monsieur Nicolas non è scontata e anzi Alain Juppé (ex primo Ministro durante il primo mandato di Jacques Chirac) è dato sempre più favorito nei sondaggi grazie anche alla scelta di un tono più pacato della campagna elettorale e soprattutto grazie alle sue esperienze di governo. Inoltre le vicissitudini giudiziarie dell’ex presidente della Repubblica, ritornate alla ribalta dopo le rivelazioni sui finanziamenti libici nella passata campagna elettorale rese pubbliche nel libro (La cause du Peuple) del suo ex collaboratore Patrick Buisson, sono una spada di Damocle dalla quale difficilmente potrà liberarsi.
All’apparenza meno cruenta, la battaglia in casa socialista per il prossimo candidato alla presidenza ha peró già fatto una vittima: quel Manuel Valls che fino a poco tempo fa tutti credevano essere l’erede designato del partito sembra ormai essere uscito di scena. Il suo incarico di Primo Ministro ha letteralmente lacerato la sua popolarità e alcune sue incertezze (vedi il dibattito sulla perdita della nazionalità per i ritenuti colpevoli di terrorismo o la presa di posizione sull’ex Ministro dell’Economia Arnaud Montebourg) hanno disfatto sul nascere le velleità dell’uomo forte della sinistra. Un risultato che molti davano per scontato vista la strategia, molto italiana, utilizzata da Hollande di bruciare i suoi avversari interni (non importa se tra questi ci sia anche sua moglie: vedi Ségolène Royal) e restare l’unica soluzione possibile. Chissà che anche stavolta il buon François non abbia ancora indovinato la mossa vincente per essere nuovamente il candidato della «gauche» senza passare per delle consultazioni primarie che suonerebbero già una sconfitta per un presidente della Repubblica in carica.
Certo le basi di partenza non sono le migliori: il numero di disoccupati che non accenna a diminuire, le beghe interne al partito con la nascita dei frondisti e dei lealisti, la politica internazionale qualche volta troppo aggressiva (come all’inizio della guerra in Siria), il problema degli immigrati e naturalmente la patata bollente Emmanuel Macron. Proprio quest’ultimo con il suo movimento «En marche» potrebbe rivelarsi il vero asso nella manica di Hollande. Uomo di fiducia sulle questioni economiche del presidente, sostenuto dalla corrente liberale dei socialisti ( tra gli altri Gerard Collomb, sindaco e padre padrone di Lione dal 2001), questo giovane rampante forte dell’esperienza nella banca d’affari Rothschild ha fatto subito parlare di sè attirandosi le antipatie dei sostenitori del suo partito di riferimento (al quale non ha peró mai aderito) e le simpatie di una parte di elettorato della destra moderata che non si riconosce più nelle vecchie ricette dei ténors Repubblicani. La sua candidatura potrebbe, infatti, far ritrovare Hollande e Le Pen al secondo turno e a quel punto, secondo la tradizione dell’ «alleanza repubblicana», l’attuale presidente della Repubblica verrebbe rieletto, come accaduto nel 2002 a Chirac.
Un rischio che potrebbe rivelarsi fatale ma che secondo molti sondaggisti, sarebbe il solo modo per assicurare ad Hollande un secondo mandato.