Usa. Tra il Narciso e la Bisbetica, ha vinto il Narciso.
Il giorno prima delle elezioni, sul Tg di Sky, Furio Colombo, dichiarandosi grande conoscitore degli Usa, assicurava che alla fine gli americani avrebbero usato la ragione e avrebbero votato Hillary. Una replica delle previsioni che tutti gli analisti e opinion leader che avevano fatto la passerella nei talk show televisivi avevano fatto prima del voto sulla Brexit. L’assunto è che la posizione ragionevole è quella che pretende l’establishment occidentale, quindi se uno è ragionevole non può che votare come dicono loro. Invece, come sentiamo dire dai commentatori del giorno dopo – che non ne azzeccano una – ha prevalso anche negli Usa “la rozzezza e l’ignoranza”. I radical chic di New York, Los Angeles e San Francisco, pare non rappresentino gli americani così come i designer di moda di Londra non rappresentano la massa dei lavoratori, disoccupati e pensionati britannici. Forse i Tg dovrebbero cambiare analisti e commentatori.
I programmi di approfondimento hanno cercato di dopare il pubblico italiano concentrandosi sulla sensazionalizzata aggressività e volgarità della campagna elettorale. Un banale metodo per non parlare dei contenuti. D’altronde, anche qui in Italia ci si strappa i capelli più per una battuta – vera o presunta – sulle natiche di una signora, che sugli stupri commessi da qualche sedicente profugo.
Si trattava anche in questo caso comunque di pessimo giornalismo o disinformazione pilotata dalle centrali che controllano i media. Non è vero che questa è stata la peggiore campagna elettorale della storia americana. Non è vero che, questa volta, anziché sulle posizioni politiche ci si è concentrati su calunnie e gossip. La campagna che oppose Bush Jr a Kerry nel 2004 fu anche peggio. Kerry accusò George Bush di essere “un imboscato e un cocainomane” (i suoi sostenitori aggiunsero “alcolista e decerebrato”), mentre i propagandisti repubblicani asserirono che le medaglie che Kerry aveva ricevuto in Viet-Nam fossero state ottenute con dichiarazioni false e che il democratico avesse ammazzato un ragazzino vietnamita che fuggiva nei campi, sparandogli alla schiena. Alla fine vinse “l’imboscato”.
Insomma, comunque vadano le elezioni, preventivamente i comunicatori Usa ci avvertono che l’uomo (o la donna) che comanderà la Nazione più potente del Mondo, leader del Mondo Libero e più grande democrazia planetaria, sarà un poco di buono. Il che non può far dormire sonni tranquilli.
Almeno di Trump sappiamo che non farà scoppiare una nuova guerra mondiale. Sappiamo inoltre, perché ce lo hanno detto i burocrati europei in campagna elettorale, che non tiene in alcuna considerazione le istituzioni di Bruxelles e che ha detto che l’Ue ha indebolito le Nazioni che ne fanno parte e che questa è la causa dell’insicurezza e della crisi economica che stiamo vivendo.
Sull’immigrazione Trump ha detto agli americani che ormai gli Usa non hanno più confini e una Nazione che non controlla i propri confini non può garantire sovranità e sicurezza ai propri cittadini. Infine ha detto che l’eccessivo costo del lavoro e la pressione fiscale costringono le grandi aziende Usa a chiudere battenti e delocalizzare in Messico. Con l’assurdo ciclo infernale per cui gli americani restano senza lavoro, le aziende offrono lavoro in Messico ai messicani, ma questi preferiscono entrare clandestinamente negli Usa per vivere ai margini della società senza lavoro… Insomma, lo stesso che succede in Europa.
Trump dice anche che gli americani la devono smettere di andare in giro per il mondo a seminare Caos, guerra e morte per impedire che altre potenze possano competere con loro in campo energetico o commerciale e che gli Usa devono essere forti investendo nel proprio sistema produttivo anziché bombardando quello altrui. Da sempre i democratici Usa sono guerrafondai e i repubblicani per il ritorno a casa delle truppe (ad eccezione della famiglia Bush). Non sappiamo se glielo lasceranno fare ovviamente; altri presidenti americani sono stati assassinati per molto meno.
La stampa europea ha caratterizzato questa stagione elettorale con il sogno di avere alla Casa Bianca la prima “donna”, dopo il primo “nero”, in questo delirio di glorificazione delle minoranze che assilla ormai la società occidentale da mezzo secolo. In democrazia però vince la maggioranza. Se ne facciano una ragione. Chi aveva fatto l’equazione: donne + neri = vittoria della Clinton, ha fatto male i calcoli. Anche perché non tutti i neri americani hanno la sindrome dello Zio Tom e non tutte le donne sono così psicolabili da farsi convincere che la candidata donna di turno tenga più a loro dei propri padri, figli o mariti. Questo giochino non funziona più.
Vale la pena a questo punto ricordare le dichiarazioni di Obama a favore di Renzi e il fatto che la stessa candidatura del Giglio fiorentino alla leadership della sinistra italiana è nata all’interno del circolo della famiglia Kerry, clan che ha anche storici rapporti economici con alcuni padri illustri di ministrE italiane.
Può essere quindi legittimo ritenere che la vittoria di Trump rappresenti, in casa Renzi, qualcosa di più di una semplice delusione calcistica.