Trump ha vinto. Cosa succede davvero adesso?
La domanda è: cosa succede adesso?
Se uno volesse dare ancora credito al circo mediatico mondiale imbastito su queste elezioni americane, dovremmo essere tutti col fiato sospeso: “Trump ha un programma confuso”, “The Donald è imprevedibile!” e altre amenità simili hanno imperversato, ed in parte circolano ancora, durante tutta la campagna elettorale.
Oramai è, al contrario, assodato che delle analisi dei grandi media è meglio diffidare, infarcite come sono più dalla propaganda, che dalla voglia di capire e di spiegare.
In realtà Trump ha detto delle cose piuttosto precise, tanto per la politica interna, quanto per quella estera, che poi è ciò che ci interessa di più qui in Europa.
In particolare su questo fronte, volendo seguire alla lettera quanto affermato durante questi ultimi mesi dal neo-presidente degli Stati Uniti, potremmo aspettarci un vigoroso riavvicinamento degli USA alla Russia di Putin, sulla falsa riga dello “spirito di Pratica di Mare”, con la riattivazione del Consiglio NATO-Russia in funzione anti-islamica, l’abbandono di una politica aggressiva in Ucraina e una sostanziale e stizzita insofferenza verso gli isterismi baltico-polacchi; un atteggiamento meno acquiescente nei confronti del dumping economico e politico cinese; una rapida soluzione del conflitto siriano ed un sostanziale disimpegno americano in Nord Africa e Medio Oriente; perfino la messa in discussione di tutti i trattati sui quali si è retta la turbo-globalizzazione in questi anni: dal WTO al NAFTA, per non parlare della definitiva messa in soffitta del TTIP e del CETA.
Tutto troppo bello per essere vero.
In realtà i meccanismi su cui si basa la politica americana sono molto più complessi di quanto diano ad intendere i proclami che i candidati alla Casa Bianca lanciano per conquistare i propri elettori.
I contrappesi sono molti ed anche il frazionamento dei poteri di fatto e la concorrenza tra loro: basti pensare alle contrapposizioni, anche molto vigorose, che esistono tra le varie agenzie federali, dalla CIA, all’FBI, alla NSA, fino ad arrivare al Pentagono stesso, che si muovono con ampi margini di autonomia e con logiche dettate spesso da coloro che occupano posizioni strategiche dello “Stato profondo”.
Si sa, i presidenti passano, le burocrazie restano.
Vi sono poi delle costanti a livello di apparato diplomatico che è sempre difficile scardinare.
Persino l’avvento dei neocon al tempo di Bush junior, l’episodio più dirompente della recente storia americana, fu, ad uno sguardo più attento, ampiamente preparato nel corso degli anni dei mandati Reagan, Bush padre e, soprattutto, Clinton. Non a caso questo ambiente fino all’altro ieri era quasi interamente schierato con Hillary.
E’ vero che l’inquilino della Casa Bianca viene sovente descritto come una sorta di monarca, con un ampio potere decisionale: sul fronte interno, però, la sua capacità di incidere è fortemente limitata dalla volontà del Congresso, che è il vero punto di equilibrio del sistema. Trump, a differenza di Obama, può, in teoria, vantare un parlamento la cui maggioranza appartiene al suo stesso schieramento politico, quello Repubblicano. Ma è noto come il miliardario americano risulti essere assai indigesto innanzitutto ad una larga fetta dei suoi compagni di partito.
Certamente, soprattutto in politica estera, il Presidente ha una libertà d’azione decisamente maggiore. Ma l’homo novus Trump riuscirà a destreggiarsi tra i trabocchetti e le resistenze che sicuramente le agenzie di cui sopra e il corpo diplomatico frapporranno alla sua volontà politica? O alla fine dovrà scendere a patti?
Di tutte le linee guida tracciate da Obama all’inizio del suo primo mandato non è rimasto nemmeno il ricordo: eppure qualcuno, più attento, potrebbe rintracciare nei suoi discorsi dell’epoca il desiderio di tessere relazioni quanto più amichevoli possibile con Mosca. Abbiamo visto come è andata a finire.
Molto dipenderà, inoltre, dalla scelta del Segretario di Stato: dal nome che salterà fuori si capirà un po’ quali sono le reali intenzioni di Trump e molto quali margini d’azione il Grand Old Party è disposto a concedergli.
In linea di massima alcune previsioni possiamo provare a farle.
Escludendo a priori che sia possibile un neo-isolazionismo in stile ottocentesco e primo-novecentesco, è molto probabile che ci sia una prima fase di avvicinamento a Putin, anche in virtù della simpatia esistente tra i due leader. Bisognerà vedere se questa nuova fase delle relazioni russo-americane durerà nel tempo.
Un certo disimpegno rispetto alla NATO è assolutamente plausibile, soprattutto sul versante della spesa. Ai partner europei verrà sicuramente chiesto un maggior impegno economico, con poste in bilancio alla voce Difesa più cospicue di quelle attuali. E’ del tutto improbabile, invece, uno smantellamento progressivo dell’Alleanza. Piuttosto il suo asse strategico potrebbe essere spostato da est a sud, verso il Mediterraneo.
L’Italia potrebbe approfittarne, sempre che i suoi governanti, attuali o futuri, siano in grado di farlo, così come molto positivo potrebbe essere l’auspicabile attenuamento del regime sanzionatorio.
Il punto è, però: dopo aver investito tanto tempo e risorse in scenari, ad esempio, come quello ucraino e siriano, entità come la CIA accetteranno di assecondare nel medio-lungo periodo una simile inversione di rotta? O qualche elemento poco controllabile già si sta preparando a provocare l’incidente in grado di costringere la nuova amministrazione a tenere la barra dritta?
Per quanto concerne i fondamenti della globalizzazione, invece, senza dubbio una qualche forma di maggiore protezionismo sarà introdotta da Trump. Magari si riapriranno e andranno per le lunghe i negoziati per il TTIP. Ma la messa in discussione dell’intera architettura, a cominciare da NAFTA e WTO, allo stato sembra essere un’impresa davvero titanica.
In conclusione, non è il “salto nel buio” che ci deve spaventare. Sono al contrario le aspettative che Trump ha alimentato in questi mesi e l’ansia di vederne realizzata almeno una parte, che ci costringono a tenere, adesso, il fiato sospeso.