Migranti: caos imminente a Milano, sbarchi in aumento al Sud
Le previsioni si sono avverate. Con il blocco dei Balcani, l’arrivo della primavera e del mare “buono”, la rotta mediterranea dei migranti nel Canale di Sicilia ha ripreso a crescere. Nonostante i pericoli in Libia, gli sbarchi a marzo sono stati quasi diecimila, mentre un anno fa erano 2.283. Nel primo trimestre del 2016 le cifre si sono raddoppiate rispetto al 2015. E dopo la notizia dell’ultimo presunto naufragio di un barcone salpato forse dalle coste di Alessandria, sorge l’ipotesi di una nuova rotta egiziana. Soprattutto ora che i rapporti tra Roma e il Cairo non sono più rosei. «Bloccata la rotta balcanica, l’acqua entra dall’altra parte», commenta Gian Carlo Blangiardo, demografo dell’Università Bicocca di Milano, responsabile del monitoraggio dell’immigrazione per la Fondazione Ismu. «La nostra capacità di risposta ora dipenderà dagli arrivi. Certo, siamo più preparati che in passato, i centri di accoglienza straordinaria sono aumentati e c’è una certa abitudine a gestirli. Ma un conto è se gli sbarchi aumenteranno del 20%, se invece triplicano la situazione sarà molto più difficile».
Il punto è che, anche per un demografo come Blangiardo, «quanto gli sbarchi possano crescere resta un’incognita». Perché dipende da come è messo il luogo di partenza. «E come si sistemerà la Libia è difficile prevederlo. Molto dipenderà dalla capacità di frenare queste persone al molo». Che non solo profughi siriani, curdi, afgani, iracheni. «Sulla rotta mediterranea i richiedenti asilo provenienti da quei Paesi ormai sono tutto sommato una minoranza. Gran parte del flusso sulle coste italiane arriva dall’Africa sub-sahariana». Da un lato ci sono quelli che scappano da aree di conflitto, dall’Eritrea ad alcune aree della Nigeria; dall’altro ci sono i migranti economici che scappano dalla miseria. «È su questa seconda componente che ci giochiamo tutto», ribadisce Blangiardo.
«Nell’Africa subsahariana oggi vive 1 miliardo di persone, tra vent’anni saranno 400 milioni in più, per la gran parte giovani. Una crescita di questo genere rischia di esplodere se non può sfogarsi su un territorio».
La questione non è su quale rotta questo spostamento avvenga, se dalla Libia o dall’Egitto. «È normale che i trafficanti, appena un luogo diventa più complicato per svolgere il proprio business, scelgono un’altra rotta che rende di più», dice Blangiardo. «Soprattutto ora che i rapporti con l’Egitto sono tesi, e quindi ora anziché cooperare magari chiudono un occhio. Per i trafficanti, quindi, emerge una nuova opportunità per fatturare meglio».
E gli occhi di tutta Italia sono puntati su Milano, che lo scorso anno era diventata il principale snodo di transito degli immigrati sbarcati in Italia ma intenzionati a raggiungere il Nord Europa. Con la stazione centrale trasformata in pieno Expo in un dormitorio d’emergenza a cielo aperto. Le notizie sul blocco al Brennero potrebbero rimbalzare di telefonino in telefonino e scoraggiare qualcuno a raggiungere la città. Ma gli addetti ai lavori, che gestiscono l’accoglienza a Milano, quest’anno si aspettano il peggio. Negli ultimi due giorni nell’hub costruito vicino alla stazione ferroviaria sono arrivate 80 persone, mentre la media finora è stata di 20 arrivi a settimana. E 58 di loro nelle notti scorse sono stati costretti a dormire sulle brandine d’emergenza dell’hub, perché i posti nei centri di accoglienza della città sono già finiti.
Il Comune ha annunciato lo spostamento dell’hub da via Tonale, dove si trova ora, in via Sammartini, a pochi passi da lì, anche se ancora i lavori devono essere completati. Lo spazio è grande e conterrà 70 posti letto. Ma l’hub è inteso come centro per la registrazione dei nuovi arrivati, non è un posto dove dormire.
In tutto, i posti messi a disposizione per i transitanti dal Comune di Milano sonopoco meno di 600. Di cui 500 sono già occupati. Con quelli che restano liberi non si riuscirà certo a gestire il flusso di migranti in arrivo con l’estate, tra l’altro proprio a cavallo dell’insediamento della nuova amministrazione comunale. E anche i duemila posti gestiti dalla prefettura in provincia sono quasi tutti occupati. «I posti messi a disposizione lo scorso anno non esistono più perché le persone che volevano andare via dall’Italia, tra la chiusura delle frontiere e i respingimenti motivati dalla convenzione di Dublino, sono tornate indietro e hanno chiesto asilo qui», raccontano gli operatori. I centri per i cosiddetti transitanti, quindi, ora sono occupati dai richiedenti asilo, che sono diventati stabili. Il ricambio non c’è più. E in vista dei nuovi arrivi, Milano rischia una nuova emergenza profughi. Anche perché con la chiusura del Brennero, in tanti torneranno indietro, con un effetto “tappo”. La prefettura ha dato il via libera a ospitare 500 profughi in un vecchio albergo di Pero, affidando la gestione a una cooperativa siciliana. Una gestione d’emergenza che però potrebbe non bastare davanti a un flusso in arrivo dal Canale di Sicilia che rischia di essere il doppio dello scorso anno. E se nel 2015 metà immigrati sono rimasti e metà sono partiti, dicono i volontari, con le frontiere blocate quelli che rimarranno saranno più del doppio.