La Russia si appresta ad aprire la sua Borsa del petrolio in rubli

28.05.2016

Il Presidente russo Vladimir Putin, nel corso della sua conferenza stampa fatta durante la riunione di vertice tra il suo paese e l’Asean, lo scorso Venerdì nella città russa di Sochi, alle foci del mar Nero, ha fatto inportanti dichiarazioni.

Gli antecedenti: i tentativi isolati, disordinati e scoordinati per far cessare la dipendenza globale del controllo egemonico commerciale del crudo quotato sulle piazze di New York e Londra, così come la sua  quotazione unilaterale in dollari, sono state soffocate fino ad ora in forma di successo per gli USA e per la sua appendice britannica.

Per adesso è rimasta nel dimenticatoio – forse come parte dell’aggiustamento di successo tra gli USA e l’Iran – il progetto di lancio di una borsa iraniana nell’isola di Kish nel Golfo Persico che è rimasta inoperante inspiegabilmente in una prima fase.

La ribellione nel contesto delle entità medio orientali che hanno osato tentare di distaccarsi dalla dipendenza energetica del controllo degli USA era stata soffocata con il fuoco e con il sangue, cosa che ha portato allo strangolamento (per impiccagione) del presidente iracheno Saddam Hussein, il quale ebbe l’imprudenza di desiderare la quotazione del petrolio in euro invece che in dollari, e la sodomizzazione (letteralmente) del mandatario libico Muamar Gheddafi, il quale si era azzardato a progettare il lancio di un “dinaro d’oro”, senza contare il fallimento della fallimentare lancio del Gulfo, la moneta comune delle petromonarchie arabe.

Con un alto rischio per la loro sicurezza, l‘Iran e il Venezuela, membri della OPEC (ormai in decadenza), reclamano da molto tempo – in forma temeraria di confrontarsi con il “super macismo” energetico anglosassone – nel quotare la commercializzazione del petrolio in altre valute estranee al controllo del dollaro statunitense.

I Fatti: da circa 10 anni già avevo avvisato che la Russia caldeggiava l’idea di lanciare la sua borsa del petrolio che adesso riprende un inusitato vigore mediante il San Petersburg International Mercantile Exchange (Spimex).
La novità si trova nel fatto che la sua sede sarà niente meno che San Pietroburgo la mirevole città più europea della Russia e luogo natale del gruppo che governa oggi il Cremlino (Putin, Medvedev, Patrushev, Sechin, etcétera).

In forma interessante, il pezzo grosso di Spimex è niente meno che Igor Sechin, il quale ha sentenziato la morte della OPEC, vittima soprattutto del vizioso confronto tra l’Iran e l’Arabia Saudita.
Nella sua celebre intervista all’agenzia giornalistica britannica Reuters, Sechin, molto vicino allo Zar Vlady Putin, argomenta la fine dell’influenza dell’OPEC nel mercato petrolifero ed esorta a “che la Russia debba abbandonare la speranza che i prezzi possano essere fissati attraverso forze differenti nel riequilibrio del mercato”, quando “adesso i fattori cruciali che influiscono nel mercato sono le finanze, la tecnologia e la regolamentazione. Possiamo vedere questo come un esempio del petrolio di scisto (shale oil) che si è trasformato in un potente strumento di influenza nel mercato globale

Oggi, mediante la borsa petrolifera Spimex, la Russia  pretende di competere con il duopolio anglosassone del Nymex e del IPE, con sedi a New York e Londra rispettivamente: entrambe le sedi propietà catastali del binomio energetico-bancario della multinazionali statunitensi e britanniche.

Eduard Gismatullin, di Bloomberg, commenta che “Putin compie il suo sogno che accarezza da dieci anni con la quotazione dello stesso petrolio della Russia” che “mantiene la speranza di terminare con la dipendenza dalla valutazione delle agenzie occidentali” quando sarà consegnato a mercanti esterni l’accesso deiretto a Spimex. L’obiettivo consiste nel cessare la quotazione dell’oro nero in dollari statunitensi, che si realizzerà in rubli, oltre ad incrementare le entrate del crudo nella varietà degli Urali e nello  scollegare il meccanismo di fissazione dei prezzi mediante il “punto di riferimento (benchmark)” del petrolio della varietà del Brent del Mare del Nord, il più utilizzato del mondo.

Di certo il petrolio del mare del Nord si trova in un franco declino di fronte alla pletorica varietà degli Urali. Gismatullin ricorda gli “sforzi antecedenti” della Cina – che con la Russia tenta di cambiare la quotazione globale del crudo- che compete agli USA come il maggior importatore di petrolio e che “ha dilapidato due decadi cercando di introdurre i propri contratti futures del petrolio, attesi per questo anno”.
La quotazione dei contratti dei futures del petrolio della Cina sulla piazza di Shangai sarebbe nella sua valuta in ascesa, il renminbi/yuan, che si va internazionalizzando in forma graduale.
La Russia- che come noto, è una superpotenza nucleare – si lamenta dell’esagerato sconto che gli assestano i mercati aglosassoni alla varietà del crudo russo degli Urali , di fronte ai migliori prezzi che ottiene la varietà del Mare del Nord “valutata” dall’agenzia Platts, con sede in Londra e filiale di Mc-Graw Hill Financial, padrona della prevenuta agenzia di rating Standard and Poor’s, tutto rimane in famiglia!

I tentacoli di Platts/Mc-Graw Hill Financial/Standard and Poor’s son perturbanti: dal greco- britannico-statunitense John Negroponte, zar dello spionaggio degli USA, fino all’ itamita Pedro Aspe, architetto della consegna del petrolio messicano. Gismatullin adduce che la borsa Spimex migliorerebbe la quotizzazione del crudo russo e “aiuterebbe le imprese domestiche nel generare entrate addizionali nella sua commercializzazione”.

Conclusione: non mancano “gli analisti interessati, molto dipendenti dai mercati anglossassoni concorrenti in Nymex e nel IPE (Londra), come Eugene Lindell, di JBC Energy Gmbh (con sede in Vienna), i quali esprimono il loro timore “sull’alto grado di coinvolgimento del governo russo nel settore petroliero”, cosa che porrebbe in domanda le portate di Spimex per “un miglior contesto di riferimento commerciale” da parte di “alcuni operatori delle borse”.
Dieci anni fa, il Nymex già aveva tentato di collocare i contratti futures del crudo russo, quelli che sono rimasti infruttuosi, dovuti alla loro “impopolarità” tra i mercati delle borse addestrati operativamente ed ideologicamente nella piazza di New York.

Con la poderosa copertura militare e di quella della sua elite di governo, oggi il Cremlino tenta di far pesare la sorte commerciale del suo crudo (la varietà degli Urali) nella piazza di San Pietroburgo per aprire una temeraria borsa petrolifera, che sembra di contare con la  surrettizia benedizione cinese della piazza di Shangai, e così competere con il mercato discrezionale di New York e Londra che abitualmente quotano il petrolio estraneo al loro capriccio geopolitico e geofinanziario, più che liberamente commerciale.

Il suo effetto, nel caso di avere esito positivo, avrebbe profonde ripercussioni anche nelle quotazioni tanto del dollaro statunitense – che cesserebbe la sua leggendaria quanto perniciosa egemonia sul controllo commerciale/finanziario del mercato petrolifero globale ai due lati dell’Atlantico nord, da New York fino alla City (Londra), come del rublo, la avvilita valuta russa tanto sballottata dal recente crollo artificiale ed anomalo dell’oro nero, che cesserebbe la sua caduta libera per iniziare a godere di maggiore accettazione nei mercati”. ”
La sorte del rublo è impregnata nel crudo russo che è anche relazionata e vincolata in proporzione alla solidità della divisa russa: entrambe si autoalimentano in forma positiva e bidirezionale di fronte all’asfissiante egemonia del superdollaro statunitense.

Traduzione: Luciano Lago / Fonte: La Jornada