La rivolta degli invidiosi

17.07.2023

Chi abita le banlieues

La rivolta delle banlieues francesi è una ribellione all’ordine costituito, alla società del benessere apparente, un atto di forza contro il mondo che i rivoltosi desiderano e al quale aspirano. I giovani francesi di origini africane che hanno incendiato la Francia in questi giorni, non sono idealisti rivoluzionari che vogliono imporre una visione alternativa della società. Non sono marxisti leninisti, non sono anarchici, non hanno ideali politici da affermare con la violenza rivoluzionaria, non hanno idee per le quali battersi. La narrazione progressista li dipinge come sottoproletari affamati, sfruttati, vittime del razzismo dei francesi bianchi, cittadini di serie B condannati ad una vita di stenti per l’ingiustizia della società. Altre analisi affrettate o volutamente fuorvianti li descrivono come integralisti islamici, jihadisti in cerca di martirio per la fede, soldati della Piccola Guerra Santa. l’Islam è una religione abramica rivelata, dottrina che prevede la sottomissione a Dio, con regole, i Pilastri dell’Islam che devono essere rispettati e non esiste la versione integrale come negli spaghetti.

Vi è l’osservanza della rivelazione dei profeti, nella Shari’a, le leggi che regolano la vita dei musulmani, è “…l’ultima religione con la spada…” secondo la definizione di Nietzsche.

La corruzione del consumo

I giovani che mettono a ferro e fuoco le città francesi non seguono le ferree regole dell’Islam, non mangiano cibi halal, non vestono la jellaba tradizionale araba, ma le felpe col cappuccio e le scarpe da rapper.

Sono francesi da due generazioni, parlano il francese e pensano da occidentali, il loro immaginario collettivo è quello del consumismo borghese: lusso, ricchezza, bella vita senza sforzo e sacrificio.

Nessuna idea politica né passione sociale, vogliono diventare rapper, influencer e altre demenziali professioni del tempo del nichilismo e della decadenza.

La loro massima aspirazione non è il martirio per l’Islam, ma prendere il posto dei francesi bianchi nei quartieri eleganti, spinti dall’invidia non dalla fede. La folle politica immigrazionista li ha confinati nelle degradate

periferie urbane, isolandoli dai ricchi che teoricamente li amano e nei fatti ne hanno schifo.

Le promesse tradite

I progressisti responsabili dell’invasione migratoria per avere braccia a basso costo sono attaccati da chi si sente tradito. Le promesse di integrazione e condivisione sono state disattese nonostante i grandi investimenti economici, i nuovi francesi non sanno che farsene dei corsi di formazione, vogliono il posto ed il benessere di chi li ha imbrogliati. I teppisti scatenati delle banlieues non hanno incendiato le cattedrali simbolo del cattolicesimo in nome dell’Islam, ma hanno saccheggiato i negozi di lusso.

Dimostrano la voglia di vendetta, di affermazione di bisogni elementari, di conquista del territorio.

L’espansione islamica iniziata nel VII secolo fu spinta da una forte visione, la conversione degli infedeli, la creazione di un mondo che rispondesse alla volontà di potenza dei popoli seguaci di Maometto.

I nuovi rivoltosi non affermano la superiorità della loro religione, esprimono solo il desiderio di sostituirsi a coloro che vedono come sfruttatori e nemici.

Soldati del capitalismo

La società del profitto e del consumo compulsivo ha sradicato le spinte religiose ed ideologiche sostituendole con l’esigenza insopprimibile di possesso. Nessuna nostalgia delle origini e delle patrie abbandonate, perché i nuovi francesi sono parte integrante del capitalismo terminale.

Come gli altri giovani di un’epoca senz’anima bramano solo la ricchezza facile, la fortuna senza sacrificio, la fama senza il merito. Privati degli archetipi della loro stirpe sono schiavi della bassa materialità come molti giovani contemporanei. Piccolo borghesi esclusi dal banchetto dei ricchi, che guardano le vite dei più fortunati con l’acquolina in bocca come la vetrina di una pasticceria.

Il loro rabbioso risentimento è spinto dall’invidia che da sempre anima i falsi rivoluzionari, non la voglia di giustizia sociale, ma di sostituzione nel privilegio.

I giovani di origine africana vogliono le città dei francesi e anche degli italiani, come si è visto a Peschiera del Garda la scorsa estate, dove i teppisti hanno occupato militarmente la cittadina.

Le violenze di Colonia e Milano denunciano l’atteggiamento predatorio verso le ragazze europee viste come bottino di guerra. Giuridicamente francesi, italiani, belgi e tedeschi, senza sentirlo si prendono con la forza ciò che ritengono loro e che prima era degli europei. Popoli vecchi privi di spinta verso il futuro, etnie in via di estinzione che non generano figli e non hanno più nulla da tramandare.

La psicopatologia del sogno negato

Quelli di importazione sono invece carichi di energie vitali, prolifici ed aggressivi, pieni di rabbia perché si sentono esclusi. Soffrono di disturbi dissociativi per la mancata integrazione tra la sfera della coscienza, quindi il pensiero con la loro identità e con la memoria degli antenati. I sintomi sono l’identità confusa, né arabi né francesi e le difficoltà di relazione con gli altri cittadini che sentono nemici.

La patogenesi del disturbo è nel trauma del rifiuto di essere parte della Nazione che li ha strappati alle loro origini per emarginarli nei ghetti. L’immigrazione selvaggia è un crimine verso gli autoctoni invasi, ma anche nei confronti degli sradicati rubati alla loro patria con il miraggio di un benessere illusorio.

La realtà è ben diversa dal sogno: emarginazione, povertà, sfruttamento, i lavori da schiavi sottopagati.

I pochi che riescono ad integrarsi nel Sistema perdono le velleità barricadiere e diventano oggetto dell’odio e della rabbia di tutti gli altri rimasti fuori a guardare.

La società nutritiva prodotta dal dominio del grande capitale non ha rispetto per nessuno, sfrutta gli ultimi come carne da macello, senza risparmiare nemmeno coloro che la sostengono e nutrono, sacrificando la vita al lavoro ed al successo.

Fonte: entrostudiprimoarticolo.it