Il potere dell’Impero contro la chimera del nazionalismo
Negli ultimi 30 anni agli ucraini è stato insegnato in modo massiccio e attivo a odiare i russi e tutto ciò che è russo. Intere generazioni sono state cresciute con la russofobia.
Dal 2014, gli ucraini sono stati addestrati a uccidere, bruciare, smembrare, friggere e cancellare i russi dalla faccia della terra. Tutti, uomini, donne e bambini. È così che è stata creata l’immagine del nemico, il “Moskal”, è stato presentato come un crudele “subumano”, un “mostro”, uno “stupido”, uno “spietato”, un “maleducato”, una sorta di ammasso di materiali, desideroso di piombare sul pacifico paradiso ucraino e di trasformarlo in una distesa di sangue e, per evitare questo, l’ucraino doveva essere pronto ad attaccare per primo, a portare la guerra nel territorio del nemico. Per ridurlo in poltiglia sanguinosa, in modo che non trasformasse l’Ucraina e così è andata avanti per anni, per decenni.
Molti si chiedono perché gli ucraini resistono così ferocemente? Perché non sono in guerra con noi, ma con l’immagine che vive nella loro mente. Nella serie televisiva “Black Mirror” c’è stato un episodio in cui la gente combatteva con terribili mostri, ma si scopriva che erano mostri resi tali da speciali dispositivi ottici, che le persone stesse dovevano indossare (per non essere punite), e quelli che sembravano “mostri” erano le stesse persone.
Gli ucraini ci vedono come mostri, sono in guerra con una chimera che è stata loro imposta e questa chimera è terribile, ma non vedono altro.
Non ci siamo preparati per questa guerra. Non abbiamo capito con cosa abbiamo a che fare. Non abbiamo creato un’immagine simile del nemico. Pertanto, non comprendiamo appieno ciò che sta accadendo. Forse è giusto che non abbiamo intrapreso questa strada. È purtuttavia chiaro che non abbiamo capito la gravità di ciò che stava accadendo.
Più feroci sono le battaglie, più grande è la furia del nostro popolo. Allo stesso tempo, l’immagine del nemico si è relativamente formata sui fronti. Sul fronte interno, siamo ancora in uno stato di perplessità. Come possono fare una cosa del genere? Al fronte non ci si pone più questa domanda: la questione è un’altra: come sconfiggere il nemico e, francamente, come distruggerlo. Si può distruggere solo ciò che si odia e chi odia di più, combatte ferocemente, e ottiene di più in questa guerra.
Sono convinto che la Russia non debba lasciare che questo processo vada avanti da solo. Se lo lasciamo fare, l’odio dal fronte si riverserà gradualmente nelle retrovie e noi diventeremo più simili al nemico. Cioè l’odio entrerà nei nostri cuori. È entrato nei cuori degli ucraini molto tempo fa. Ora dipende da noi. Non si può non notare che nel processo di guerra adottiamo gradualmente le caratteristiche del nemico. Con riluttanza e ritardo, ma comunque…
In questo momento le autorità stanno solo cercando di frenare il processo, bensì è come un fiume. A un certo punto la “diga umanistica” scoppierà e l’intera società ricorderà i versi di Simonov: “Tutte le volte che lo incontri, uccidilo”. Nessuno si curerà di ciò che le autorità permettono o proibiscono.
Abbiamo bisogno di un percorso diverso, abbiamo bisogno di una vera e propria ideologizzazione della guerra, ideologizzazione che sia completa e sistematica, non frammentaria e parziale come è ora.
In primo luogo, la guerra si combatte con l’Occidente. Quindi, il nemico principale è l’Occidente. Gli ucraini non sono il nemico principale. Pertanto, è l’Occidente che dovrebbe essere veramente odiato e qui Simonov è rilevante. Significa che dobbiamo espellere l’Occidente da noi stessi. Altrimenti abbiamo un doppio standard. Lui ci uccide e noi lo veneriamo. Il liberalismo è più pericoloso del nazismo ucraino, perché sono stati i liberali occidentali a lanciare, creare e armare il nazismo ucraino. È necessaria una de-liberalizzazione coerente (in quanto più importante della denazificazione in corso nel Paese). Anche la denazificazione è necessaria, ma è una conseguenza, non una causa, un sintomo, non l’essenza della malattia.
Di più: stiamo lottando contro il nazionalismo, ma non dobbiamo trasformarci in nazionalisti noi stessi; noi siamo l’Impero, come eredi della monarchia e come successori dell’URSS, siamo più di una nazione. La nostra ideologia deve essere imperiale, aperta, chiara e aggressiva, l’Impero deve essere rappresentato in modo carismatico. Il nostro Impero, Roma, sta combattendo una battaglia mortale con l’opposto “Impero”, e in sostanza l’Anti-Impero, con Cartagine.
Solo quando l’esercito, il popolo, lo Stato e la società combatteranno Cartagine, l’Occidente liberale, sconfiggeremo il nazismo ucraino. Non ci resta che calpestare l’Ucraina. Di fronte a quel nemico temibile e serio, questa folle meschinità ossessiva sembrerà insignificante.
Se dite a un russo “la Russia non esiste”, scrollerà le spalle. Se dite a un americano “l’America non esiste”, scrollerà le spalle. Se dite a un ucraino “l’Ucraina non esiste”, andrà su tutte le furie e farà i capricci. Perché l’Ucraina non esiste, ma non esiste quando noi siamo un impero, e la nostra coscienza è imperiale. Una coscienza ferma, salda, sicura di sé, forte e aggressiva.
La forte identità del nemico può essere sopraffatta non da un’identità altrettanto forte (il nazionalismo russo), ma da un’identità più forte, ovvero l’identità imperiale.
Questa trasformazione ideologica della società è inevitabile. Può essere rimandata ancora per qualche tempo, ma non può essere impedita.
Sono convinto che il nostro governo non volesse questa guerra, ha cercato in tutti i modi di rimandarla. Era possibile rinviarla, ma impossibile evitarla e ora non si può fermare. O la si vince o si scompare. È chiaro che una parte dell’élite è in preda al panico. Non riesce ad accettare la fatalità di ciò che sta accadendo, sperando contro ogni buon senso di poter in qualche modo riportare la situazione al passato. Impossibile. Rimandare e procrastinare sì, è possibile. Fermarsi e tornare al punto di partenza no. Ci aspetta solo la guerra e una vittoria difficile, incredibilmente difficile. Il nostro Paese sarà irreversibilmente cambiato durante il cammino; lo Stato sarà cambiato, la società sarà cambiata.
Nessuno vuole disperatamente cambiare con la propria volontà, ma o così o niente. È il destino. Il cambiamento sarà imposto da una necessità ferrea. A tutti e in tutto.
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini