Il futuro del Venezuela passa per il Messico?

16.08.2021

La decisione di Maduro di confiscare lo stabilimento della General Motors è stata vista dall'amministrazione Trump come un attacco agli interessi delle multinazionali statunitensi, uno scenario che è stato sfruttato dal segretario di Stato americano, Rex Tillerson (ex presidente e amministratore delegato di Exxon Mobil quando è stato nazionalizzato nel 2007 da Hugo Chávez) per dichiarare il Venezuela chavista un “pericoloso nemico degli Stati Uniti”. Di conseguenza, l'amministrazione Trump ha attuato un'intensa campagna destabilizzante basata su carenze selettive di beni di prima necessità, speculazioni oscene, l'amplificazione nei media della crescente insicurezza dei cittadini, la presa delle strade da parte dell'opposizione e l'applicazione di sanzioni al petrolio greggio venezuelano per causare inadempimento o cessazione dei pagamenti e come culmine abbiamo assistito nell'ottobre 2020 all'attuazione del divieto al Venezuela di importare diesel, con l'obiettivo dichiarato di paralizzare il trasporto dei settori primari e raggiungere così sia una carenza di cibo che di forniture di base nei servizi sanitari vitali per scuotere il governo Maduro.

Tuttavia, l'arrivo di Joe Biden alla Presidenza degli Stati Uniti potrebbe provocare un cambiamento nella strategia statunitense consistente nella sostituzione dei “colpi morbidi” con la cosiddetta strategia kentiana esposta da Sherman Kent nel suo libro “Strategic Intelligence for North American World Policy”(1949) dove si sottolinea che gli strumenti della guerra economica “ onsistono nella carota e nel bastone”: “il blocco, il congelamento dei fondi, il 'boicottaggio', l'embargo e la lista nera da una parte; sussidi, prestiti, trattati bilaterali, baratto e accordi commerciali dall’altra”. Così, l'amministrazione Biden starebbe studiando l'attuazione della tattica della carota in Venezuela, che includerebbe l'allentamento delle restrizioni attualmente in vigore sul petrolio venezuelano per rivitalizzare l'attività del motore economico venezuelano oltre ad annullare il divieto di Trump di importare il diesel necessario per mantenere la catena di trasporto di merci e forniture mediche.

Allo stesso modo, gli Stati Uniti avrebbero cancellato Juan Guaidó, quindi muoverebbero i loro pezzi per forzare un governo di transizione composto da figure di consenso sia dell'opposizione che del chavismo, governo che dovrà preparare nuove elezioni legislative e presidenziali per il 2022 la cui tabella di marcia sarebbe stata progettato dal gesuita Luis Ugalde, ex rettore dell'Università Cattolica di Caracas e che avrebbe avuto la benedizione degli Stati Uniti e dell'Unione Europea con la mediazione della Delegazione del Regno di Norvegia. Ci si troverebbe già nel preludio ai negoziati formali tra il governo di Maduro e i rappresentanti dell'opposizione, che potrebbero tenersi tra fine agosto e settembre in Messico sotto l'egida di AMLO. Tali contatti preliminari riguarderebbero prima il rilascio dei prigionieri politici, la revoca delle sanzioni contro la dirigenza, la ripresa degli aiuti umanitari e la stesura di un calendario per le future elezioni che si terrebbero nel 2022, ma il vero negoziato comincerebbe dopo le elezioni locali e dei governatori del 21 novembre che fisseranno la radiografia della nuova cartografia del Potere locale in Venezuela. Per cristallizzare questi negoziati sembra essenziale il lavoro di mediazione di Cuba, che potrebbe approfittare della situazione per alleviare il soffocante embargo imposto dagli Stati Uniti contro l'isola.

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Articolo originale di Germán Gorráiz López:

https://www.geopolitica.ru/en/article/does-future-venezuela-go-through-mexico

Traduzione di Costantino Ceoldo