Dittatura in movimento: candidati filorussi privati di patrocinio?
Nel 2017, un trio composto dall’alta funzione pubblica statale, l’oligarchia economica e la magistratura politicizzata, ha organizzato un colpo di stato per eleggere un completo sconosciuto alla suprema magistratura. Contando sulla maggior parte dell’armatura politica del partito socialista, Emmanuel Macron ha così realizzato una presa di posizione che dà il tocco finale alla distruzione delle istituzioni repubblicane. Una Costituzione a brandelli, niente più separazione dei poteri, niente più meccanismi di controllo democratico, corpi intermedi fuori gioco, moltiplicazione di regole e iniziative veramente liberticide: la Francia, se non può essere qualificata come una dittatura, non può più essere considerata oggi come una democrazia…”.
In realtà mi sembra che il colpo di stato in Francia sia iniziato prima (se non, come direbbe Mitterrand, permanente): l’arrivo della curatrice fallimentare Lagarde negli affari, l’elezione del pedone yankee Sarkozy e soprattutto l’elezione di Hollande che, con Macron e Valls, ha fatto marcire tutto in quello che restava della repubblica.
Come sappiamo, l’assenza di resistenza rende i tiranni più pazzi e più assetati di sangue. Un tale tennista (Monfils) colpito dal vaccino sarà vilipeso dai media; un tale bambino vaccinato ma senza maschera, anche se fa uno sforzo sportivo, sarà cacciato dalla sua scuola sotto gli applausi dei suoi amichetti; un tale leader russo che occupa una regione martoriata senza sparare un colpo sarà paragonato a Hitler che devasta la Polonia. Ma poiché la Russia non è la Libia e l’esercito degli Stati Uniti non vale più niente (cfr. Scott Ritter), non si tratta di entrare in guerra con essa. Parliamo ancora di sanzioni fino al meritato giorno in cui la Russia asfissierà gli europei prostrati e anestetizzati e darà il suo gas ai più affidabili, più ricchi e meno moralisti asiatici. Perché la “vecchia razza bianca” dei boomers e dei bobos sta cominciando a mangiarsela.
Si vendica poi sui gilet gialli e sui piccoli candidati che vengono privati delle firme se sono considerati filorussi. Philippe Grasset ha scritto: “Di fronte a Macron, su questo argomento, una strana linea di battaglia: Le Pen-Mélenchon-Zemmour. Forse ci sarà una grande mente a considerare che questi tre, che rappresentano circa il 40% degli elettori secondo i sussurri dei sondaggi, devono subire l’ira di una giustizia quasi divina per punirli di essere simpatici al Diavolo, essendo banditi dalle 500 firme che permetterebbero loro di essere candidati. Credo che questo sia il tipo di mentalità che porta le ragioni cannibalizzate di coloro che sono tutti incoscienti-tutti innocenti, al Culto della Doxa, o divinum lumen. “Con loro il diluvio”, come disse Noè. In effetti, ci troveremo senza candidati dell’opposizione (anche controllata, ma non è questo il punto), e con un Macron rieletto di fronte ad Artaud e Hidalgo, con l’onere per Pécresse di fornire un fuoco d’artiglieria verbale di cui sappiamo che ha il segreto.
Per me, la repubblica è una tranquilla farsa e penso, come l’autore della Controversia di Sion, che da quando è diventata una repubblica, la Francia è la terra del fiasco ricorrente. Non è una ragione per tenere il broncio nel piacere, ed è una (di ragione) per ricordare che nel paese del lasciapassare e dell’eterna maschera, del vaccino per tutti e della stampa orwelliana, è bene rileggere Drumont: anche solo, come direbbe Bloy, per esasperare gli imbecilli.
“I francesi sono mirabilmente addestrati per tutta questa organizzazione fiscale (o altro); sono come i mehari che si inginocchiano per poter essere caricati più facilmente, o come i cavalli di rinforzo degli omnibus che, quando il loro lavoro è finito, tornano al loro posto in fondo alla collina e aspettano lì di essere imbrigliati di nuovo. Drumont non li aveva visti nella metropolitana o in pizzeria, codificati, vaccinati e mascherati.
La rielezione di Macron in un contesto di candidati ed elettori cornuti, di un eterno lasciapassare, di una triplicazione del prezzo dell’elettricità e di una riforma delle pensioni farà almeno piacere ai pochi francesi lucidi. Il piccolo numero di vittime (ancora Léon Bloy) non attenuerà la nostra gioia questa volta. Perché Macron, rieletto, butterà via nove milioni di case e i loro occupanti, ritenuti inquinanti. Speriamo che i poliziotti e la polizia mostrino poi il loro solito zelo.
E il resto è letteratura.
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini