Attentato a Berlino: Anis Amri è morto, ma non tutto quadra
L'uomo che la procura generale tedesca ha indicato come l'autore dell'attentato di lunedì scorso al mercatino di Natale a Berlino, in cui sono morte 12 persone e 48 sono rimaste ferite, il tunisino di 24 anni Anis Amri è morto questa notte alle 3 in un conflitto a fuoco con la polizia a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano.
Sono stati due giovani agenti di polizia Christian Movio e Luca Scatà ad intercettarlo, durante un controllo di routine. Il terrorista, dopo essere stato fermato, ha estratto una pistola ed ha aperto il fuoco, ferendo Movio. La diffusione delle generalità e dei volti dei due poliziotti ha scatenato polemiche sui social network, dove in migliaia si sono chiesti se fosse opportuno far conoscere i loro nomi, mettendoli così a rischio di rappresaglie da parte dei gruppi fondamentalisti.
Secondo quanto riferito nel corso della conferenza stampa tenuta questa mattina dal Ministro degli Interni Marco Minniti e dal Questore di Milano Antonio De Iesu, il super-ricercato sarebbe stato in grado, durante questi giorni, di lasciare la Germania, recarsi in Francia, dove probabilmente è passato per Chambery, fino a raggiungere prima Torino e poi Milano. Tutto questo armato e "senza documenti", o almeno senza quei documenti ritrovati sul Tir utilizzato per compiere la strage e che hanno permesso alle autorità tedesche di identificarlo come autore della mattanza.
Il meno che si possa dire, alla luce anche del fatto che il soggetto è stato intercettato casualmente nel corso di un normale controllo di polizia, è che il sistema di libera circolazione previsto dal Trattato di Schengen apre falle pericolose nei sistemi di sicurezza dei paesi europei, dove le forze dell'ordine di certo controllano il territorio, ma, paradossalmente, non le frontiere nazionali, facilmente attraversabili per ben due volte in pochi giorni da un terrorista inseguito dalle polizie di tutta Europa.
L'agenzia di stampa dello Stato Islamico, "Amaq", ha mandato in onda questo pomeriggio un video in cui Anis Amri giura fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdadi, auto-proclamato califfo e capo supremo del movimento, e incita i seguaci dell'Isis a vendicarsi dei "crociati" che "bombardano i credenti musulmani".
Infine la Cancelliera Angela Merkel si è congratulata con l'Italia e con i nostri agenti per aver liberato la Germania e l'Europa dal pericoloso terrorista.
Tutto risolto, dunque? Può darsi, eppure non tutto quadra.
Innanzitutto è ormai appurato che il terrorismo islamista che angoscia l'Europa ha adottato una nuova procedura attraverso la quale rivendicare i propri attentati: abbandonare sul luogo del delitto i documenti d'identità degli autori degli attacchi. Questa circostanza, infatti, non si è verificata solo a Berlino, ma anche in occasione degli attentati di Parigi nel 2015 e di Nizza, il 14 luglio scorso. Deve essere necessariamente così, altrimenti dovremmo pensare che l'ISIS recluta esclusivamente sprovveduti assoluti che perdono con estrema facilità portafogli e documenti, rendendosi così facilmente identificabili dagli investigatori.
Bisognerebbe verificare la cosa sui famosi manuali che lo Stato Islamico pubblica on line per formare i suoi militanti.
Inoltre pare che Amri fosse stato segnalato il 19 settembre scorso dai servizi segreti marocchini ai loro omologhi tedeschi, che dunque lo tenevano d'occhio. Senza particolare successo, evidentemente.
C'è poi un'altra circostanza, caratterizzata da una singolare coincidenza con gli attentati avvenuti in Francia.
Secondo quanto riportato da alcuni media, nei pressi della Chiesa del Ricordo, dove il Tir ha investito decine di persone intente a bere vino caldo o ad acquistare doni per il Natale, è stata segnalata la presenza di alcuni personaggi israeliani legati al mondo dell'intelligence e della "lotta al terrorismo".
Stiamo parlando, in questo caso, dell'esperto di terrorismo della Bar-Ilan University di Tel Aviv, Shlomo Shapira, che ha dichiarato all'emittente televisiva tedesca N-TV, di trovarsi al mercatino della Breitscheidplatz, "pochi minuti" prima dell'attacco.
Il professor Shapira è un nome di peso dell'intelligence israeliana: ha lavorato per la NATO e ha giocato un ruolo importante nella storia della cooperazione tra servizi segreti israeliani e tedeschi. Nel 2010 fu decorato per il suo operato da Shimon Perez in persona.
La coincidenza sta nel fatto che anche in occasione della strage di Nizza troviamo esponenti dei servizi segreti con passaporto israeliano impegnati sulla scena del crimine: pochi mesi prima dell'attentato fu un colonnello israeliano a verificare la "sicurezza" della piazza di Nizza. Non solo: l'uomo che filmò l'assalto della polizia, Sylvain Benouaich, aveva per 12 anni lavorato per un'agenzia israeliana collegata al Mossad; anche il giornalista che riprese l'arrivo del camion alla Promenade des Anglais, Richard Gutjahr, è il marito di un ex deputato israeliano legato ai servizi segreti militari.
Insomma, sarebbe interessante capire qualcosa in più sia sulla dinamica dell'attentato a Berlino, sia riguardo alla sua preparazione. Sfortunatamente Amri è morto e la sua versione dei fatti giace con lui nella tomba.
In compenso, ci resta questa interessante dichiarazione rilasciata da Shlomo Shapira alla televisione tedesca: "La Germania ha appena vissuto il suo 11 settembre. D'ora in poi, il terrore è parte della sua vita. Tutti i giorni".