Appunti di teologia politica contemporanea. Parte 1
Stiamo attraversando un periodo caratterizzato da fenomeni molto ampi, per cui il mondo si ritrova ad essere sempre più strettamente interconnesso, ma al tempo stesso sempre più fortemente diviso sul significato di questa possibile unione.
I piani prospettici più importanti che sono emersi nell'ultimo decennio sono sostanzialmente due.
Da una parte si parla di globalizzazione sostenibile, cioè regolata, e il tutto assomiglia molto a un eufemismo per indicare una guida egemonica del mondo; dall'altra si levano voci sempre più chiare e meno timide che reclamano spazi di autonomia territoriale e identitaria.
Le riflessioni che seguono vorrebbero descrivere l'origine di queste tendenze, ambizioni e obiettivi, indagando sulle loro cause e sulla loro natura, entrambe poste nei nuclei del pensiero fondativo dei modelli di società.
Le civiltà
Originariamente il termine latino civilitas (da cui deriva la parola civiltà) veniva usato per designare il complesso delle qualità umane proprie del cittadino, in contrapposizione alla rusticità campagnola. Gli aspetti più caratteristici della persona civile vertevano ovviamente sulla capacità di svolgere una vita associativa, tale da garantire una convivenza armonica, efficiente e gradevole con i concittadini, mentre il villico si caratterizzava con la conduzione di una vita più autosufficiente da un lato, ma dall'altro più isolata e meno aperta allo scambio e alla conoscenza.
Nel tempo, per civiltà si è cominciato a intendere il risultato dei vari stili di convivenza organizzata, in termini di leggi, costumi, economia e politica. Ma ciò non può prescindere dalla visione dell'uomo sottesa, soprattutto nel senso aristotelico di uomo come animale socievole (“politico”). Ed è chiaro che nella formazione del concetto antropologico un ruolo determinante venga svolto dalla convinzione religiosa, in quanto espressione dei significati ultimi della vita e del cosmo.
Questo è precisamente il presupposto su cui si basa il presente articolo.
Attualmente nel mondo esistono vari esempi di civiltà, nonostante alcuni pensatori, segnatamente Francis Fukuyama e i suoi allievi, sostengano una progressiva e ineluttabile uniformazione a un modello unico. La realtà tuttavia smentisce questa ipotesi e anche in ambiente accademico si è affermata la tesi contraria, cioè dell'esistenza di civiltà ben distinte e persino opposte fino al punto da scontrarsi fra di loro. Anche se entrambe queste teorie assomigliano abbastanza alla razionalizzazione di un desiderio, cioè un'unione mondiale che si realizzerà o spontaneamente al termine di un irresistibile processo naturale (col consenso) o per supremazia di una parte dopo una lotta con le altre (con la forza), resta la terza la situazione più probabile (e a dire il vero auspicata dallo stesso Huntington), cioè la coesistenza, magari pacifica, di civiltà differenti.
Pertanto scelgo come punto di partenza lo Scontro di civiltà di Samuel Huntington e l'elenco di civiltà da lui proposto: Occidentale, Cristiana orientale (ortodossa), Latino-americana (distinta da quella occidentale), Islamica, Indù, Cinese, Giapponese, Buddista, Africana.
L'elemento discriminante secondo cui lo studioso americano suddivide le civiltà è quello culturale, di cui un principio informatore essenziale è sicuramente quello religioso, necessario ma non sufficiente per esprimere visibilmente ciò che abbiamo chiamato civiltà. Per questa ragione desta una certa perplessità vedere nell'elenco una civiltà buddista, solo religiosa e priva di chiare realizzazioni politico-culturali, e una civiltà africana, laddove in Africa esistono religioni e culture troppo lontane fra loro per essere riunite in un'unica matrice.
Ma vale sicuramente la pena passare in rassegna le altre sette civiltà dell'elenco, mettendo a fuoco le religioni da cui sono ispirate.
Le religioni delle civiltà: 1 - il gruppo orientale
Dovendo parlare dell'influenza delle religioni sulle politiche delle rispettive civiltà, occorre parlarne non in senso storico (quali religioni hanno contribuito a formare una certa civiltà) ma in senso attuale (quali religioni effettivamente stanno plasmando il pensiero dei contemporanei) e non in senso teorico (quali religioni sono ufficialmente professate all'interno di una certa civiltà) ma in senso pratico (quali sono realmente praticate e quali influenzano maggiormente le classi dirigenti).
Possiamo quindi iniziare una sintetica carrellata delle varie religioni, tenendo presente questo punto di vista previo.
La religione tipicamente giapponese è la religione tradizionale, una fusione sincretica tra lo Shintoismo e il Buddismo. Lo Shintoismo è un culto degli spiriti che comprende divinità naturali, come la dea del sole, e avi illustri. Il Buddismo invece nasce nell'alveo della cultura indiana, che considera la vita dolore e le reincarnazioni una perpetuazione di questo dolore. Quesito fondamentale a cui vuole rispondere il Buddismo è quindi come liberarsi dal dolore, processo che richiede il passaggio dell'illuminazione, momento chiave di un percorso che può differenziarsi parzialmente nei metodi a seconda degli insegnamenti delle varie scuole. I samurai adottarono il Buddismo Zen che sostiene l'unità del tutto e quindi non una via di separazione da un mondo intrinsecamente corrotto, quanto di perfezionamento personale con l'ausilio di tutte le cose belle apprezzabili nella natura e anche nel comportamento umano, come l'arte e l'etica raffinata.
I Giapponesi tuttavia si dichiarano per la maggior parte irreligiosi, in quanto per essi aderire a una religione significa solo appartenere a un'organizzazione specifica. Le loro credenze comunque convergono su un nucleo di valori che comprende un fortissimo senso dell'onore, della famiglia e un'alta considerazione della natura.
Le religioni rilevanti in Cina sono tre: il Taoismo, il Buddismo e il Confucianesimo. Raramente sono professate da sole, quasi sempre in combinazione. La religione più praticata è il taoismo, ma è anche la meno definibile per via della sua natura sincretica fin dall'origine. Si tratta di una fede a sfondo panteistico con rituali quasi magici incentrati attorno al culto della terra. Spesso è unita alla religione tradizionale cinese (non riconosciuta dallo Stato perché priva di una chiesa organizzata) una sorta di culto politeistico in cui gli dei non sono tutti antropomorfizzati, quanto piuttosto geomorfizzati. Questi dei o spiriti rappresentano infatti elementi della natura e dei luoghi, nonché eroi e antenati illustri e sono descritti e parzialmente raggruppati entro narrative mitologiche.
Anche il Buddismo ha influenzato profondamente la mentalità cinese ed è giunto dall'India, dove ha avuto origine ma dove si è anche estinto. Il Buddismo cinese è legato al concetto originario di salvezza dal dolore e viene praticato secondo un triplice grado iniziatico progressivo: al livello più basso stanno coloro che cercano appena di migliorare la vita attuale o quella di una successiva reincarnazione. Al livello intermedio coloro che intendono porre fine al proprio ciclo di reincarnazioni giungendo così alla “beatitudine” del Nirvana. Il livello più alto è costituito da coloro che non si limitano ad aspirare alla propria salvezza personale, ma ricercano la liberazione dalla sofferenza per tutti gli esseri senzienti, raggiungendo una condizione chiamata bodhisattva, aspirazione suprema del Buddismo.
Infine vi è il Confucianesimo, praticato in modo assolutamente minoritario, ma diffuso presso le classi colte. Si tratta di una religione civile (più una filosofia che una religione) basata sulla vita e sugli scritti del saggio Confucio. E' stata dottrina ufficiale della casa imperiale cinese per quasi due millenni, assumendo così un'importanza decisiva. Una caratteristica essenziale del Confucianesimo è di stabilire un codice di rapporti gerarchici valido per la famiglia, la società e il potere politico. Questa caratteristica lo ha reso importante e gradito agli uomini di governo della popolosissima nazione cinese, dove un codice che stabilisca l'ordine sociale risulta evidentemente necessario per preservare lo Stato dal caos.
L'Induismo nella sua forma più antica e più pura, il Brahmanesimo, si richiama alla rivelazione contenuta nei testi sacri dei Veda, senza troppo indagare sui modi e la storia di questa rivelazione ma affermando energicamente la propria tradizione. Questo perché è basato su riti di tipo magico: il cosmo e gli dei non decidono se accondiscendere alle preghiere degli uomini, ma il loro comportamento è vincolato e determinato dal culto sacro, incentrato sulla pratica del sacrificio.
Il passo immediatamente successivo dell'Induismo è consistito però nell'esplorare il principio individuale soggettivo (detto atman) non bastando il principio cosmico universale (detto bràhman) a rendere conto della complessità della vita e dell'esistente. Questi due nuclei primigeni della dottrina Induista sorgono in contrapposizione fra loro e aspirano a una sintesi, che è stata raggiunta da molteplici scuole, senza curare troppo la coerenza, che è una caratteristica poco presente nel pensiero di questa religione.
La molteplicità degli dei e l'unicità del principio viene superata tramite il concetto di avatar (alla lettera discesa anche se, riferendosi agli dei, non va intesa nel senso pieno di incarnazione, quanto piuttosto nel senso di apparizione o rappresentazione). Essendovi parecchie manifestazioni degli dei, l'induista non si preoccupa di mettere in relazione ogni singolo avatar con un singolo dio e pertanto lascia la questione nell'indeterminatezza.
Come a livello cosmico e divino esiste una fluidità degli esseri e degli eventi, tanto da poter considerare l'Induismo una sorta di panteismo, così a livello personale la vita non è considerata unica e irripetibile, ma uno scorrere in un continuum materiale-spirituale che può vedere le due fasi (anima e corpo) compresenti o separate. Tale scorrimento, detto samsara, non è tuttavia senza esito e le azioni umane hanno effetto nelle vite successive, che si svolgano nel mondo materiale, tramite la reincarnazione, o nei mondi spirituali. L'anima infatti trascina con sé un sedimento (detto karma), risultato delle azioni buone o cattive, e solo l'operare virtuoso potrà infine dissolverlo, liberando così l'anima nello stato felice detto nirvana.
Pertanto l'ascetica è una componente dell'Induismo, che ha trasformato e ampliato di significato la primitiva disciplina sacrificale brahmanica.
I riti e la pratica della virtù sono codificati in un modo piuttosto rigido e in generale l'Induismo tende ad assegnare un ruolo ben circoscritto ad ogni persona, al punto da inquadrarla in una casta.
Molto si è detto delle caste (in ordine di importanza: sacerdotale, guerriera, lavoratrice e di volgare servitù), ma in questa sede è opportuno sottolineare che la casta più bassa, secondo i testi sacri Brahmana, è riservata ai non ariani, dal che si evince una restrizione etnico-razziale nella pratica della religione.
Le religioni delle civiltà: 2 - l'Islam
L'Islam è una religione monoteista che esprime la fede nel Dio di Abramo. Dichiara quindi di rifarsi alla rivelazione biblica, anche se, a detta dei musulmani, le sacre scritture sarebbero state alterate da ebrei e cristiani. Pertanto Dio avrebbe trasmesso l'ultima e perfetta rivelazione al profeta Maometto, ripristinando così la purezza della fede; infatti, secondo l'Islam, Antico e Nuovo Testamento e persino i Veda dell'Induismo esprimevano all'origine le medesime cose e solo la corruzione li ha resi, in minore o maggior misura, differenti dalla fede musulmana. I detti ispirati di Maometto che costituiscono il corpus della dottrina islamica sono stati raccolti nel Corano, un libro frutto dell'opera di quattro compilatori maggiori e un revisore finale, che fece bruciare le copie difformi dalla sua versione. Per quanto i versetti che costituiscono il testo siano disposti in ordine di lunghezza, senza nessuna connessione logica e addirittura talvolta si contraddicano gli uni gli altri, i fedeli credono che il Corano sia increato e trasmesso al profeta sotto dettatura dall'Arcangelo Gabriele. Appare in questo fatto la caratteristica fideistica dell'Islam, che significa appunto sottomissione assoluta: alla fede, ma senza la mediazione della ragione. Il Corano deve essere letto, o meglio salmodiato, solo nella lingua originale araba.
Altra fonte della dottrina islamica è la tradizione, detta anche consuetudine (sunna) conservata in libri che raccolgono detti (non coranici) di Maometto e aneddoti che lo riguardano.
La tradizione non è condivisa univocamente da tutto il popolo musulmano, perché esiste una frattura nella comunità che ha un'origine storica nel VII secolo. La divisione si generò a causa della disputa su chi fosse la legittima guida dell'Islam, contrasto che fu politico (condito di assassini e battaglie militari) e religioso. Una fazione pretendeva che la più alta autorità islamica provenisse solo dalla famiglia di Maometto (gli sciiti), l'altra fazione sosteneva l'elezione della guida all'interno di una ristretta cerchia di ottimati (i sunniti). La tradizione accettata dai sunniti è più ristretta di quella seguita dagli sciiti.
La teologia di base è però comune: Allah (questo il nome di Dio per gli islamici) è trascendente e inconoscibile, il suo potere e le sue decisioni sono assoluti, arbitrari e razionalmente insondabili: Egli ha fatto il fuoco caldo, ma se avesse voluto lo avrebbe fatto freddo.
L'uomo può ottenere la salvezza con il suo comportamento, ma sempre a seguito dell'insondabile volontà di Allah, fattore che introduce ampiamente la dottrina della predestinazione. I teologi musulmani non sono però concordi sull'eternità del premio e del castigo ultraterreno, soprattutto a riguardo dell'inferno, la cui durata infinita è molto discussa.
Dio è unico, immateriale, senza alcun tratto antropomorfo. Per queste ragioni gli islamici rigettano la Trinità, la divinità di Cristo (che però è considerato profeta autentico) e professano l'iconoclastia.
I cinque pilastri della fede islamica (pratiche obbligatorie) sono: la professione di fede, la preghiera quotidiana cinque volte al dì, l'obolo per i poveri corrispondente al 2,5% dello stato patrimoniale annuale, il digiuno un mese all'anno (il ramadan) e il pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita.
Il proselitismo è un altro obbligo del fedele islamico, deve essere esercitato verso i pagani e gli idolatri, ma non verso le altre “religioni del libro” (il libro sarebbe la Bibbia). Quindi ebrei e cristiani possono vivere in una società islamica praticando la propria religione, purché rinuncino a propagare la loro fede, stiano sottomessi e paghino un tributo.
Un elemento caratteristico e fonte di grande dibattito è il jihad, cioè la guerra santa. Si distinguono il jihad superiore, lotta ascetica morale ed intellettuale per essere un fedele autentico, e il jihad inferiore, lotta, anche armata, per difendere la comunità islamica o per espanderla nei territori degli infedeli. E' un fatto caratteristico e storicamente ricorrente che l'Islam adoperi la violenza per diffondere la fede.
Una corrente dell'islam molto attiva e significativa per l'attualità politica contemporanea è il Wahabismo. Il nome della dottrina deriva da quello del suo fondatore, Ibn 'Abd al-Wahhàb, la cui vita ha occupato quasi tutto il 1700. L'evento chiave della nuova denominazione islamica fu il patto di fedeltà reciproca che stabilirono al-Wahhàb e Muḥammad b. Sa'ùd, fondatore della dinastia saudita, questo perché il Wahabismo progredì per una serie di eventi storici e politici e non per approvazione delle scuole teologiche che, anzi, sancirono una sonora bocciatura di questa dottrina.
Gli elementi caratteristici del pensiero wahabita sono: la ricerca della purezza originaria dell'Islam, e la contestuale condanna di tutte le consuetudini religiose che ne avevano arricchito la pratica lungo i secoli, attraverso l'applicazione letterale del Corano. Ne scaturisce una professione religiosa fortemente esteriore e rituale, particolarmente acritica, che rifiuta tutto il magistero della giurisprudenza islamica. I wahabiti considerano eretiche tutte le correnti dell'Islam che non seguano scrupolosamente i loro dogmi, in particolare giudicano gli sciiti e i sufi come miscredenti.
La caratteristica islamica dell'uso della violenza per difendere la fede viene estremizzata nel Wahabismo che predica la morte dell'eretico (quindi di gran parte dei musulmani stessi) e la massima intolleranza per gli infedeli.
La storia del Wahabismo nasce nel 1744 (patto al-Wahhàb / Sa'ùd) e per quasi due secoli procede esclusivamente di pari passo con la storia saudita; questa sorge come potentato locale nella città di Dir'iyya e cresce fino al punto di conquistare, nei primi anni del 1800 le città sante di Kerbelà, Mecca e Medina. Il Califfo ottomano, che giudicava molto negativamente il Wahabismo, fu assai contrariato da questi successi e ordinò al governatore dell'Egitto (a cui all'epoca spettava la tutela dei luoghi santi) di sopprimere la nuova setta. Questi mosse tre spedizioni, tra il 1811 e il 1816, riconquistando le città sante nella prima, imponendo un trattato di sottomissione nella seconda e distruggendo la capitale Dir'iyya nella terza. In quest'ultima campagna, lo stesso re saudita e suo figlio furono catturati e mentre il primo venne fucilato subito, l'altro venne inviato a Istambul, dove il Califfo lo fece decapitare e fece esporre pubblicamente la sua testa mozzata. Alcuni membri della famiglia Sa'ùd riuscirono però a fuggire creando nel 1824 un secondo Stato wahabita arabo con capitale Riyad. All'impero ottomano fu sufficiente appoggiare una famiglia rivale per estromettere i Sa'ùd dal potere e porre fine a questo secondo Stato nel 1892. Tuttavia, dieci anni più tardi i sauditi e con essi il wahabismo, rientravano in Arabia con il decisivo appoggio dell'Impero britannico, che li utilizzò per estromettervi gli ottomani. Dal quel momento, per tre decenni, il nuovo Stato wahabita fu in perenne espansione, arrivando alla conquista delle città sante nel 1924 e giungendo alla fondazione del moderno regno dell'Arabia saudita nel 1932. La custodia delle città sante e la ricchezza derivante dal petrolio hanno giustificato il regno wahabita di fronte al mondo islamico, da cui, fino a quel momento, era pervenuto un biasimo generalizzato.
L'ultimo capitolo dell'espansione del Wahabismo risale al periodo della guerra fredda, quando predicatori wahabiti furono inviati in altri Paesi musulmani (su richiesta occidentale) per arginare le tentazioni socialiste o comuniste con il conservatorismo religioso. Poiché il metodo ebbe successo, l'Arabia Saudita proseguì, fino ai giorni nostri, nell'azione di inviare all'estero imam stipendiati.
I risultati sono stati maggiori negli Stati occidentali, piuttosto che in tutti gli altri, perché qui folle di immigrati poco colti e sradicati dalle loro origini e dalle loro tradizioni sono state facilmente convertite o plagiate.
Le religioni delle civiltà: 3 - il gruppo cristiano
Il Cristianesimo è il perfezionamento e la conclusione della rivelazione Biblica, iniziata con Abramo, Mosè e i profeti ebraici e compiuta con l'incarnazione di Dio stesso nella persona di Gesù Cristo. Dal punto di vista di un cristiano la teologia mosaica è dunque solo un sottoinsieme della propria, anche se l'ebraismo moderno (ben diverso da quello antico) si è emancipato in un modo che vedremo più avanti. Per le sue conseguenze politiche è importante sottolineare il fatto che i dieci comandamenti siano stati interpretati come le istruzioni d'uso che il costruttore ha allegato alla sua opera, cioè il modo migliore di vivere che il Creatore ha insegnato all'uomo, sua creatura, e per almeno millecinquecento anni sono stati identificati con la legge naturale (una legge che scaturisce dalla natura stessa dell'uomo).
Su questa base, mai sconfessata, Gesù Cristo rivela che Dio è uno e trino e che lui stesso, seconda persona della Trinità fatto uomo, è l'unico mediatore della salvezza quale sacerdote universale.
Questi due misteri sono già anticipati nell'Antico Testamento con l'apparizione dei tre Signori alle querce di Mamre e nella figura del sacerdote Melchisedech.
Il comandamento nuovo proclamato da Gesù è la legge dell'amore, un amore di servizio e donazione rappresentato nella sua forma più alta dal sacrificio della croce. Tale sacrificio, celebrato in ogni Messa (la più importante funzione religiosa cristiana), è il centro del culto cristiano, che deve produrre la conversione continua dei fedeli, ovvero, attraverso la misteriosa irruzione del divino nella loro anima, una revisione perenne della mentalità che produca un'imitazione del Cristo nella loro vita. Il segno del successo della redenzione di Cristo e speranza per ogni fedele è la sua resurrezione dai morti.
I cristiani partecipano ai misteri della salvezza attraverso i sacramenti, mezzi di incontro con Dio che elargisce loro la sua vita. Affinché i sacramenti siano validi devono essere somministrati da successori dei dodici apostoli, tramite una catena ininterrotta di investiture, detta successione apostolica.
Come si può notare il Cristianesimo è una religione molto spirituale e molto soprannaturale e, proprio per questo, rigida e assertiva nella dottrina e nella morale, pur dotata di una certa flessibilità nella prassi, dovuta alla possibilità del perdono dei peccati. Dal comportamento terreno dei fedeli dipende la loro destinazione eterna: se hanno conservato la fede e l'amore di Dio potranno godere perennemente di una vita in lui, altrimenti si auto condanneranno alla pena dell'inferno.
Il Fondatore impone a tutti i suoi discepoli di estendere la fede fino agli estremi confini della terra, non con la violenza (come può accadere per l'Islam) ma con la predicazione e la testimonianza.
Questa crescita del regno di Dio è però di natura particolare in quanto, come disse Gesù a Pilato il mio regno non è di questo mondo; suo obiettivo non è una conquista politica e neppure un semplice cambiamento dei comportamenti delle persone (tramite l'instaurazione di obblighi di culto, devozioni e norme morali), ma un cambiamento della mentalità e delle ragioni ultime del vivere, tramite la misteriosa presenza di Dio stesso nel cuore dell'uomo, per cui i comportamenti cambieranno naturalmente di conseguenza. Ministri del regno sopra menzionato sono i successori degli apostoli, riuniti attorno al Papa, vicario terreno del re celeste, e i sacerdoti da loro delegati.
La natura spirituale del regno permette a Gesù Cristo di esprimere, per la prima volta nella storia, l'idea dello Stato laico attraverso il celebre detto date a Cesare quello che è di Cesare e tale concetto verrà realizzato dalle società cristiane e da esse fatto conoscere al mondo.
Per mille anni il Cristianesimo fu professato da un'unica Chiesa cattolica, cioè universale. Poi, nel 1054 si produsse il “grande scisma d'oriente” ovvero la separazione tra la chiesa cattolica e quella ortodossa. I motivi reali di questa separazione stanno in una serie di incomprensioni e in alcuni eventi storici: dato che la religione cristiana era religione di Stato dell'Impero romano, con la divisione dell'Impero anche le chiese si distanziarono. La separazione significò principalmente il rifiuto delle chiese orientali di riconoscere l'autorità di quelle occidentali e soprattutto del Papa.
Le chiese d'oriente tuttavia avevano, già in precedenza, una liturgia differente da quella romana, alcuni orientamenti teologici propri e in generale uno stile un po' diverso nella pratica della fede.
Dopo la separazione alcune differenze si accentuarono: sul piano teologico la visione trinitaria, per cui lo Spirito santo procede dal Padre e non dal Figlio (il famoso filioque del “credo” romano), la dottrina del purgatorio e la grazia creata; sul piano giuridico il celibato ecclesiastico, il primato papale e il calendario giuliano; sul piano liturgico la differenza maggiore sta nell'uso del pane lievitato per l'eucarestia.
Tuttavia queste differenze non furono reputate decisive se si considera che nel Concilio di Basilea, Ferrara e Firenze (1431-1439) si pervenne a un proposito di riunione reciprocamente approvato, che avrebbe portato all'unità dogmatica e disciplinare mantenendo le differenze in ambito liturgico.
Il decreto Laetentur coeli del 1439 sancì la completa riunificazione tra greci e latini, restando però un puro proposito che non venne applicato.
Questa riunificazione teorica resta comunque importante per far comprendere cosa sia il rapporto scismatico tra oriente e occidente: di sostanziale identità religiosa, tanto che i rispettivi sacramenti sono reputati validi da ambo le parti, ma di separazione gerarchica.
Ben diversa separazione fu quella operata dalla cosiddetta riforma protestante. Sorta all'inizio del XVI secolo, coll'intento dichiarato di correggere gli errori della chiesa rinascimentale per riportarla alla purezza originaria, conobbe il suo esordio ufficiale nel 1517, con la pubblicazione delle 95 tesi di Martin Lutero. Partendo dalla condanna di alcuni malcostumi della gerarchia ecclesiastica e di alcune devozioni popolari, introduce contemporaneamente dei principi teologici assolutamente rivoluzionari ed estranei alla dottrina professata fino a quel momento. Per prima cosa circoscrive il metodo conoscitivo della rivelazione, che è limitato alla Bibbia (sola scriptura), rigettando la sacra tradizione e il magistero della Chiesa, che sono visti negativamente, al punto da abolire il sacerdozio e da paragonare il Papa all'anticristo. Poi riduce i criteri della salvezza alla sola fede, considerando le opere del tutto secondarie e ininfluenti. Dei sacramenti si conservano solo il battesimo e l'eucarestia detta santa cena, concepiti però come puri simboli e non come realtà misteriose, quali li intendono le teologie cattolica e ortodossa.
L'assenza di un magistero e di una gerarchia unitaria, nonché la prassi del libero esame della Bibbia, hanno prodotto (come era inevitabile che fosse) una rapida frammentazione del mondo protestante in una miriade di correnti e denominazioni. Per fare un esempio si espongono i principi (detti cinque punti) del Calvinismo, un ramo molto influente del Protestantesimo: 1) L'uomo, a causa della contaminazione del peccato, è malvagio. 2) I giusti sono predestinati, cioè prescelti eternamente da Dio per essere salvati indipendentemente dai loro meriti. 3) La redenzione di Cristo è limitata ai predestinati. 4) Gli eletti, per grazia, sono irresistibilmente attirati e legati a Cristo. 5) I santi, quindi i predestinati, non possono scadere dalla grazia, ma sono ineluttabilmente perseveranti fino alla salvezza. Tutto questo accento posto sulla predestinazione e sulla insindacabile determinazione della salvezza da parte del Creatore espone il calvinista al più forte rischio di relativismo morale, presente per altro in quasi tutto il mondo protestante, rischio, cioè, di pensare di poter fare tutto ciò che vuole con la benedizione di Dio. Egli interpreta il successo (ad esempio quello economico) come prova della benedizione divina.
Purtroppo la storia ha insegnato come questo atteggiamento possa essere illusorio, ad esempio nel caso delle SS tedesche il cui motto era “Dio è con noi”.
Il protestantesimo, storicamente, produsse una regressione dallo Stato laico allo Stato confessionale a causa delle guerre di religione, che scoppiarono in Europa al suo avvento, e in virtù del principio di subordinazione religiosa del popolo all'orientamento del sovrano (cuius regio eius religio) che si affermò in seguito.
E' abbastanza impressionante notare le analogie che intercorrono tra le branche del mondo cristiano e quelle del mondo islamico: sciiti e sunniti stanno in rapporto scismatico, come chiesa d'oriente e di occidente, mentre i wahabiti sono i protestanti dell'Islam, anch'essi sorti con il proposito di un ritorno alla purezza originaria, anch'essi basati sul sola scriptura del Corano e anch'essi in guerra di religione con i confratelli da cui si sono separati.
Dal punto di vista della religione applicata alla civiltà (e non predicata astrattamente) si possono far rientrare nel gruppo cristiano la civiltà cristiano orientale (ortodossa) e quella latino-americana.
Della civiltà ortodossa bisogna dire che si trova in una fase dinamica. Infatti l'area ortodossa è quasi perfettamente sovrapponibile alla ex area comunista che ha imposto per settant'anni l'ateismo di Stato, producendo devastazioni materiali e spirituali. Con la caduta dell'impero bolscevico il popolo sembra tornato alla fede (i sondaggi parlano di un 69% di credenti in Russia). Quanto questo fenomeno rappresenti una reazione alle imposizioni materialiste del passato e quanto sia una genuina riscoperta della fede ancora non è dato dirlo. Sicuramente bisogna registrare nel presente un movimento di crescita dell'ortodossia capace di influenzare la politica.
In America latina la religione tradizionale, almeno da qualche secolo, è il cattolicesimo. Lo stile sudamericano nel vivere la religione è molto spontaneo, devozionale e mistico. Non sarebbero necessarie ulteriori aggiunte se non per fare due osservazioni. L'una è che negli ultimi due decenni si è registrata una forte espansione delle sette protestanti. Il motivo, a detta degli stessi fedeli sudamericani, è che la Chiesa cattolica si è impegnata in opere sociali e caritative, tutte cose buone e apprezzate, ma “loro ci hanno portato Gesù”, dove con “loro” si intendevano i protestanti. Questo introduce il discorso di una sorta di autolimitazione o autocensura del cattolicesimo che specificherò più oltre.
La seconda osservazione è che anche le forze laiciste fortemente anticristiane registrano una importante presenza in America latina, esercitando un'influenza sensibile da almeno due secoli.
Pertanto si può dire che la civiltà Latino-americana sia una civiltà conflittuale in cui emergono due principii propulsori nettamente opposti: l'uno cristiano e l'altro anticristiano. L'America latina è una terra di grandi contrasti, come appare visibilmente nelle sue grandi città, di grande ricchezza e modernità al centro e di miserabile arretratezza e degrado in periferia.
Le religioni delle civiltà: 4 - l'occidente
Abbiamo sottolineato all'inizio che per analizzare le conseguenze politiche di una religione bisogna studiare quella realmente professata e non quella semplicemente adottata in modo ufficiale e, aggiungo, soprattutto quella professata dalle classi dirigenti. Pertanto bisogna individuare quale sia o quali siano le religioni che caratterizzano la civiltà occidentale.
In senso strettamente numerico la singola religione più importante dell'occidente è il Cattolicesimo. Tuttavia, come accennato in precedenza, i cattolici sono in una fase di limitazione e autolimitazione, al punto da rendere la loro religione totalmente secondaria per le sorti dell'occidente. Limitazione poiché, salvo rare eccezioni, essi sono stati estromessi da tutte le principali cariche decisionali: il politico cattolico è una specie in via di estinzione. Ma un secondo e più grave problema riguarda l'indebolimento della stessa identità cattolica, presente persino nella gerarchia ecclesiastica, diffuso massivamente nel popolo dei fedeli ed espresso fino al limite della schizofrenia da quei cattolici che detengono cariche pubbliche. Per fare qualche esempio cito la scuola di Bologna, in Italia, in cui si propugna il principio che la politica vada esercitata “come se Dio non ci fosse”, evidente annullamento pratico dei valori religiosi. Un secondo caso è quello di Tony Blair, ex primo ministro britannico che, dicendosi convertito al cattolicesimo, ha affermato, riguardo a questioni morali sancite dalla dottrina, che “il Papa non capisce niente” e ha propugnato risoluzioni diametralmente opposte alla visione cattolica. Si è inoltre fatto fotografare al Bohemian Club, un consesso dedito all'idolatria pagana in cui si adora Moloch e si praticano riti esoterici. Cito infine la Corte Suprema degli Stati Uniti, che, composta da otto membri, ne vede ben cinque (il presidente della corte John G. Roberts, Anthony Kennedy, Clarence Thomas, Samuel Alito e Sonia Sotomayor) dichiararsi cattolici romani. Costoro, senza batter ciglio, hanno sdoganato leggi sull'aborto facile e tardivo e sul matrimonio e adozione gay, che contrastano frontalmente con la loro fede e che addirittura avrebbero potuto innescare laicissime obiezioni costituzionali.
Questi esempi fanno capire che i cattolici in politica non ci sono o se ci sono (salvo sempre le rare eccezioni) non conducono una politica cattolica. Perciò, allo stato attuale, il cattolicesimo è da considerarsi una religione marginale dell'occidente.
Sorge a questo punto la domanda di quale o quali siano le religioni che informano la politica dell'occidente. Io ne individuo tre che coesistono in quanto convergono su una vasta piattaforma di esiti politici: il neo-Giudaismo, il Protestantesimo anglosassone e la religione massonica.
Ho parlato di neo-Giudaismo per distinguerlo dall'Ebraismo antico descritto dalla Bibbia. Infatti l'Ebraismo dell'Antico Testamento era una dottrina assertiva, che propugnava la fede nel Dio unico trascendente, rivelatosi ai patriarchi e ai profeti. Dopo l'avvento del Cristianesimo, logico perfezionamento dell'Ebraismo antico, il giudaismo moderno è diventato principalmente una dottrina negazionista (Gesù Cristo non è il messia, figlio di Dio). Infatti la fede cristiana propugna tutti i capisaldi della fede ebraica, (aggiungendovi la persona e la predicazione di Cristo) e questo fatto è percepito dagli Ebrei come un pericolo per la propria identità. Se dunque nell'antichità era attivo un proselitismo ebraico, nell'era cristiana la religione giudaica si è chiusa su se stessa, concentrandosi su quesiti che ruotano attorno alla domanda “cosa significa essere ebreo”.
Poiché la Bibbia presenta una forte continuità tra l'Antico e il Nuovo Testamento (in particolare tra le profezie dell'Antico che si realizzano nel Nuovo) invitando a evolvere naturalmente dall'Ebraismo al Cristianesimo, il mezzo con cui il neo-Giudaismo si è mantenuto separato è stata la tradizione orale. Secondo il neo-Giudaismo Dio diede a Mosè una legge scritta ma anche delle comunicazioni orali che costituirebbero la base della tradizione (di cui però nell'Ebraismo antico non vi è traccia). Questa tradizione sarebbe successivamente stata raccolta per iscritto e commentata dai più autorevoli rabbini nei volumi del Talmud. Tuttavia, la caratteristica precipua di questa tradizione è quella di contraddire platealmente la Bibbia in molti punti sensibili, giustificando i rovesciamenti di significato tramite prolisse acrobazie verbali e volgari sofismi. Anche il Cristianesimo ha una tradizione, che però è coerente con la Bibbia e così pure l'Islam ha una tradizione che non smentisce il Corano (per quanto questo testo non brilli per coerenza interna).
Il neo-Giudaismo invece contraddice la Bibbia attraverso il Talmud arrivando quindi ai seguenti risultati: antepone la tradizione alla rivelazione, antepone il popolo a Dio (molti rabbini odierni affermano che “non interessa Dio, ma un grande Israele politico”), trasforma l'elezione spirituale in un suprematismo razziale. In modo parimenti illogico, il neo-Giudaismo considera tradizione propria il testo della Kabbalah: un'introduzione alla teoria e alla pratica della negromanzia, grazie a cui è percepito come amico e affine negli ambienti esoterici.
Gli Ebrei nel mondo sono solo una ventina di milioni, ma avendo occupato i vertici della finanza occidentale e, tramite essa, le agenzie di comunicazione di massa e l'editoria, esercitano un potere immensamente sproporzionato alla loro entità numerica, che influenza in modo determinante la politica dell'occidente.
Il Protestantesimo anglosassone, oltre ad avere le caratteristiche generali della religione protestante già descritte sopra, si caratterizza per alcune peculiarità. Innanzitutto per la convinzione dell'eccezionalità del proprio compito e del proprio destino, che può ben essere definito messianico, non nel senso trascendente di dover portare la salvezza sulla terra, ma nel senso immanente di dover diffondere la (propria) civiltà nel mondo. A questo proposito giova ricordare che nell'Inghilterra elisabettiana si diffuse una leggenda (durata secoli) secondo cui le dieci tribù perdute di Israele sarebbero confluite nel popolo inglese, che poteva dunque considerarsi popolo eletto. L'Impero Britannico fu perfettamente conforme a questa linea di pensiero, secondo cui le conquiste e lo sfruttamento coloniale erano parte di un compito, descritto come “il fardello dell'uomo bianco”.
Per questa ragione e per il concorso decisivo del capitale ebraico nell'espansione e nello sfruttamento delle colonie, è stato anche definito, in modo pertinente, Impero anglo-sionista.
Alla fine del diciannovesimo secolo, questa convinzione di avere il destino di regnare sul mondo per civilizzarlo, fu ereditata dagli Stati Uniti d'America, la cui classe dominante si qualifica come WASP (white anglo-saxon protestant).
Come si può notare il messianismo immanentista (volto a stabilire un regno in questo mondo), la preminenza della cultura sulla religione, e il suprematismo razziale si sovrappongono perfettamente tra il neo-Giudaismo e il Protestantesimo anglosassone.
La terza, ma non minore per influenza, religione dell'occidente è la religione massonica. Poiché la Massoneria resta nella sua essenza una società segreta, non è possibile analizzare chiaramente quale religione segua. Certamente e senza dubbio nella Massoneria sono presenti almeno tre orientamenti: un generico deismo (più simile all'eresia gnostica che non alla fede cristiana), l'ateismo e la religione luciferiana. Se queste siano fedi che convivono parallelamente oppure tappe di un percorso iniziatico, per cui una prevale tra i principianti, un'altra tra i gradi intermedi e una terza tra gli alti savi, non si può dire con certezza (anche se la seconda è l'ipotesi più probabile). Tuttavia è possibile descrivere l'esito di queste religioni nell'indirizzo politico massonico, che si manifesta come intolleranza della tolleranza. Ovverosia, in nome della tolleranza, non si ammette la norma fondata in modo oggettivo e razionale (basata sulla legge naturale), privilegiando i diritti soggettivi, che sono la trascrizione giuridica del “fa' quel che vuoi”, principio primo della “bibbia” satanista (quella ufficiale scritta dal La Vey). E, in nome della tolleranza, si censura si reprime e si perseguita chiunque tenti di ricondurre la politica a sottostare ad una scala di valori ordinati e razionalmente sensati. In campo internazionale si applica lo stesso concetto, per cui quegli Stati che seguono modelli diversi sono definiti “intolleranti” verso taluni comportamenti dei cittadini e, per questa ragione e sempre in nome della tolleranza, minacciati, sottoposti a sanzioni e persino aggrediti militarmente. Il tutto a partire dalla presunzione di una superiore civiltà e di avere il compito, dichiarato in modo trasparente, di realizzare un governo, detto anche “ordine”, mondiale.
Poiché i principii massonici dividono gli uomini in caste e poiché uno dei più alti dignitari massonici dell'ottocento, il generale Picke (Alto Sovrano e Commendatore del Supremo Consiglio dei 33° e autore di “Morals & Dogma” una sorta di messale delle liturgie massoniche ancora in uso) fu fondatore del Ku-Klux-Clan, si può dire tranquillamente che la religione massonica converge con le due precedenti su tutte e tre le caratteristiche evidenziate: assegnazione autoreferenziale del privilegio di guidare il mondo, strumentalizzazione del pensiero religioso per fini propri, affermazione della superiorità razziale.
Potrebbe non piacere ai cittadini occidentali, ma queste sono le religioni che attualmente orientano la loro civiltà...