Italiani di e in Crimea, fatevi avanti ! un libro racconta la vostra storia
Nella Crimea che festeggia i due anni dalla riunificazione con la Russia, c'è una comunità, quella italiana, che riscopre i suoi i legami con la madre patria.
La presenza italiana in Crimea risale al XV secolo, quando i genovesi fondarono diverse colonie, tra cui quella della città di Feodosia. Nella seconda metà dell' 800 la comunità italiana in Crimea crebbe rapidamente, grazie soprattutto a migranti proveniente dalla Puglia che lavoravano a bordo delle numerose navi italiane in sosta nel porto di Kerch. Si trattava di migranti che oggi definiremmo "qualificati", impiegati nei settori della progettistica navale e nel commercio dei prodotti agricoli. All'inizio del secolo scorso la popolazione italiana nella zona arrivò a toccare le 5 mila unità, ed a Kerch c'erano una scuola ed un centro culturale italiano, oltre ad una chiesa cattolica, l'unica in un'area dove convivevano ortodossi e musulmani.
Nel gennaio 1942 su ordine di Stalin, gli italiani, come le altre minoranze nazionali presenti in Crimea, vennero prima imbarcati su delle navi e poi in treno deportati in Siberia e in altre terre dell'Asia Centrale. Attualmente nella località di Kerch in Crimea vivono 300 discendenti degli italiani che vennero deportati allora. Qualcuno di loro riuscì miracolosamente a tornare in patria, la sorte di molti altri invece fu più crudele ed essi perirono durante il viaggio. Nel dopoguerra parte di questi italiani è ritornata in Crimea, ma ha dovuto rinunciare a lungo ai cognomi italiani, mentre molti rimasero nei luoghi dove furono deportati.
La loro memoria rivive oggi grazie all'Associazione degli Italiani in Crimea CERKIO, che ora è alla ricerca dei successori di quegli italiani per far rivivere le loro storie e quella dell'intera diaspora italiana in Crimea, come spiega il responsabile Igor Ferri:
La nostra associazione ha ricevuto un sussidio dalla Presidenza della Federazione Russa per scrivere un libro sulla storia degli italiani di Crimea. Vogliamo raccontare non solo la vita degli italiani di Crimea e in Crimea oggi, ma anche il loro contributo allo sviluppo della Crimea nella secolare storia della penisola. Vorremmo consegnare alla storia il destino di quelle famiglie che ancora non sono note, per questo siamo alla ricerca dei discendenti degli italiani di Crimea che si trovano in Crimea oppure di quelli che dopo la deportazione sono finiti lontano, in Siberia o in Kazakhstan.
La minoranza italiana in Crimea è stata riconosciuta ufficialmente dalla Federazione Russa come vittima delle deportazioni staliniane a settembre dell'anno scorso, quando il presidente Putin durante la sua visita a Yalta insieme a Silvio Berlusconi, incontrò i rappresentanti dell'associazione italiana CERKIO, che si erano rivolti a lui dopo il referendum del marzo 2014, in cui il 96% dei crimeani disse si al ritorno in Russia. A seguito della firma del trattato di adesione della Crimea alla Federazione Russia lo status di "deportati" era stato automaticamente concesso ai discendenti di cinque nazionalità presenti in Crimea — tartari, bulgari, greci, tedeschi e armeni- ma non alla minoranza italiana.
Ora che è avvenuto il riconoscimento, l'associazione CERKIO opera a Kerch in piena autonomia e si propone di favorire il contatto tra gli italiani delle due penisole, quella di Crimea e quella italiana, dove la prima è spesso oggetto di disinformazione.
Nel corso del 2015 una mostra fotografica itinerante sulla deportazione degli italiani di Crimea è stata esposta in varie regioni italiane ed il progetto di un lungometraggio sulla deportazione degli italiani di Crimea, presentato dal regista Stefano Bonizzoni, si è aggiudicato un concorso del ministero dei Beni e delle Attività Culturali per effettuare le riprese in Crimea e in Kazakhstan.
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