L'Antilingua e la legge sull'aborto

24.03.2015

Riportiamo un brano del grande difensore della vita che era Mario Palmaro, su come la L194 del 1978, che disciplina l'aborto in Italia, abbia introdotto una vera e propria anti-lingua per far penetrare l'aborto con maggiore facilità nella coscienza sociale.
Il brano è tratto dal suo importante libro Ma questo è un uomo (Ed. San Paolo, p.67-68):

L'abrogazione delle parole-verità e la sostituzione con le parole-menzogna impedisce che un dato significato possa essere espresso, mentre al suo posto ne viene introdotto un altro, funzionale alla cultura egemone. Un esempio emblematico si incontra nelle prime righe della legge 194 del 1978. Inizialmente la legge recava "Norme sulla interruzione volontaria di gravidanza". I parlamentari "cattocomunisti", come Gozzini, La Valle, Codrignani, introdussero invece la dizione "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria di gravidanza". Evidente l'intento di rendere più accettabile l'identico testo di legge con il semplice ritocco del titolo.

Come ha giustamente osservato il linguista Angelo Gianni, "si interrompe solo ciò che può essere ripreso e continuato (ad esempio si interrompe l'erogazione di corrente per un guasto o uno sciopero ...) ma non si può "interrompere", mai e poi mai, ciò a cui si è posto fine per sempre, cioè una gravidanza". Chi definisce così l'aborto, conclude Gianni, commette un grosso reato linguistico, un'ipocrisia.

Con la legge di aborto - spiega Liverani - l'Antilingua è assunta a rango di lingua ufficiale: la "madre" e il "figlio", tanto per fare un esempio, sono spariti dalla 194 non solamente come parole, ma anche come idee, come concetti. Sono stati semplicemente aboliti. Al loro posto sono stati introdotti il concetto di "donna" e di "concepito", e per colmo di ironia (perché non nascerà mai) di "nascituro". L'Antilingua partorisce così tutta una serie di melensi eufemismi in grado di rimuovere pensieri e parole che ostacolerebbero l'"assorbimento" della liceità-legittimità dell'aborto nella cultura dominante. Abbiamo così "l'autore del concepimento", che nel lessico abortista sostituisce il termine "padre", con il duplice risultato di negare che esista un figlio e di escludere l'uomo da qualsiasi ingerenza nella decisione della donna.

"Contraccezione d'emergenza o retroattiva", "contragestativo", "pillola del giorno dopo" sono tutte espressioni per designare farmaci o altri mezzi con cui si attua un vero e proprio aborto, anche se precoce. Ma grazie a questa "ginnastica verbale" si ingenera l'erronea convinzione che non di un'interruzione della vita si tratti, ma di semplici misure idonee a evitare il concepimento. Che invece è già avvenuto. La parola grimaldello resta però su tutte "interruzione volontaria della gravidanza" soprattutto nella sua forma sincopata di monogramma (IVG). In questo modo il vocabolo "aborto", considerato traumatico, viene sostituito con un'espressione di tipo tecnico-medico che non suscita emozioni e sensi di colpa. IVG è espressione asettica e disinvolta, che evidenzia tra l'altro la sanitarizzazione (e quindi la svalutazione e disumanizzazione) del problema aborto.