La svolta eurasiatica della Tunisia
Dall’elezione del presidente tunisino Cais Said nel 2019, le sue politiche sono state a lungo caute e misurate. All’inizio il nuovo presidente, che non aveva un proprio partito e doveva condividere il potere con un parlamento islamista filo-occidentale, non poteva permettersi mosse drastiche, ma stava raccogliendo le forze per un futuro programma di ricostruzione del Paese. Solo allora, nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2021, ha sciolto il parlamento e ha messo al bando il partito islamista al-Nahda, che dominava dal 2011 e che era apertamente oscurato dal Partito Democratico statunitense e dai vertici dell’Unione Europea (soprattutto Francia e Italia). Da allora, passo dopo passo, il Cais Said ha costruito una politica tunisina sovrana, volta a liberarsi delicatamente ma costantemente dall’influenza occidentale e a prendere il posto che le spetta in un mondo multipolare. Il campo politico del Paese è stato sistematicamente ripulito da partiti e movimenti filo-occidentali. Si è instaurata una dittatura di Said, una dittatura dello sviluppo e della prosperità. Il rovescio della medaglia di questa dittatura fu l’insoddisfazione dell’opposizione, con il boicottaggio di tutte le elezioni e la bassa affluenza alle urne.