La Corona Britannica contro la Rus’ – parte II

23.06.2022

Nella tradizione ortodossa, Gesù Cristo (“Re del mondo e Salvatore delle nostre anime”) è chiamato “sacerdote nell’ordine di Melchisedec”. In quanto Re dei re e Signore dei signori, diventa anche un simbolo universale (un archetipo, per essere più precisi) della linea dei re. “La figura del re raffigura simbolicamente la figura di Cristo e acquisisce così una sorta di dualità nel suo contenuto semantico”, scrive Aleksandr Ivanov nella sua opera Dal paganesimo al cristianesimo: On the Paths of the Last Austrasia: “Da un lato, il re è parte del popolo. Dall’altro lato, però, grazie all’universalità del suo ruolo imperiale generale, egli ascende al suo stesso popolo e in un certo senso diventa un rappresentante dell’unico proto-popolo che non aveva ancora perso il suo legame con il Creatore nel flusso entropico dell’essere”.

Le Isole Britanniche si trovano direttamente sull’interstizio tra il mondo polare settentrionale (anche se è sprofondato e scomparso sotto i ghiacci) e il mondo oceanico occidentale (anche se è scomparso sotto le onde). Due tradizioni: una continentale, regale, e una atlantica, sacerdotale, giudiziaria. Fin dall’inizio si sono scontrate in quella terra lontana insieme alle isole circostanti, che insieme formano, per così dire, il baluardo dell’Oceano contro il Continente. Sulla base degli scavi, l’archeologia è giunta alla conclusione che il territorio della Gran Bretagna è stato colonizzato dagli esseri umani all’incirca tra il 10000 e l’8000 a.C. La separazione delle isole dalla terraferma (se non si presta particolare attenzione al mito di Atlantide) è stata (o ha coinciso con) l’inizio della separazione della “tradizione atlantica”. I “nuovi arrivati” passano da uno stile di vita nomade a uno stanziale, mentre gli “iperborei” (inizialmente stanziali) sono costretti a cambiare luogo di vita (o “topogenesi” [1]) solo a causa delle circostanze.

A partire all’incirca dal V millennio a.C., in un’ampia area che va dall’odierna Spagna e Portogallo alla Bretagna, all’Irlanda, all’Inghilterra, alla Scozia e alla Scandinavia, cominciano a comparire costruzioni in pietra (Newgrange in Irlanda, Maeshowe nelle isole Orcadi e Brin-Kelly-Dee vicino ad Anglesey) che rimangono misteriose per noi moderni. Il loro tratto distintivo è un corridoio sotterraneo, il cui soffitto, le pareti e il pavimento sono ricoperti da lastre di pietra. Questo corridoio conduce a una grotta sotterranea su cui è stato costruito un tumulo funerario. Molte pietre megalitiche (soprattutto in Irlanda) sono decorate con disegni di significato sconosciuto. Nel libro The Stars and the Stones di Martin Brennan, si dimostra che molti di questi simboli sono raffigurati con estrema precisione affinché un raggio di sole o di luna vi cada sopra in un determinato momento dell’anno. Brennan sostiene anche che il corridoio che conduce alle camere sotterranee era parzialmente orientato in modo tale che un raggio di luce potesse entrarvi in un determinato giorno dell’anno. Cosa succedeva in queste strutture?

Alcuni anni fa si pensava che fosse dimostrato che i costruttori dei megaliti si fossero trasferiti a Nord da una sorta di “culla delle civiltà europee” mediterranee. Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che i monumenti della costa atlantica europea sono molto più antichi dei loro apparenti prototipi mediterranei. Sotto i nostri occhi prendono vita teorie prima considerate “esotiche”, come l’ipotesi di J. Foster Forbes [2], autore di diversi libri sulla storia britannica, tra cui quello intitolato The Unchronicled Past (1938), in cui si afferma che “queste pietre furono erette a partire dall’ottavo millennio a.C.; i loro costruttori erano uomini dell’Occidente, o, per essere più precisi, i sacerdoti sopravvissuti alla catastrofe che colpì Atlantide. Essi eressero le loro grandiose costruzioni per stabilire e sostenere l’ordine sociale”. Le costruzioni sacre degli “alieni” (nuovi arrivati) [3] ebbero luogo sui siti dei templi neolitici degli “abitanti autoctoni”… A loro volta, gli “alieni” acquisirono lo status di “divinità” e divennero i fondatori delle dinastie regnanti e i sacerdoti. Ad esempio, secondo una leggenda contenuta nell’opera di Geoffrey di Monmouth [4], l’onore della costruzione di Stonehenge spetta allo stregone Merlino. Nonostante l’opinione comune, il sito non ha nulla a che fare con i druidi celtici che apparvero in Gran Bretagna un migliaio e mezzo di anni dopo la sua costruzione. I mitologemi legati ad Artù e Merlino non hanno alcuna relazione diretta con il “celtismo”, come è stato dimostrato in particolare da Laurence Gardner.

I Celti arrivarono in Gran Bretagna intorno al 600 a.C. Secondo tutti i dati recenti, questo gruppo era originario del Mediterraneo e del Medio Oriente. È molto probabile che l’invasione delle tribù celtiche non sia stata un momento singolo, ma abbia avuto un carattere esteso. Insieme alla loro lingua, i Celti portarono in Gran Bretagna la loro religione del druidismo, pur conservando molti elementi della costituzione mitico-religiosa pre-celtica del Paese. I druidi (la casta sacerdotale celtica) fungevano da “anello di congiunzione” tra le varie tribù. Il loro potere era superiore a quello di qualsiasi capo o re. Il calendario druidico (come quello del periodo megalitico) si basava su una combinazione di cicli lunari e solari. La struttura sociale della società celtica era fondamentalmente teocratica e antimonarchica, ricordando fortemente la struttura descritta nel Libro biblico dei Giudici.

I conquistatori della Britannia (Angli, Sassoni e Juti) avevano origini continentali. Il re aveva funzioni sacre che nella visione del mondo “celtico-atlantica” erano attribuite al clero. La tradizione continentale più antica pone la “monarchia” al di sopra del “clero” e attribuisce al “re-konung” funzioni sacre. Il pantheon continentale era guidato da Odino (Wotan, Wodan), il guardiano delle bande da guerra, il dio della saggezza, lo “sciamano supremo” e il patrono dell’iniziazione: la tradizione successiva associa Odino alle origini delle varie case reali germaniche.

In un certo senso, possiamo dire che secondo la tradizione primordiale, iperborea, la monarchia si poneva al di sopra del “clero” (o, per essere più precisi, che comprendeva il “clero”). L’atlantismo, invece, pone il “clero” (o i “sacerdoti”) al di sopra della “monarchia”. Nella “tradizione atlantica” un ruolo speciale è riconosciuto al potere giudiziario.  Per quanto riguarda la questione concreta che stiamo esaminando, alla base dell'”identità britannica” vi sono due tradizioni che si escludono a vicenda: quella atlantica (la tradizione iniziale in Gran Bretagna, ma secondaria nel quadro generale) e quella continentale (“iperborea”), che è la tradizione generale primordiale, ma secondaria per la Gran Bretagna.

La presenza di queste tradizioni che si escludono a vicenda è alla base della fondamentale dualità della monarchia britannica: da un lato, è effettivamente una monarchia paragonabile ai suoi fratelli continentali; dall’altro, è qualcosa di totalmente diverso.

Al di là di tutto ciò che è stato detto, dobbiamo citare un’informazione importante: René Guénon sottolinea una circostanza importantissima: la “tradizione ebraica” (e, di conseguenza, le “religioni abramitiche”) sono la componente più importante dell'”atlantismo”:

“Poiché quest’ultima [la tradizione atlantica – trad. it. Poiché quest’ultima [la tradizione atlantica – trad. it.], d’altra parte, si trova in una regione che corrisponde alla sera nel ciclo diurno, deve essere considerata come appartenente a una delle ultime divisioni del ciclo dell’attuale umanità terrestre e quindi come relativamente recente… Inoltre, proprio come l’autunno dell’anno corrisponde alla sera nel giorno, si può vedere un’allusione diretta al mondo atlantideo nel fatto che la tradizione ebraica (il cui nome peraltro tradisce la sua origine occidentale) indica che il mondo fu creato all’equinozio d’autunno… E sembra anche che il diluvio biblico corrisponda direttamente al cataclisma in cui scomparve Atlantide… Ma ciò che vogliamo dire è che, sebbene il ciclo atlantideo sia stato preso come fondamento nella tradizione ebraica, sembra che il passaggio sia avvenuto o con la mediazione degli Egizi – il che almeno non ha nulla di inverosimile – o con mezzi del tutto diversi. Se facciamo quest’ultima riserva, è perché sembra particolarmente difficile determinare come, dopo la scomparsa di Atlantide, la corrente proveniente dall’Occidente si sia unita a un’altra corrente proveniente dal Nord che procedeva direttamente dalla Tradizione Primordiale…” [5].

In realtà, anche la stessa Bibbia indica più volte la “secondarietà” della “tradizione abramitica”, soprattutto quando il testo parla della benedizione che Abramo riceve da Melchisedec (Gen. 14, 18-20). L’apostolo San Paolo lo indica in modo del tutto inequivocabile:

“1 Questo Melchisedec, re di Salem, sacerdote del Dio altissimo, che incontrò Abramo di ritorno dalla strage dei re e lo benedisse; 2 al quale Abramo diede anche la decima parte di tutto; prima fu per interpretazione re di giustizia e poi anche re di Salem, cioè re di pace; 3 senza padre, senza madre, senza discendenza, senza inizio di giorni né fine di vita, ma reso simile al Figlio di Dio; continua a essere sacerdote. 4 Ora, considerate quanto era grande quest’uomo, al quale anche il patriarca Abramo diede la decima del bottino. 5 E in verità quelli che sono figli di Levi, che ricevono l’ufficio del sacerdozio, hanno l’ordine di prendere la decima dal popolo secondo la legge, cioè dai loro fratelli, anche se provengono dai lombi di Abramo; 6 ma colui la cui discendenza non è contata da loro ricevette la decima da Abramo e benedisse colui che aveva le promesse. 7 E senza alcuna contraddizione il minore è benedetto dal migliore” (Ebr., 7, 1-7) [6].

Alla base della “seconda tradizione” (quella atlanto-abramitica, beneficiaria della “benedizione di Melchisedec” per un certo ciclo storico) non c’è l’olismo ciclico e calendariale della morte e della rinascita, ma una “missione radicalmente innovativa”, come la chiama Dugin, alla luce della quale “il tema della monarchia si combina con quello del peccato” [7], Stiamo parlando delle relazioni del “patto”, cioè di un “accordo” (brith), un “contratto” in senso puramente giudiziario (anche “notarile”). Si tratta quindi di una speciale sacralità giudiziaria in cui i rapporti tra causa ed effetto sono regolati non dall’unità, ma da un “accordo”. Ciò non è solo caratteristico dell’antico Israele, ma anche dell’intera civiltà occidentale, per la quale la categoria del diritto in quanto tale è una forma di religione.

L’interazione tra la tradizione atlantica e la sua componente più importante (le tradizioni mediterranee (semitiche)), secondo varie ipotesi, si è manifestata attraverso una delle più importanti tra le “tribù di Israele”: la tribù di Dan. Secondo Giacobbe, “Dan giudicherà il suo popolo, come una delle tribù di Israele. Dan sarà un serpente sulla strada, una vipera sul sentiero, che morde i talloni del cavallo, così che il suo cavaliere cade all’indietro” (Gen. 49:16-17).

La stessa parola dan significa “giudice” in ebraico biblico e tutti i principali eventi storici legati alla tribù di Dan si svolgono nel Libro dei Giudici, proprio il libro che viene accostato ai Libri dei Re (che per Israele sono secondari e in un certo senso accessori, a differenza dell’Iperborea e dell’Oriente). In questo senso, la tradizione ebraica (“gerarchica”, cioè “sacerdotale”) e il druidismo coincidono essenzialmente fino a un punto tale che anche oggi proprio questa unione, o, per essere più precisi, amalgama, costituisce il fondamento dell’intera “idea nazionale” sia dell’Inghilterra che degli Stati Uniti. Già nel 1840, J. Wilson pubblicò il libro Our Israelitish Origin, e molte delle sue idee avrebbero poi costituito (ovviamente in chiave protestante, “liberate” dai lati “pagani” e “panteistici” del druidismo) le fondamenta del cosiddetto “dispensazionalismo”, che a sua volta avrebbe costituito la base dell’ideologia dei moderni “neoconservatori” americani [8].

“Come è accaduto per le altre tribù perdute, è apparso un numero non trascurabile di speculazioni sul destino dei discendenti di Dan” – si legge in una fonte del tutto ufficiale – Esiste una moltitudine di versioni (corsivo nostro – V. K.) che spesso cercano prove nelle somiglianze linguistiche che collegano i Daniti con i Danesi (corsivo nostro – V. K.), i Coreani, i Giapponesi, o addirittura le tribù indiane americane… (Informazioni tratte da “Drevo: The Open Orthodox Encyclopaedia” – autore).

Le teorie che pretendono di contenere informazioni su “coreani, giapponesi o persino tribù indiane americane” hanno, ovviamente, un carattere puramente esotico. Tuttavia, la diffusione dei Daniti nell’Europa settentrionale è un fatto apertamente riconosciuto da quasi tutta la storiografia europea e americana. Inoltre, l’Antico Testamento colloca la tribù di Dan nel nord (Numeri 2:25) [9]. In alcuni punti, la Bibbia si lascia sfuggire che i Daniti possedevano terre marittime (Giudici 5:17) [10] e non avevano eredità tra le tribù di Israele (Giudici 18:1) [11]. I ricercatori collegano questa antica razza agli Atlantidei che si diffusero su tutto il globo.

 

Note del traduttore

[1]: Il termine russo qui utilizzato (месторазвитие) indica un concetto fondamentale dell’eurasiatismo che comprende la relazione tra un popolo e lo spazio che abita e include non solo le caratteristiche fisiche di uno spazio, ma anche i suoi tratti culturali e storici. Il termine viene solitamente tradotto come “sviluppo del luogo” o “topogenesi”.

[2]: John Foster Forbes (1889 – 1958) è stato uno storico ed esoterista britannico che ha scritto quattro libri sulla storia antica e paranormale delle isole britanniche. Era un membro dell’Ordine della Croce, un sodalizio mistico. L’influenza di diversi membri dell’ordine ha spinto Forbes a raggiungere la sua eclettica gamma di argomenti che combina la ricerca sui fenomeni psichici, Atlantide e le antichità pre-romane, con gli UFO che divennero un ulteriore argomento del suo lavoro negli anni Cinquanta.

[3]: Karpets fa un gioco di parole sui termini алиен (derivato dall’inglese “alien” con il significato di “visitatore extraterrestre”) e пришелец (che significa “alieno” nel senso più ampio di “persona proveniente da una terra straniera”, oltre che con il significato di “nuovo arrivato”). Si potrebbe tradurre la frase come “i lavori di costruzione degli “alieni” (aliens)”, ma, poiché il gioco di parole non è ben trasposto in inglese, si è optato per la traduzione di пришельцы come “nuovi arrivati”.

[4]: Geoffrey di Monmouth (1095 circa – 1155 circa) è stato un ecclesiastico e cronista inglese. La sua Storia dei Re di Britannia tentò di creare un collegamento tra il leggendario eroe troiano Enea, Re Artù e i monarchi britannici allora in carica. Sebbene il libro sia stato estremamente influente nel Medioevo e nel primo periodo moderno, gli storici moderni considerano l’opera di Monmouth come una storia popolare senza alcuna base storica.

[5]: La traduzione di queste citazioni di Guénon è stata tratta dalle pagine 24-26 di Forme tradizionali e cicli cosmici (Sophia Perennis: Hillsdale NY 2004).

[6]: Tutte le citazioni dalla Bibbia sono tratte dalla King James Version.

[7]: A. G. Dugin. Filosofiia politiki (Arktogeya: Mosca 2004), p. 207.

[8]: John Wilson (1799 – 1870) è stato uno storico e uno dei fondatori della teoria dell’israelismo britannico. La sua opera principale, Our Israelitish Origin: Lectures on Ancient Israel, and the Israelitish Origin of the Modern Nations of Europe (1840) è disponibile qui.  https://archive.org/details/ourisraelitisho00wilsgoog

[9]: “Lo stendardo dell’accampamento di Dan sarà a nord, presso i loro eserciti; e il capitano dei figli di Dan sarà Ahiezer, figlio di Ammishaddai.”

[10]: “Galaad dimorava al di là del Giordano; e perché Dan rimase sulle navi? Asher rimase sulla riva del mare e rimase nelle sue brecce”.

[11]: “In quei giorni non c’era un re in Israele; e in quei giorni la tribù dei Daniti cercò loro un’eredità in cui abitare, perché fino a quel giorno non era stata assegnata loro tutta l’eredità tra le tribù d’Israele”.

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini

 

LA CORONA BRITANNICA CONTRO LA RUS’ – PARTE I